La casa editrice Fazi ha pubblicato “Robledo” di Daniele Zito. Un testo che raccoglie tre delle quattro opere di Michele Robledo, il giornalista che qualche anno fa si è trovato al centro di controverse vicende giudiziarie perché accusato- dai delatori- di essere il fondatore del fenomeno dei Ghost workers che ha portato alla nascita del movimento LPL considerato da molti “terroristico”. I suoi sostenitori, lungi dal credere che il giornalista sia lui il fondatore di questo nuovo movimento, affermano invece che Michele Robledo ha avuto il merito di far conoscere all’Italia e alla sua opinione pubblica un nuovo fenomeno sociale, frutto del grande disagio causato dalla disoccupazione dilagante.
I ghost workers sono letteralmente “lavoratori fantasma”: persone disoccupate di lunga data, tanto sfiduciate e depresse da smettere di cercare più un’occupazione retribuita. Decidono pertanto- anche grazie al supporto del gruppo informale LPL -di inserirsi clandestinamente nel mondo del lavoro, approfittando dell’anonimato delle grandi catene di distribuzione- come Ikea o Decathlon- semplicemente mettendosi a lavorare, consapevoli di non percepire un salario. Se nei primi tempi il “piacere di lavorare” dà loro la giusta spinta per vivere meglio, nel lungo periodo inizia a logorarli- anche perché i risparmi iniziano a ridursi e il “lavoro” inizia a non essere più sostenibile- fino a decidere di togliersi la vita, di solito nei luoghi di lavoro, in maniera intenzionalmente eclatante.
Il primo reportage di Robledo si intitola “Ghost Class Heroes” ma non è stato pubblicato nel testo di Daniele Zito per ragioni di copyright. Sono invece presenti “Iniziazioni”, “Diario I” e “La prima pietra”, considerati apocrifi da molti perché redatti nel corso della degenza del giornalista nell’ospedale psichiatrico, dove vivrà gli ultimi suoi giorni. Le opere di Robledo, strutturate sono sotto forma di quaderni, raccolgono le interviste effettuate dal giornalista a coloro i quali aderiscono al movimento: il disagio individuale viene condiviso con altri e da qui nasce l’esigenza di dare un segnale alla società terminando il percorso lavorativo con il suicidio sul posto di lavoro. Si porta avanti una nuova idea di lavoro, che supera la remunerazione e che sottintende una volontà di protesta. Sicuramente molti sono gli aspetti similari con le cellule terroristiche di matrice islamica: a partire dalla presenza di reclutatori, dell’idea di un “percorso di liberazione dal vincolo del salario” che termina con il suicidio ma non esiste una vera e propria ideologia definita.
Chi sono i ghost workers secondo Michele Robledo
Michele Robledo narra in maniera cruda e forte il disagio vissuto dai membri di questo nuovo movimento: uomini e donne, soprattutto giovani, laureati e con grandi speranze, vedono infrangere i loro sogni quando si confrontano con la realtà del mondo del lavoro; persone che perdono il lavoro dopo anni di servizio, però non sono sufficienti per arrivare alla pensione. Sono tutte persone comuni che per puro caso entrano a far parte del movimento. Disagio vissuto dallo stesso Robledo, giornalista precario da anni che fatica a pagare gli alimenti alla ex moglie e vive anch’egli in una condizione sociale di sospensione.
“Robledo” è un testo forte e di grande impatto sociale che ci spinge ad una riflessione: è il lavoro retribuito che ci fornisce una connotazione sociale? Siamo persone solo se percepiamo uno stipendio?