Yukio Mishima e il Padiglione D’Oro
Nel 1956, Yukio Mishima scrisse il romanzo ‘’Il padiglione D’Oro’’.
Il Padiglione D’Oro a cui Mishima fa riferimento, è uno dei più famosi tempi Zen del Giappone, il Kinkaku-ji, la quale peculiarità consiste dall’essere coperto interamente di foglie d’oro. Il romanzo trae ispirazione da una storia vera, secondo la cronaca, per mano di un novizio del tempio, Hayashi Yoken, nel 1950. Secondo quanto riportato dai giornali dell’epoca, Hayashi appiccò il fuoco nel tentativo di una sorta di “doppio suicidio”, essendo: la sua speranza quella di morire assieme al Padiglione. Lo scrittore probabilmente deve essersi chiesto cosa mai avesse fatto questo Padiglione per attirarsi l’odio viscerale di tutti quelli che hanno cercato di distruggerlo. A risposta di questa domanda, egli sosteneva che l’unica colpa del Padiglione era quella di essere bello e tremendamente perfetto. Un altro motivo che avrebbe portato lo scrittore a parlare del tempio potrebbe anche essere la sconfitta bellica del Giappone durante la Seconda guerra mondiale. La bellezza può essere vista per Mishima come della materia, una parte di metamorfosi di cui noi tutti ne facciamo parte, la quale è destinata prima o poi a svanire, motivo probabile anche del suicidio dell’autore.
Cenni su Yukio Mishima
Yukio Mishima, pseudonimo di ‘’Kimitake Hiraoka’’, nasce a Tokyo il14 gennaio 1925 ed è stato uno scrittore, drammaturgo, saggista e poeta giapponese.
Appassionato nazionalista, era anche conosciuto come attore, regista e artista marziale. Mishima è uno dei pochi scrittori giapponesi che ha ottenuto un immediato successo all’estero. Le sue numerose opere spaziano dai romanzi agli adattamenti moderni delle forme teatrali tradizionali giapponesi del kabuki e del noh, quest’ultimo rivisitato in chiave contemporanea. Il suicidio rituale dell’autore, insieme alle forze paramilitari da lui guidate dopo l’occupazione del Ministero della Difesa, ebbe la diffusa notorietà che segnò il personaggio di Mishima nell’immaginario letterario.
Trama
Un giovane monaco balbuziente di umili origini, del villaggio di Shiraku vicino a Maizuru di nome Mizoguchi, è stato allevato da suo padre, monaco nel culto della bellezza del Kinkakuji, l’edificio più famoso del monastero noto anche come il Tempio di Kyoto. Sognare ad occhi aperti sulla grandiosità dell’edificio è l’unico conforto del ragazzo, poiché egli viene ridicolizzato dai suoi coetanei per la sua balbuzie, debolezza fisica e bruttezza. Mizoguchi stringe fin da piccolo un legame profondissimo e folle con il tempio splendido, la cui bellezza sembra essere immortale. Un seme di follia cresce nel monaco, il quale lo porterà a compiere azioni estreme portando alla distruzione della bellezza e alle fiamme il tempio di Kyoto. La storia di questo clamoroso gesto è raccontata fedelmente alla cronaca da Mishima, ma in un modo che sembra assegnare un significato simbolico o piuttosto problematico alle azioni dell’incendiario. Il romanzo è un’esplorazione, di un’anticipazione, quasi magica, dell’olocausto che rappresenta un tema profondo per tutta la prima parte del libro fino al giorno della sconfitta del Giappone durante la guerra mondiale.
Quali sono i temi principali del romanzo?
La bellezza: questo concetto in questo romanzo può essere ambivalente e simboleggiare sia una bellezza senza pari, come l’esempio per eccellenza del Padiglione, sia il ‘’ bello nel brutto ’’, nel difetto, nell’imperfezione, nella balbuzie di Mizoguchi e nell’essere storpio di Kashiwagi (altro personaggio del romanzo).
Il conflitto tra bene e male: Interno ed esterno. Osservare gli uomini come le rose, che non hanno un fuori e un dentro: perché mai questo modo di pensare dovrebbe apparire disumano? Se gli uomini, l’interno della loro mente e del loro corpo si potessero voltare e rivoltare come i petali di una rosa, esporli alla luce del sole e alla brezza di maggio. Alle dicotomie interno – esterno, oscurità – luce viene già qui a sovrapporsi la riflessione sul bene e il male; e comincia a farsi strada nel protagonista il rifiuto di considerare oggettivamente malvagio ciò che le leggi e il comune sentire degli uomini giudicano criminale ed immorale.
Il turismo: più volte nel corso del romanzo si fa riferimento alle visite turistiche al tempio. Il Padiglione d’Oro, capolavoro di architettura religiosa che rispecchia nella sua struttura lo spirito pragmatico dei tempi di guerra in cui era stato concepito, è ormai divenuto un mezzo finalizzato esclusivamente all’interesse economico e all’accumulo di denaro. Lo stesso abate viene presentato come una figura corrotta, più dedita agli affari e alle donne che alle questioni religiose e spirituali. Allo stesso modo anche il Padiglione, descritto come oscuro al suo interno, non ha più doti vitali ed è ormai incapace di nutrire lo spirito degli uomini.
Luce ed Ombra: Il racconto di Mizoguchi si relaziona in perfetta sintonia con il giorno e la notte: lucentezza assoluta, dando risalto alla bellezza del padiglione, dorato, e nel caos totale, in cui si concretizzano ed alternano perfettamente spiriti del bene e del male. Questa descrizione viene anche descritta tramite il padiglione, un po’ come effetto fotografico, se vogliamo paragonare le bellezze architettoniche Orientali ed Occidentali, come parlava anche un po’ Tanizaki in ‘’Libro d’ombra’’.
Accettazione di sé stessi: Mizoguchi cerca in questo racconto di apprezzare se stesso, sfruttando la sua balbuzie e renderla qualcosa di speciale. Lo stesso vale per Kashiwagi, che riesce a causa del suo disturbo a conquistare e impressionare gli altri, persuadendo, questa si chiama anche intelligenza.
Riconosciuto dalla maggior parte dei critici giapponesi come il capolavoro di Mishima, il Padiglione D’Oro è un tentativo di mettere i concetti estetici e filosofici dell’autore in una forma narrativa, in cui ogni evento della storia è simbolico ed ha un significato.
Fonte immagine in evidenza: Pixbay