Gli stupidi e i furfanti di Salvatore Toscano, la presentazione del volume edito da Baldini+Castoldi nella Biblioteca di Pomigliano d’Arco
Dopo aver presentato Gli stupidi e i furfanti nella libreria Il giardino delle parole- Caffè letterario di Pistoia sabato 15 giugno, l’autore Salvatore Toscano ha preso parte alla rassegna “Gli orsi in biblioteca” organizzata dalla Wojtek e dalla Fondazione Officina delle Culture martedì 18 presso la Biblioteca comunale di Pomigliano d’Arco, situata a corso Umberto.
La presentazione del libro Gli stupidi e i furfanti, pubblicato dalla casa editrice Baldini+Castoldi, è stata preceduta da una breve introduzione curata da Ciro Marino della libreria Wojtek e dal Presidente della fondazione culturale Francesco Cristiani, il quale ha espresso la sua gioia nel vedere un numero alto di persone all’interno di una realtà poco conosciuta del territorio pomiglianese.
Gli stupidi e i furfanti, lo scrittore Eduardo Savarese presenta il volume di Salvatore Toscano alla Biblioteca comunale di Pomigliano d’Arco
Per tale occasione è stato convocato lo scrittore Eduardo Savarese, l’autore di Le madri della Sapienza e di È Tardi!, il quale ha dichiarato di condividere con l’autore la condizione di essere orfano e di aver avuto nutrito un’aspettativa molto elevata per l’esordio letterario del suo collega:
«[..] Ho letto questo libro e ho avuto il desiderio, mentre finivo la lettura, di ascoltare della musica, che (per me) è più importante della letteratura, ma questo libro è pieno di musica […]. Mi ha commosso il fatto che nelle pagine finali Salvatore parla dell’Inno alla gioia di Beethoven, che era precisamente quello che io desideravo mettere in disco mentre finivo di leggere il libro. Quindi, quando succedono queste cose, tu (infondo) dici: “Va bene, mo’ posso pure morire”. Perché, in fondo, questo libro mi ha aiutato a stare meglio ed è quello che deve fare l’arte e la letteratura […] . Non è facile perché è un libro (appunto) apparentemente senza una trama. Succedono tante piccole cose perché è successa una cosa fondamentale. La cosa fondamentale ci viene detta: […] è la perdita del padre, associata non ad un evento ma al linguaggio intorno a quell’evento; cioè, l’impossibilità, l’incapacità, la mancanza di volontà di Salvatore di parlare di suo padre e della morte di suo padre».
In seguito, durante la discussione in merito al volume Gli stupidi e i furfanti, Savarese ha confrontato la sua scelta e quella di Toscano in merito a come rielaborare, mediante la scrittura, il tema del lutto:
«Io ci ho messo molti libri prima di parlare della scena in cui mio padre è morto per il ricordo che ne ho. Quindi, capisco questo travaglio, però a me è sempre piaciuto sapere molto della morte di mio, descrivere il funerale e il lutto. In generale, ho facilità a parlare della morte, mi serve molto elaborare assieme agli altri il lutto mio […]. Questo senso che Salvatore descrive molto bene dall’inizio alla fine di vergogna, quasi come se la perdita del padre fosse una colpa, è una cosa inspiegabile o irrazionale, […] è veramente così, tant’è che mi ha molto intenerito leggere le pagine in cui Salvatore ricorda della dannata festa del papà […]».

Il monachesimo laico nel libro di Toscano, riscoprire la realtà come avviene nei film del cineasta Terrence Malick
Secondo il parere dell’autore di È Tardi!, Gli stupidi e i furanti nasconderebbe, dietro l’apparenza di un dialogo diretto, spontaneo, molto semplice ed emotivamente appassionante, la volontà di rivolgersi ad un altro personaggio per poter affrontare il tema del lutto. I ricordi dell’infanzia vengono rielaborati dall’autore, il quale dimostra di essere sincero ma non spontaneo, un vero e proprio “atto di fede letteraria”:
«Questa voce è talmente autentica […], questa voce è credibile come voce letteraria, a parte come voce di un essere umano che ha potuto ripercorrere la propria esperienza. E come lui dice nel libro, il padre è questa presenza-assenza intorno alla quale lui gira come in un suo percorso di corsa, di allenamento, di running, lui ci gira intorno perché vorrebbe avvicinarsi e restituire a sé […]. Questa parte è la parte che è più ispirata ed è la più forte ed estatica del libro. Salvatore ci riporta un’esperienza di monachesimo laico: mettersi in un luogo sperduto e riavvicinarsi alla vita, ai ritmi della vita e ai ritmi della natura, a queste piccolissime cose che sembrano parlarci, finalmente consegnarci il senso di tutto ma poi non ci consegnano mai il senso di niente; però, […] qualcosa l’abbiamo intesa e lui restituisce in questa pagina il suo tentativo disperato della letteratura di restituirti aumentata una vita in questi microscopici eventi».
Savarese ritiene che, leggendo le pagine del libro Gli stupidi e i furfanti, la parola più bella di sempre sia quella giapponese Komorebi (木漏れ日), la quale significa ovvero “i raggi del sole che filtrano tra le foglie degli alberi”, usata per descrivere quei stessi raggi che ricordano a Salvatore Toscano le passeggiate con l’amico Carlo, oppure quelli provenienti dalla cinematografia di Terrence Malick come in The Tree of Life (2011). Infatti, tutto il libro è costituito dalla ricerca dello stupore e della meraviglia, nonché della trasmissione della bellezza e dell’importanza dell’entusiasmo:
«Io, sapendo che Salvatore è un grande lettore e molto più consapevole di me, […] ho letto questo libro e ho detto “Questo è un atto di fede! […]”, cioè pensare che attraverso il tempo di ogni giornata dedicato alla parola e alla scrittura io posso parlare con i morti e parlare con il morto più importante. Io posso mettere in atto una sorta di grande seduta spiritica attraverso le parole, posso aprire dei canali di contatto con un altro mondo, questo è un grandissimo atto di fede e mi ha fatto sentire molto incompetente perché io non ho tutta questa fede che hai tu […]».
Alla scoperta del protagonista del libro Gli stupidi e i furfanti. Cinema, musica e letteratura sono esperienze di vita per comprendere il proprio io
Successivamente, è lo stesso autore del libro Gli stupidi e i furfanti a prendere la parola illustrandoci come tutte le sue letture, le canzoni ascoltate e i film siano stati d’aiuto per raccontare le sue esperienze e comprendere la propria dimensione ontologica:
«[…] Io voglio scrivere qualcosa che mi corrisponde e questa è stata la cosa più matura che abbia avuto nella mia esistenza. Io, da quando avevo sedici anni, ho pensato di voler scrivere qualcosa di cui poter essere fiero, creare qualcosa di bello, ma (soprattutto) qualcosa che corrispondesse alla parte di me che ero arrivato a conoscere. Come conosciamo le parti di noi? Le conosciamo in relazione agli altri, questa è una cosa che dice Henry James sul personaggio, è la teoria dell’illuminazione: il personaggio, a seconda di come viene illuminato dagli altri che lo guardano, poi fai tutto il cerchio e lo illumini. […] hai le persone intorno ma io ho sempre avuto una timidezza patologica; quindi, quelli che c’ho intorno difficilmente arrivavano a conoscermi, si arrivava al livello di dialogo, quindi captavo le cose che servivano per conoscermi.
Ha affermato, inoltre, di aver compreso la propria identità in gioventù attraverso le manifestazioni artistiche:
[…] io sono arrivato a conoscermi attraverso i libri, i film, la musica, tutte le mie passioni e le ho vissute in maniera “talebana”. […] non ho mai pensato che i libri fossero una cosa per intrattenermi e che la musica fosse giusto così per dondolare la testa, io ho sempre pensato che mi giocassi la vita anche da ascoltatore, spettatore o lettore […]. Questo ti fa capire chiaramente che a sedici anni (probabilmente) questa era una roba molto naif, questa era l’indole; ma oggi sono molto felice di esordire a quarant’anni, perché ho le spalle larghe, ho la corazza e conosco ogni scaglia della corazza che indossa. Questo libro mi ha aiutato tantissimo, perché è costruito così […]: ho contato i giorni vissuti da mio padre, che sono 14759 e, nel giorno in cui ho cominciato a scrivere, mancavano tre giorni esatti per arrivare a diventare suo coetaneo. Il libro è stato una documentazione in presa diretta di quello che questo conto alla rovescia facevano succedere in me […]. Però, fondamentalmente, io ero braccato dal dato anagrafico: non avevo il tempo di pensare. Quindi, la parte che riguarda i contenuti che sono emersi, io non ho fatto grandi scelte, cioè io ho accolto quello che arrivava, le coincidenze […]».
Tutte le esperienze di Toscano sono racchiuse all’interno dell’opera Gli stupidi e i furfanti, la quale è ambientata in un arco temporale dal 5 al 18 febbraio dell’anno 2019. Si tratta di ben tredici giorni in cui il protagonista riflette sul tema del rapporto padre-figlio e sulla scoperta del proprio io attraverso l’arte.
Fonte immagine di copertina: Salvatore Iaconis