Eurocentrismo di Samir Amin | Recensione

Eurocentrismo di Samir Amin

 “La crisi consiste appunto nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati”.  Ho sempre amato questa frase di Antonio Gramsci: spiega in poche parole il malessere che vivo ogni volta che vedo un nuovo post di Trump o un tweet di Elon Musk. L’occidente collettivo è ormai giunto al punto di precipizio: dopo c’è soltanto il vuoto. Non siamo più il centro culturale, politico ed economico del globo. Le nostre verità sembrano sempre più ingiustificabili, i nostri valori in declino e i nostri film vengono sostituiti da quelli coreani. L’ascesa economica e politica di paesi che fino a qualche decennio fa erano nostri subalterni sta cambiando nettamente le regole del gioco. L’ Occidente non sembra più essere il centro del mondo, tutti i punti di riferimento consolidati con anni di supremazia incondizionata stanno crollando, parafrasando Marx:  “tutto ciò che è solido sembra dissolversi nell’aria”.

L’Interregno e l’eurocentrismo. Una voce di cui oggi avremmo bisogno

Nell’interregno in cui stiamo vivendo, “Eurocentrismo” è un testo fondamentale da leggere, un mezzo che permette di scrutare a fondo le motivazioni della nostra imposta supremazia, dell’egemonia divenuta dominio violento e del nostro imminente tracollo.

L’autore di “Eurocentrismo”, il sociologo francese Samir Amin, ha vissuto una vita fatta di anti-imperialismo e lotta politica. Nasce al Cairo nel 1931, da padre egiziano e madre francese. La lotta anticoloniale è stata centrale in tutta la sua vita. Potremmo affermare che Amin fu un marxista eterodosso, tutto dedito alla questione dello sviluppo dei paesi del sud globale e dei rapporti centro-periferia. Il nucleo dell’analisi del sociologo si sposta dai paesi contraddistinti da un capitalismo avanzato alle periferie, ritenute le vittime colpite dalla centralizzazione capitalistica.

Samir Amin contribuisce a dare voce a quei popoli e a quelle lotte dimenticate dal marxismo ortodosso, saturo dalle rivendicazioni economiche e civili della classe operaia bianca del centro. Egli critica le versioni eurocentriche del marxismo,  colpevoli di ingabbiare in percorsi necessari, imponendo “camicie di forza”, i paesi periferici.

L’approccio sistemico

Se vi chiedessi di unire nove puntini con un’unica linea di quattro e non cinque segmenti continui e retti, vi accorgereste che è impossibile farlo senza uscire dai limiti del quadrato che i nove puntini sembrano imporre. Soltanto uscendo dal quadrato sarà possibile farlo.

Tratto dal libro di Andre Gunder Frank “America Latina: sottosviluppo o rivoluzione

 

 

 

 

 

 

 

Per capire il sottosviluppo di paesi periferici, sarà necessario uscire dalla cornice nazionale e partire dal sistema-mondo che ne è all’origine. L’approccio sistemico costituisce una componente fondamentale di “Eurocentrismo”.

La spiegazione fornita dall’occidente, circa il sottosviluppo dei paesi periferici, consta di specificità trans-storiche che caratterizzerebbero i diversi popoli della periferia. Questo processo viene chiamato Orientalismo.  

Samir Amin afferma che l’Orientalismo consiste nella “costruzione ideologia di un Oriente mitico, i cui caratteri sono considerati come invarianti definite semplicemente in opposizione ai caratteri attribuiti all’Occidente”. L’Europa, con il capitalismo e la forza, ha costruito l’immagine dell’ altro, arrogandosi il diritto di giudicarlo. Il centro civilizzato ha così imposto la sua superiorità. Amin analizza le religioni, le culture e gli approcci filosofici che hanno contribuito a spaccare il mondo in Nord e Sud.

Nel 1867 Marx disse: “Il paese più sviluppato industrialmente mostra, a quelli meno sviluppati, l’immagine del proprio futuro”. La realtà ha dimostrato che l’obiettivo dei paesi sviluppati non è rendere omogenee tutte le società. La supremazia da parte del centro del mondo impone, per mezzo della conquista, la polarizzazione all’interno del sistema-mondo, cristallizzando la divisione tra un centro sviluppato ed una periferia incapace di recuperare il ritardo che continua ad accumulare.

Il sistema-mondo assicura condizioni vantaggiose ad alcune popolazioni solo perché non garantisce condizioni di vite dignitose alla maggior parte degli abitanti del mondo. L’Eurocentrismo necessita di legittimare “il capitalismo come sistema sociale sia la diseguaglianza su scala mondiale che lo accompagna” intorno a verità eterne: il mito dell’antenato greco, il razzismo ineliminabile, la superiorità dei valori occidentali e tanti altri.

Il sistema tributario

Samir Amin afferma che il modo tributario accomuna tutte le società precapitalistiche, di cui il feudalismo è un tipo particolare. Il modo tributario è innanzitutto fondato sul valore d’uso. Ciò comporta, da un lato un certo immobilismo, dall’altro il predominio della sovrastruttura. Il primo aspetto distingue il modo tributario dal modo capitalistico di produzione, infatti in quest’ultimo è necessario un continuo rivoluzionamento delle forze produttive. Il secondo aspetto concerne l’ideologia espressa attraverso le grandi metafisiche: cristianesimo, islam, buddismo e confucianesimo. Il tributo non può essere prelevato, dalle classi dominanti,  solo per mezzo dell’uso della forza; le costruzioni sovrastrutturali consentono, infatti, di legittimare ulteriormente tale esercizio di usurpazione del surplus nei confronti delle classi subalterne.

Dobbiamo quindi chiederci cosa ha consentito all’Europa di dominare il resto del mondo grazie alla transizione dal feudalesimo al capitalismo. L’autore afferma che la peculiarità del modo tributario eurocentrico consiste nella sua incompiutezza. Gli spazi vuoti nel feudalesimo europeo hanno consentito lo sbocciare degli embrioni del modo capitalistico.

Il  capitalismo è una specificità europea? Amin afferma che lo sviluppo capitalistico, in quanto prodotto delle lotte di classe nel sistema tributario, ha arrestato tale sviluppo nella periferia. Marx aveva elogiato il ruolo “progressista” della colonizzazione inglese in India. Bene, tra i vari effetti scaturiti dalla colonizzazione vi fu quello di arrestare lo sviluppo capitalistico in gran parte delle colonie.

Oggi assistiamo alla rincorsa alle armi per contrastare un fenomeno opposto: la grande convergenza. Gran parte dei paesi del sud del mondo sono così sviluppati da creare imbarazzo in Occidente.

Per un autentico universalismo

La particolarità dell’Eurocentrismo e del suo particolarismo culturale è l’universalismo che propugna: un universalismo monco, troncato, riferito solo ai bianchi, europei ed occidentali. Michele Serra ha proposto di manifestare per l’Europa richiedendo: “Zero bandiere di partito, solo bandiere europee”. I valori da proteggere, i quali sembrano essere validi e positivi per tutti, sono quelli europei. L’universalismo diventa guerrafondaio: se minacciano i nostri valori e la ormai anacronistica democrazia occidentale, dobbiamo armarci fino ai denti per proteggerli.

Nel clima di guerra che aleggia in Occidente, Eurocentrismo delinea perfettamente la direzione percorsa dal centro capitalistico, fornendo una speranza da riporre, però, nei popoli della periferia.  

Per i popoli della periferia la scelta è inevitabile: o il progresso verso la democrazia nazionale popolare, o la chiusura culturalistica passatista. Senza dubbio, “se” l’Occidente, invece di ostacolare le trasformazioni sociali progressiste necessarie per la periferia, si impegnasse a sostenerle, la pressione del “nazionalismo” incluso nel tema dello sganciamento se ne troverebbe di molto ridotta. Ma l’ipotesi oggi non è altro che un pio desiderio. Il fatto è che l’Occidente è finora l’avversario più deciso di ogni progresso in quella direzione. […]L’iniziativa nella trasformazione del mondo è nelle mani dei popoli della periferia. Sono loro che, sganciandosi dal percorso mondiale attuale, costringono i popoli europei a prendere coscienza della vera sfida e a guardare più lontano della punta del loro naso.

Fonte immagine: Feltrinelli.it, archivio personale.

 

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