Il multiculturalismo è una questione che spicca nel processo della globalizzazione post-moderna e fornisce una proliferazione di diversità dentro una comunità. Ciò delinea l’identificazione sociale in un senso di tessitura e “narrazione” culturale, dietro al quale si celano stratificazioni di etnie, lingue, costumi e tradizioni. Il multiculturalismo porta con sé pregiudizi ed inconvenienti, soprattutto se dinanzi ad una coabitazione dove la supremazia di una popolazione, rispetto ad altre, è evidente. Quel tessuto di fili intrecciati va, in tale maniera, a disfarsi e creare disagi nei confronti delle minoranze, non protette nelle loro stesse terre. Simile malessere è sperimentato dalla piccola Piquette, personaggio di A Bird in the House (1970), una sequenza di racconti scritta dalla canadese Margaret Laurence.
Il multiculturalismo di A bird in the House: la piccola Piquette
Margaret Laurence nel libro A bird in the House incentra un campo di lotta ideologica ed inclusiva nel paese fittizio Manakawa, situato nella provincia canadese del Manitoba. Nonostante l’impiego di un villaggio immaginario, l’autrice affronta la realtà della popolazione Métis, minoranza di origine mista europea e indigena. Impegnata nella garanzia dei propri diritti e nel promuovere una società disposta ad abbracciare il concetto di multiculturalismo, è continuamente arginata dalla società canadese. Tale avvenimento, mediante il suprematismo bianco, diffonde il così denominato panico morale e segnala un capro espiatorio nella collettività Métis. Margaret Laurence proietta la questione nel multiculturalismo di Piquette, personaggio di A bird in the House: membro della comunità indigena, per questo vittima di povertà e discriminazione. Totalmente al sicuro e protetta da uno scudo di rabbia e silenzio, la bambina riesce a trovare una visione benigna e confortevole nel padre di Vanessa (compagna di classe), l’unica persona che tenta di includerla proponendole di unirsi alla sua famiglia durante le vacanze estive.
Proprio attraverso tale proposta, l’autrice incomincia a stilare le opinioni razziste di coloro che sono a contatto con la piccola Piquette. La nonna di Vanessa, ad esempio, venuta a conoscenza della sua possibile presenza nella dimora estiva, commenta: «Se quella giovane mezzosangue venisse a Diamond Lake, io non andrò»; la nipote, animata nel seguire i valori del padre, tenterà di aiutare l’amica nel viaggio del suo “multiculturalismo” attraverso un approccio, però, inadatto: «Scommetto che sai molto sui boschi e tutto il resto, vero?». Alla domanda disdicente, Piquette risponderà: «Se intendi il luogo dove viviamo io, il mio vecchio e tutti gli altri, faresti meglio a stare zitta».
Le sue reazioni in A bird in the House sono semplicemente i risultati di una bambina che fatica a sopravvivere dinanzi all’interiorizzazione di stereotipi negativi. L’approvazione della sua identità multiculturale sarà un’impresa ardua da raggiungere: l’unico dolce ricordo della piccola resterà la gentilezza del padre di Vanessa, il quale ricorda come lei enunciò: «l’unica persona a Manakawa che abbia mai fatto qualcosa di carino per me».
La figura della Gavia
Una delle immagini che verrà associata a ciò che faceva parte del mondo Métis nel racconto di A bird in the House è la Gavia (Loon in inglese). Ammirata da Vanessa sin da bambina, è un genere di uccelli ora estinti a causa del turismo e dell’intrusione pervasiva umana. Un multiculturalismo, quindi, che vede la natura e l’uomo in un conflitto continuo e quest’ultimo fautore di incessanti danneggiamenti, fatali per un mondo caduto in un vortice infernale di affanni e angosce.
Fonte immagine in evidenza: Editore University of Chicago Press