Se cercate su google “di che cosa parla veramente una canzone”, non troverete soltanto svariati consigli sulle interpretazioni dei testi dei brani più famosi; oppure diverbi su cosa sia migliore tra il cantare e basta, o il raccontare il pezzo prima di suonarlo; non vi comparirà solo l’omonima canzone dei Tre Allegri Ragazzi Morti, perché se scorrerete un po’ più in basso, avrete l’occasione di scoprire un piccolo libro (91 pagine) di Raffaele Calvanese, che ha proprio questo titolo qui: Di che cosa parla veramente una canzone edito da Scatole Parlanti.
L’autore, nato a S.Maria Capua Vetere, classe 1981, è speaker radiofonico e giornalista musicale: se ne intende quindi di canzoni, di testi, di ascolti; infatti è proprio uno speaker radiofonico, il protagonista dei capitoli di apertura e chiusura del libro, un uomo che a bordo della sua macchina si riallaccia ai ricordi della vita e di come la radio gliel’abbia salvata, la vita. Negli altri capitoli, invece, viene posta al centro della scena una canzone ed attorno ad essa si crea una storia fittizia, data dal racconto delle persone ospiti del programma dello speaker.
La struttura narrativa è organizzata mediante una cornice ed annessi racconti che si distanziano l’uno dall’altro, sia per protagonisti, che per localizzazione spazio temporale: in alcuni testi è presente un riferimento storico, in altri ci si basa principalmente sulle emozioni, ma in ogni caso il libro di Calvanese si contraddistingue per essere una vera e propria miniera d’oro di nuovi ascolti: da Vasco Brondi con Le ragazze stanno bene a Satelliti di Mao; da Silvestri con la sua famosissima Occhi da Orientale fino ad arrivare ai 24 Grana, legati maggiormente al libro (Francesco di Bella ha scritto la prefazione): un mix di generi, tutti canzoni rigorosamente made in Italy, tante storie scritte con una penna moderna, essenziale, semplice.
“Di che cosa parla veramente una canzone”, considerazioni
Leggere un libro di 91 pagine è sempre un’arma a doppio taglio: essendo molto breve, lo si divora in poche ore, ma delle volte, terminato in apnea l’atto di lettura, si rimane a bocca asciutta, con pochi riferimenti chiari. Per questo motivo, da onnivora di libri quale sono, ho preferito poi rileggere alcune delle storie presenti. In un primo momento, sembra disorientare il non avere un protagonista fisso, cambiare costantemente pronome tra una racconto e un altro, dover cercare tra le righe la carta di identità di ogni racconto, eppure, grazie alle parole cucite e alle storie costruite, quello che resta è proprio l’impalcatura di un brano, riferimenti, colori, emozioni, che fanno poi aprire velocemente Spotify e cliccare riproduci.
Così, sembra quasi di trovarsi nella stessa casa di Chiara e Sara, nel capitolo due, mentre Le luci della centrale elettrica cantano «forse si trattava di affrontare quello che verrà, come una bellissima odissea di cui nessuno di ricorderà»; ci appare evidente la sensazione emotiva di amarsi senza intrappolarsi del terzo capitolo, dove Satelliti di Mao nel ritornello ricorda «vorrei averti qui con me, ma senza stringerti, vicini come due satelliti»; trapela la sofferenza di chi scompare e non ritorna, di quello che è stato e non è giusto ritorni nel presente, con le canzoni del 24 Grana.
Un libro dovrebbe porsi come obiettivo di essere ricordato per le sue parole, per i suoi tessuti narrativi, qui invece sembra quasi essere il supporto per comprendere le canzoni, un libretto illustrativo, la scenografia di un teatro… forse è proprio tale sensazione a rendere Di che cosa parla veramente una canzone un libro a cui vale la pena dare una possibilità, perché resta, ritorna in mente, proprio come un famoso ritornello.