I punti in cui scavare è la nuova raccolta di racconti di Flavio Ignelzi edito da Alessandro Polidoro Editore.
È una raccolta eclettica, il cui nome sembra subito suggerire al lettore come l’animo umano sia un posto da cui scandagliare sentimenti, paure e domande. Punti brulicanti di interrogativi, dove scavare a fondo per trovare la verità e talvolta anche sé stessi.
La copertina è un chiaro esempio di grafica funzionale che mette in moto l’immaginazione di chi guarda: il cuore al centro della pagina sembra essere il fulcro delle storie di tutti i personaggi, e, poco più in basso, macchine di un blu profondo sembrano essere l’anticamera di un legame alla terra, di una connessione a qualcosa che va al di là del cuore (sentimento) e che si allaccia alla vita (uomini, macchine, vite).
I racconti di Flavio Ignelzi: I punti in cui scavare
Il primo racconto della raccolta di Flavio Ignelzi, “Lordi”, è l’esempio di come più voci possano cantare la stessa storia senza rendere la stessa dispersiva e confusionaria. A tratti è un racconto macabro, con sprazzi di finta innocenza, e risvolti inquietanti. La parola, seppur si riferisce al nome di un gruppo musicale, sembra essere anche un’indicazione sul fatto che l’animo umano può essere, ed è spesso, sporco, lercio e contaminato.
In “Toto erras via” si leggerà di una donna dispersa, che a poco a poco, in seguito ad un viaggio “contromano”, potrà riprendere la strada di casa. C’è coraggio e determinazione nella sua storia, ma non manca la paura e la confusione di chi, in piena notte, non sa dove andare.
In “Tutto ok” e “Nostra signora dei lucchetti” si respirano atmosfere alquanto dark. In entrambi sono presenti descrizioni dettagliate di fatti, eventi e risoluzioni. Mentre il primo sembra portare con orgoglio il vestito di un “soft horror”, il secondo prosegue senza intralci. C’è l’assenza di punteggiatura, i fatti sono narrati grazie agli sms di una ragazza presumibilmente adolescente. I suoi messaggi senza virgole e punti mantengono il lettore in una suspense continua, in un climax che sembra non avere mai fine, e che tende a toccare l’apice più alto verso il finale.
“Vona/falla/lifa” è un racconto dai toni distopici, esso sembra quindi salutare i toni horror delle storie precedenti, per avvicinarsi a vicende piuttosto lontane e surreali. Il racconto ci presenterà un mondo diverso da quello che conosciamo, con nuove abitudini e nuovi modi per fare le cose. Storie di barricate e corse verso casa. Personaggi che sembrano aver abbandonato la speranza, se non verso la fine, quando uno spruzzo di “verde” restituirà all’umanità un po’ della sua luce.
Il filone di un mondo futuro in difficoltà sembra continuare con “Code” e “Manuale pratico di Apocalisse”. In entrambi i racconti è presente il cambiamento umano laddove si presenti un ostacolo. C’è tutta la violenza del saccheggio, il caos cittadino, il panico, e la rete digitale che perde potenza e poi sparisce nel nulla. Il modo in cui le persone che amiamo sembrano essere sempre così lontane durante queste “guerre improvvise” e di come sia difficile raggiungersi quando il mondo sta per finire. Se nel primo racconto sembra esserci quasi una ”prima apocalisse”, nel secondo c’è tutta l’irruenza della fuga. Nel racconto infatti è ben spiegato il tipico cliché delle provviste impilate in uno zaino e della salvezza ritrovata in cantina. Anche in questo caso, la raccolta non perde potenza, ed esplode la sua voce, mai afona, verso la fine della storia, dove le vite di tutti i personaggi sembrano intrecciarsi come in un gioco di salvezza e sangue.
In “T come tonfo” invece si riacquista tutta l’umanità dell’uomo, nella sua forma peggiore. La lussuria è portata ai suoi livelli massimi. La verità sembra incenerire il matrimonio dei due personaggi, e la quotidianità di chi si macchia di peccato sembra arrivare alla gola del lettore con forza e risolutezza.
Con “frutto benedetto del tuo seno” si manterranno alti gli standard del mistero. La donna protagonista delle vicende sarà ripudiata dal popolo, e vittima del pettegolezzo e dell’olezzo infido di chi non conosce perdono.
“Morra” e “il resto è mancia” sono racconti soft, che ristabiliscono la leggerezza all’interno della raccolta. In entrambi, i protagonisti sono perlopiù giovani e leggeri. Le vicende sono di vita quotidiana, intrattengono senza destare noia o tensioni. Si respira pienamente la freschezza di due racconti nati per intrattenere.
In “Piano B” il clima si colora di giallo. Le vicende processuali danno un tocco giudiziario all’intera raccolta. Sono presenti all’interno del racconto intere parti scritte in “burocratese”. È un chiaro racconto che rispecchia la realtà di tutti i giorni, di sentenze mal rispettate, atti persecutori, e violenze mal riposte.
“Bacco tabacco e venere” è un racconto quasi senza categoria. Non si colloca perfettamente in nessun colore o storia. Sembra quasi una storia di mezzo, che nella sua semplicità fornisce alla raccolta un respiro di sollievo tra i vari macro argomenti affrontati.
“Spirali” e “Pistacchio + Stracciatella” forniscono nuovamente alla raccolta un tono scuro ed inquietante. In entrambi i racconti c’è una tensione molto alta, la morte sembra far da padrona, le visioni, le ansie e le armi sembrano tenere il lettore tutto il tempo col fiato sospeso. Solo gli spari, presenti nel secondo racconto, sembrano riportare con veemenza il lettore alla realtà. Sono racconti precisi e turgidi. Hanno lo scopo di essere severi e battenti, senza provar timore alcuno.
“Vespro” sembra mettere un punto ai numerosi argomenti affrontati. È il bilanciere di tutti gli altri racconti. Si veste di domande, senza tralasciare la quotidianità di un uomo vedovo che vive la morte di sua moglie con dolore e rispetto, fino al ritrovamento di un taccuino: pagine che sveleranno molto della vita della sua amata.
La raccolta si chiude con “Morra”: un racconto leggero, di facile lettura, che non va a dimenticare le tradizioni umane, in particolare, nello specifico, quelle ebraiche. Ignelzi, infatti, ci racconta, come una vecchia tradizione ebrea recita, che un sasso è migliore di un fiore, perché non vede mai la morte, e sa restare.
Interessanti sono gli elementi grafici presenti al titolo di ogni racconto: il micro disegno, infatti, oltre a contornare la pagina di creatività, fornisce uno spunto ulteriore a ciò che si andrà a leggere.
La scrittura di Flavio Ignelzi è leggera e facilmente comprensibile. È una raccolta che spazia dal noir al giallo, fino a toccare la massa incolore delle storie quotidiane degli esseri umani. Tiene compagnia senza impegnare troppo, facilmente suddivisibile in letture a più tempi. Può essere fedele compagno di serate, o un accompagnamento pomeridiano post pranzo.
Flavio Ignelzi ci invita a “scavarci” dentro, come suggerisce il titolo, ad indagare sui nostri punti nascosti, a porci domande, a risolvere i nostri quesiti, ad avere la forza di sognare, ma la tenacia per tenere i piedi saldi sulla terra quando la testa tira brutti scherzi. Lo scrittore ci presenta la crudeltà dei delitti, la svogliatezza di chi non vuole guardare, e la paura di chi si perde o di chi ha perso, e chiede all’universo come ci si ritrova.
È una raccolta adatta a tutti e a tutte le età. Pronto per essere divorato, o centellinato con cura.
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