Il richiamo di Alma, testo scritto da Stelio Mattioni e pubblicato per la prima volta nel 1980 dalla casa editrice Adelphi, è stato recentemente riedito per la casa editrice Cliquot (dicembre 2020) e corredato dalla prefazione di Chiara Mattioni e dalla postfazione di Gianfranco Franchi.
Il richiamo di Alma: il testo
Ne Il richiamo di Alma sembrano emergere, in patina, un certo filo d’afflato dannunziano, per talune atmosfere, taluni passaggi, talune suggestioni, e certi aspetti moraviani, in termini di conflitto e turbamento, in termini di noia, disprezzo, indifferenza. Labirinti di essenze e colori che svolgendosi psichedelici nella mente del giovane protagonista, prendono forma correndo lungo le vie di una città che si ramifica indistricata e forse indistricabile, dunque misteriosa. Chi è – o cos’è – Alma? Il protagonista mosso da un’indefinibile spinta vitale – una voce, un atto, un richiamo – non sa dirlo; cerca di raggiungerla, di possederne l’idea, ma ogni volta che avanza, arretra e ogni volta che egli arretra lei avanza, in una danza estenuante, in un cerchio “magico”, inafferrabile, ineffabile, come la stessa Alma è.
E allora ecco aprirsi al lettore una serie di ammalianti domande: Chi è questa sembianza femminile che cambia, muta ad ogni passaggio e ad ogni sguardo, scorcio, si fa altro e rende altro il protagonista stesso? Chi è o cos’è Alma? Cosa rappresenta questa essenza impalpabile? Questa ragazza, questa bambina, questa donna, quest’essere, quest’entità fantastica e misteriosa che si aggira per Trieste e si fa essa stessa città, via, vento di bora, stradina, percorso, altura, percorso, panorama? E si fa ancora vita, emozione, pensiero e ritorna poi umana, ma pure eterea, impalpabile a volte e irraggiungibile, non raffigurabile, sfuggente, inafferrabile? Chi è – o cos’è – Alma, nell’identità in costruzione del giovane protagonista? Chi è o cos’è questa «creatura fantastica ed effimera che vive in una dimensione rarefatta, entrando solo a tratti in contatto con la realtà», o forma o idea sempre in trasformazione il cui unico segno distintivo uguale, perenne, è un anello a un dito di una leggera mano?
La scrittura è leggera, lieve, lo stile permeato di realismo magico su cui influisce fortemente «la periferica collocazione geografica, Trieste» (come dalle parole di Chiara Mattioni in prefazione al testo) e che intende – ancora dalla parole della prefatrice – «la scrittura di storie che narrano fatti e circostanze verisimili, con premesse ordinarie e comuni, in cui all’improvviso irrompe un fatto imprevisto e sconcertante che spariglia le carte. E chi vi si trova davanti può credere che si tratti di un’illusione oppure di un fatto reale, ma allora questa realtà obbedisce a leggi a noi ignote».
Metamorfosi, epifanie, rievocazioni fra «ricordo e sogno»: un libro che fa riflettere sulla sostanza «trascendente, irraggiungibile, inconoscibile» dell’ideale.
Immagine in evidenza: ufficio stampa