Luca Murano, classe ’80, è uno scrittore lombardo che ha deciso di raccogliere i suoi racconti (alcuni già pubblicati su riviste letterarie indipendenti) in un agile libro sotto il titolo di I vestiti che non metti più edito Edizioni Dialoghi. La silloge che ci offre Luca Murano è una raccolta di “outfit dimenticabili”, di “velleità”, come osa introdurli lui stesso, compìti da una scrittura originalissima, la quale scatta dall’ironia alla malinconia con una leggerezza tale che, anche quando tocca la distruzione di vite o sentimenti, non ci trasmette il peso della penna dello scrittore.
I vestiti che non metti più è un titolo fuorviante quanto metaforico: i racconti della raccolta di Luca Murano narrano di situazioni tra le più disparate, così passiamo dalla lettera di scuse di un padre sciagurato che, da alcolizzato, passa ad essere dipendente dal cioccolato (L’amore ai tempi del cioccolato), al racconto di un battibecco che ha come argomento l’Estathè (L’insostenibile insensatezza dell’Estathè alla pesca). Eppure, per quanto ricchi di ilarità e senso dell’umorismo, i racconti di Luca Murano sono tutti caratterizzati da un’atmosfera come di sospensione: Murano dà ai suoi personaggi la tregua.
In un mondo dove tutto corre o scorre inavvertitamente, anche la sua scrittura rallenta. I veri protagonisti dei suoi racconti sono le lunghe digressioni e i flussi di coscienza dei suoi personaggi, le atmosfere come di sogno, i pensieri che occupano lo spazio di intere pagine. Il non-intreccio de I vestiti che non metti più corrisponde al vuoto che accampa nelle vite dei suoi personaggi: le perdite, le sconfitte e i fallimenti costituiscono la materia prima della narrazione di Murano in cui il passato torna sempre, più aspro di prima, a solleticare le memorie assopite e un vissuto quanto mai scomodo, insieme a una spensieratezza perduta. Il normale incedere dell’esistenza è interrotto, per riprendere il titolo di uno dei racconti quale “Il mio sottosopra”, da una specie di “altra dimensione”, un upside down di visioni e percezioni apparentemente banali, eppure dense di un realismo che, sfiorando il meraviglioso, crea ossimori continui.
La nausea sartriana che attanaglia i personaggi costruiti da Luca Murano è allora interrotta da scenari naturali carichi di suggestione: uno stormo di uccelli che come un’ombra ingigantita e circolare si leva da dietro l’edificio del supermercato proprio mentre lui, il protagonista del racconto “Stormo Und Drang”, esce a prendere aria dopo un attacco di nausea inspiegabile. Illusioni ottiche come queste popolano quasi l’intero libro, definibile perlopiù una raccolta di identità sull’orlo del precipizio, di relazioni contorte e instabili, di amori spezzati o avvelenati, ma anche passionali e sinceri dove a tratti la scrittura di Luca Murano sfiora quella lieve di Calvino o ancora quella sferzante di Patrizia Cavalli nel modo di tessere gli pseudo-intrecci di vite apparentemente banali come bonari esercizi di scrittura, mentre invece si caricano di non trascurabile intensità. Tuttavia, a colmare i vuoti delle perdite o quelli scavati dai rimorsi, oltre alle cullanti visioni insospettabili, i caratteri di questa raccolta si aggrappano a scatti vitali – sì, anch’essi semplicissimi- eppure salvifici: andare in biciletta, ascoltare un disco, suonare o infine scrivere sono gli atti di speranza e vigore di vite non ancora perdute, sono la leggerezza che permette, nonostante il peso della vita, di rinascere o rimanere sospesi e, come diceva Calvino, di planare sulle cose dall’alto.
«Ci affanniamo per sfuggire alla vita che cerca di prenderci e portarci via, dovremmo tutti girare lo sguardo a quei luoghi, a quei momenti preziosi e indimenticabili, reali o immaginari, e non dimenticare mai qual è la via, la strada per tornarci. Là dove tutto è iniziato, lontano dal tempo che passa, lontani dai rimpianti e dalle gabbie che a volte ci attendono».
Fonte immagine di copertina: Edizioni Dialoghi