Il giorno 30 novembre è stato presentato alla stampa il testo Il manifesto del comunismo digitale, scritto da Michele Tripodi e pubblicato per Cavinato Editore International.
Il manifesto del comunismo digitale: alcune tematiche salienti
Il manifesto del comunismo digitale si presenta come un libretto di riflessione – sociale, politica, economica – su quella che è la storia del comunismo dagli albori a oggi e sul suo perpetuo scontro verso il capitalismo.
L’intenzione dell’autore è quella di mettere in risalto gli aspetti negativi del capitalismo ( «un ricatto continuo praticato dal forte sul più debole e sulla illusione di uno scambio di utilità, che tuttavia risulta sempre impari. Per il forte l’utilità è reale, è profitto, per il debole è solo illusione e sotto-compenso che non lo libera dallo stato di soggezione in cui, secondo questo automatismo infinito, si ritroverà per tutta la vita», scrive l’autore), indirizzando i lettori verso le dottrine – sociali, politiche, economiche – comuniste.
Alla parentesi storica sul comunismo e sul capitalismo, seguono capitoli densi in cui si argomenta circa gli esiti del secondo («un incastro pieno di sbarramenti, trappole», scrive ancora l’autore) e le prospettive del primo in direzione collaborativa («una società “comunista” nel senso letterale del termine, ovvero capace di “mettere in comune” tutto, dai pensieri alle idee delle persone, dalle teorie ai bisogni dei popoli»).
Gli aspetti particolari della sua trattazione sono rivolti alla questione del capitalismo come “contraddizione interna”, basata fra l’altro su strane e distorte logiche economiche, anelli malmessi di catene che producono «ricchezza vacua all’infinito in un processo senza fine e senza freni»; anelli e catene che, inevitabilmente, portano al ripetersi ciclico e drammatico della «crisi di ritorno che pesa esclusivamente sulle giovani e future generazioni […] Il capitalismo, avendo esaurito le risorse, in questa fase si sta nutrendo del futuro di milioni di giovani, alimentandosi con la linfa che dovrebbe servire alla loro crescita e, irreversibilmente, bloccandola».
Consequenzialmente, Michele Tripodi affronta il tema della speculazione finanziaria come matrice della bancarotta, un tema fra l’altro che mi riporta alla mente i ben articolati saggi e le profonde riflessioni di Zigmut Bauman; in particolare nel Capitalismo parassitario, il tema che il pensatore e sociologo è quello del fantasma creditizio e dell’indebitamento esponenziale che induce alla depressione economica e con essa alla contemporanea “depressione umana”.
I pericoli di questo tipo di “capitalismo aggressivo” (o “parassitario”, riprendendo l’espressione di Bauman) si estendono ferali dal campo socio-economico al profondissimo humus umano tutto: «il clima e le dinamiche insediative ed antropologiche» – scrive Tripodi – e l’ambiente naturale e sociale, l’esistenza umana stessa viene minacciata e distrutta; un concetto che riprende grosso modo nella sostanza ciò che già, fra l’altro, aveva a chiare lettere espresso Bauman nel testo precedentemente ricordato (mantenendoci, ancora, su un dialogo fra i due scritti): «Il capitalismo, per dirla crudamente, è in sostanza un sistema parassitario. Come tutti i parassiti, può prosperare per un certo periodo quando trova un organismo ancora non sfruttato del quale nutrirsi. Ma non può farlo senza danneggiare l’ospite, distruggendo quindi, prima o poi, le condizioni della sua prosperità o addirittura della sua sopravvivenza».
Il manifesto del comunismo digitale di Michele Tripodi: il ruolo dei mezzi di comunicazione di massa e le “piattaforme collaborative”
Ritornando a Il manifesto del comunismo digitale, l’idea che Michele Tripodi manifesta attraverso le sue pagine sta nell’arginare tutte queste spinte e manifestazioni le sionistiche e distruttive in toto, attraverso un uso “consapevole” e “responsabile” dei mezzi di comunicazione di massa; piattaforme di telecomunicazione digitale quali Facebook, Twitter, Instagram, WhatsApp, hanno una “potenzialità endogena” basata su concetti propri del comunismo, quali condivisione, scambio, parità, uguaglianza.
Al momento tali “potenzialità” non emergono manifeste al grado di “atto” in quanto tali piattaforme sono immerse in un contesto capitalistico in cui il gestore-proprietario pone in condizione di subalternità digitale l’utente passivo.
Nello specifico, riporto alcuni passi del testo che chiarificano questo concetto: «Il valore economico della piattaforma è prodotto dagli utenti del social media […] poiché ogni attività d’interazione dell’utente dentro la piattaforma genera uno scambio. Questa nuova forma di capitalismo di rete può essere interpretata come iper-sfruttamento invisibile, poiché i creatori di valore, cioè gli utenti, sono inconsapevoli della loro potenzialità e ne risultano totalmente non ricompensati», «dentro la piattaforma è l’incoscienza totale degli utenti online […] non si sentono alienati, ma protagonisti», «Lo schema concettuale della piattaforma social media capitalista si potrebbe riassumere così: mentre i proprietari decidono e guadagnano, gli utenti rimangono passivi, sfruttati ma liberi di muoversi all’interno di una gabbia».
L’intenzione del testo di Michele Tripodi è quella, allora, di portare i lettori – e con lui la società intera – ad una nuova coscienza sociale che possa portare all’attenzione della potenzialità comunitaria e comunista dei mezzi di telecomunicazione digitale di massa: «È questo il principio della collaborazione, una sorta di comunismo digitale retto dalla socializzazione dei rapporti e dei proventi di una specifica piattaforma»; una potenzialità che diventerebbe, tramite le “piattaforme collaborative”, un atto esistente e che costituirebbe la realizzazione di quel “manifesto digitale del comunismo” a cui l’autore ha dedicato il suo libro.
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