I provinciali: recensione del romanzo di Jonathan Dee

Jonathan Dee

In libreria dal 4 aprile “I Provinciali” di Jonathan Dee, già finalista al premio Pulitzer. Edito da Fazi con la traduzione di Stefano Bertolussi, I Provinciali è un romanzo corale in cui, attraverso i pensieri e le voci dei vari personaggi, si mette in scena il vero volto dell’America moderna, ben diverso da quello perfetto e patinato che è parte dell’immaginario comune. Se, infatti, pensiamo all’America, immaginiamo villette monofamiliari abitate da persone ricche, felici, bionde e sorridenti; creiamo, nella nostra mente, l’immagine di scuole bellissime e funzionanti e di piccole cittadine in cui tutti aiutano tutti. Ebbene, il romanzo di Jonathan Dee non fa altro che scardinare tutte le nostre false convinzioni, mostrando un’America cinica e animata dal rancore e dal desiderio di rivalsa, fotografata negli anni dal post undici settembre fino alla crisi economica.

I Provinciali di Jonathan Dee: la trama

Howland, Massachusetts. Mark Firth è un imprenditore edile con grandi ambizioni ma scarsa competenza negli affari, tanto da aver affidato tutti i suoi risparmi a un truffatore; lo sa bene sua moglie Karen, preoccupata per l’istruzione della figlia: sarebbe davvero oltraggioso per lei se la piccola dovesse ritrovarsi nei pericolosi bassifondi della scuola pubblica. Il fratello di Mark, nonché suo eterno rivale, è un agente immobiliare che ha mollato la precedente fidanzata sull’altare e ha una relazione con la telefonista della sua agenzia. C’è poi Candace, la sorella, che è insegnante alla scuola pubblica locale e coltiva una storia clandestina con il padre di una delle sue allieve. Gli abitanti della cittadina sono tutti accomunati dalla diffidenza nei confronti dei turisti della domenica, abitanti della grande metropoli che possono permettersi una seconda casa in provincia: gente disposta a spendere cinque dollari per un pomodoro, perché ignora il valore di un pomodoro quanto quello di cinque dollari. Sarà proprio uno di loro a far precipitare il fragile equilibrio della comunità. In seguito all’Undici Settembre, infatti, il broker newyorkese Philip Hadi, sapendo grazie a “fonti riservate” che New York non è più un posto sicuro, decide di traslocare a Howland insieme a moglie e figlia. Arriverà a tentare la carriera nella politica locale, suscitando idolatria in alcuni e odio feroce in altri.

Lo spietato ritratto dell’uomo medio

Attraverso la sua scrittura spigolosa, pungente e divertente, Jonathan Dee crea un microcosmo in cui tutti  i rapporti appaiono guidati dalla logica dell’utilitarismo e dalla disillusione comune. È l’autore stesso che, attraverso le parole di uno dei personaggi, mette in guardia il lettore dal finto buonismo e dalla carità fasulla che anima i Newyorkesi del post-11 settembre. Egli pare volerci dire, fin dall’inizio del romanzo, che non bisogna tener conto delle impressioni, perché ciò che appare non sempre coincide con ciò che realmente è.  Dietro la linda e compunta facciata di empatia e interessamento per il prossimo, si nasconde un cinico risentimento e un desiderio di sopravvaricare gli altri. Di fregare il prossimo prima che lui freghi te.  D’altra parte, tutti i personaggi dell’ecosistema provinciale creato da Jonathan Dee, sono estremamente complessi  e sfaccettati: ognuno di loro ha una storia da raccontare, che fa luce sulle motivazioni intrinseche di quel senso di frustrazione che pervade quasi ogni parola da loro pronunciata o solo pensata. Per tutti loro, il sogno americano non esiste più: il duro lavoro non garantisce più il successo. La crisi economica ha acuito il senso di insicurezza verso il futuro e di diffidenza verso il prossimo. In questo panormama, è il personaggio di Hadi ad essere emblematico: il broker newyorkese diventa la rappresentazione del tipico uomo politico. Egli infatti si presenta come il salvatore della cittadina, qualcuno in cui sperare, qualcuno che può migliorare la vita a tutta la comunità. Come un lupo travestito da agnello, Hadi vuole riacquistare l’immagine di uomo potente che ha perso a causa della crisi ma, nel farlo, crea il suo impero personale e, quasi, dittatoriale. Hadi, come tutti i personaggi de I provinciali, diventa la rappresentazione del modo di vivere moderno.

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