Prima di nascere è la nuova raccolta poetica di Claudio Damiani, pubblicata da Fazi editore. Claudio Damiani, che ha pubblicato diversi libri di poesia tra cui Eroi (2000, Premio Montale), Attorno al fuoco (2006, Premio Luzi), Sognando Li Po (2008, Premio Lerici-Pea), Endimione (2019, Premio Carducci), con Fazi Editore ha pubblicato alcune raccolte, tra le quali Poesie (2010), Il fico sulla fortezza (2012) e Cieli celesti (2016).
Le poesie di Claudio Damiani sono il risultato di una riflessione sugli interrogativi irrisolti e irrisolvibili, a cui l’autore dà voce, aprendo così a nuove strade e a nuovi mondi. Una necessità di sapere, una voglia di conoscenza che è ricerca e viaggio, a partire proprio dal primo viaggio e dalla prima corsa che ognuno ha compiuto. Dall’utero materno e ancor prima, dove eravamo? E dove andremo, poi? In un mondo senza nostalgia né sofferenza, forse?
Claudio Damiani: indagare l’insondabile
Gli interrogativi dell’autore conducono inevitabilmente a un confronto con la natura delle cose, con il loro essere in rapporto col mondo, col posarsi lievi o gravi sulle superfici, lasciando tracce
La polvere guardo nell’aria
e questa polvere sopra il tavolo
non la tolgo, la lascio.
voglio stare accanto a lei
e dei fili che sono per terra
non li levo, e le orme
delle scarpe, le lascio
e questa mosca anche lascio, morta,
e questa cosa che era caduta per terra
e non so più dov’è
non so più che era.
E mi deposito anch’io
mi lascio andare sul letto
lascio che l’aria mi circondi
come un ciottolo che la corrente trascina,
e che niente mi salvi.
Le tracce lasciate, depositate, si distaccano dal corpo da cui provengono e, una volta impresse o trascinate via, sono abbandonante a se stesse, solitarie come solitario è venire al mondo, o abbandonarlo. Un fiume di ungarettiana memoria trascina via il poeta che si posa e riposando si lascia levigare dalla corrente. Depositandosi si riconosce uguale a tutte le cose, uguale perché condivide con ognuna l’essere unico; niente è uguale e dicendo niente diciamo tutti.
Vorrei essere duro
come questa pietra
che le cose le passano sopra
e lei se ne frega,
che la prendi, la rompi
e lei non sente dolore,
se la porti lontano
a lei non importa,
che non la guardi o la guardi
per lei è lo stesso.
Sta tra altri milioni di pietre
eppure è lei, solo lei,
unica nell’universo,
nessuno la può imitare
e dire che cosa è.
Siamo parte della natura, ma siamo diversi, e vorremmo essere inanimati per non provare più nulla. E prima allora era così anche per noi? E lo sarà, poi? Il prima dà le vertigini, è un abisso di cui percepiamo solo l’ineffabilità: ci eravamo o no? Vivere invece è afferrabile. Ma lo è davvero? Quali sono i momenti in cui uno sente di aver vissuto, ma vissuto veramente?
[…]
“I momenti in cui sento
di aver vissuto sono momenti
di solitudine in cui ho sentito
qualcosa di misterioso
che era semplice, naturale e insieme proveniente
da un altro mondo,
questi momenti non hanno una durata,
non sono durati nemmeno un momento
ecco perché mi sembra di non aver vissuto”.
Talvolta la poesia di Claudio Damiani perde la verticalità e ricerca orizzonti piani, proprio quando si fa più fitto l’interrogativo e insieme il dialogo che da interiore si fa diretto, e a domande si alternano risposte provenienti chissà da dove. In tutti i dialoganti c’è la volontà di resistere e di restare, anche se nascere è stato un caso, una fatalità. In Prima di nascere c’è il continuo conflitto tra la stasi e il moto, tra le ragioni e l’irragionevolezza, tra la volontà di conoscere tutto e la consapevolezza di non sapere nulla. Tutto si costruisce su un abisso e lì si muove e si ferma e si compone e si disgrega, in una danza continua, sempre sull’orlo, sempre al limite.