Recensione di Distopia pop, recensione del secondo romanzo di Francesca Guercio pubblicato da Alessandro Polidoro Editore.
Alessandro Polidoro editore ha pubblicato Distopia pop, secondo romanzo di Francesca Guercio. Consulente filosofica e Counselor esistenziale, ha lavorato presso la LUMSA e l’Università Tor Vergata in qualità di contrattista e come docente di materie letterarie. Si occupa molto di Luigi Pirandello nei suoi studi tanto da aver collaborato con l’Istituto di Studi Pirandelliani di Roma e aver dedicato diversi saggi al commediografo siciliano. Nel 2019 pubblica per Mimesis Essere e non. Cura e sapere di sé attraverso le pratiche teatrali mentre nel 2021, proprio per l’Alessandro Polidoro, il romanzo O d’amarti o morire.
Distopia pop, trama
La storia di Distopia pop si dipana lungo tre linee narrative. Cronografia racconta le vicende di Clotilde, laureata precaria in storia dell’arte ridotta ad allestire mostre e installazioni e dei rapporti con le amiche Irene e Lea e della convivenza con Aldo. Corsivo ottagonale vede protagonista la coscienza di Clotilde che evidenzia alcuni caratteri della protagonista mentre in Un altro piano un gruppo di ricercatori alieni si interroga sulle sorti dell’umanità analizzando il patrimonio delle canzoni pop che sono state prodotte nel corso degli anni.
L’amarezza del precariato e la salvezza della poesia
Distopia pop è un romanzo che sorprende innanzitutto per lo stile, diviso in tre parti diverse: lineare quando a prendere la parola è Clotilde, corsivo e cervellotico quello della coscienza, freddo e dal retrogusto di dossier quello dei ricercatori extraterrestri. A fare da collante è la rassegnazione e il sottile pessimismo che attraversano il romanzo, affrontando tematiche complesse. Una su tutte il mondo del precariato che, oggi più che mai, dimostra che non sempre l’aver studiato duramente e il vantare titoli accademici sono una via sicura per la realizzazione professionale e personale. Un mondo duro e spietato che tuttavia l’autrice descrive con un’ironia (amara) di cui la sua Clotilde è oltretutto provvista.
Nonostante questo scenario desolante, Distopia pop non vuole saperne di lasciarsi andare al lamento. Ci ricorda che possiamo e dobbiamo avere cura di noi dando fiducia al culto del bello rappresentato dall’arte e dalla poesia, antidoti che servono a cicatrizzare il dolore, la sofferenza e i tanti dispiaceri che, volenti o nolenti, ci tocca affrontare nella vita di tutti i giorni. Così si spiega la presenza degli alieni del romanzo i quali sono indecisi se invaderci o meno, soprattutto dopo aver ascoltato un pezzo come Let it be dei Beatles.
Nel panorama letterario contemporaneo sono poche le opere che riflettono sulla contemporaneità dei nostri tempi. Distopia pop fa parte di una stretta cerchia di romanzi che osano analizzare questo mondo e questa società senza paura, regalandoci una lettura schizofrenica, anarchica e, a suo modo, divertita.
Immagine di copertina: Alessandro Polidoro Editore