Tra le recenti uscite Fazi Editore consigliamo la lettura de “Il silenzio di Laura“, dell’autrice statunitense Paula Fox, ripubblicato dalla casa editrice dopo una prima edizione italiana del 2004.
Un libro tanto breve quanto crudo ed incisivo, caratterizzato da dialoghi secchi e frasi spezzate, una straordinaria attenzione per i mille dettagli e le più intime riflessioni dei personaggi che incontreremo in queste pagine. Personaggi che ci raccontano che, talvolta, la famiglia può essere il peggiore degli incubi, la gabbia da cui fuggire ma da cui non sempre si ha la forza di scappare.
Il silenzio di Laura di Paula Fox: la lucida analisi di una famiglia disfunzionale
Il romanzo si apre in medias res: Laura Maldonada e suo marito Desmond Clapper, si accingono a preparare un party d’addio in una stanza d’albergo di New York nel giorno della vigilia della loro partenza per un lungo viaggio in Africa. Invitati, la figlia di Laura, Clara, l’eccentrico fratello omosessuale della donna, Carlos, e il malinconico editor Peter, amico di famiglia della coppia.
Le apparenze rimandano ad una normale cena di famiglia, ma nulla è come dovrebbe essere: l’impressione è quella di assistere all’imbarazzante e freddo primo incontro tra estranei, impressione che si fa certezza quando Paula Fox, attraverso un sapiente uso del discorso indiretto libero, immette il lettore nelle riflessioni dell’uno e dell’altro personaggio, sorvolandoli tutti e senza rivelare mai troppo di ognuno: i membri di questa bizzarra e disfunzionale famiglia non s’incontrano, infatti, da anni. Non mostrano alcuna confidenza, alcuna empatia. Sembrano galleggiare nell’aria frasi sospese, mezze parole che rimandano ad un vissuto comune, lontano. Grande assente alla riunione di famiglia, ma non per questo meno presente dei personaggi sulla scena, Alma, l’anziana madre cubana di Laura e nonna di Clara.
Minimo comun denominatore di questi personaggi è senz’altro Laura, che Paula Fox tratteggia come una donna singolare e piena di contrasti, fredda ed egoista, appassionata ed irascibile, un mostro dalla quale nessuno, ineluttabilmente, riesce a sottrarsi: il “silenzio” evocato nel titolo è il silenzio di chi non riesce più a comunicare davvero neppure a sé stesso, come dà mostra di fare la donna, che trattiene chiuse dentro di sé per tutta la serata le emozioni -qualsiasi esse siano- suscitate dalla telefonata che riceve in apertura del romanzo.
Il microcosmo della stanza d’albergo, del quale l’autrice ci fa avvertire finanche la sensazione di claustrofobia provata dai personaggi, si fa metafora dell’isolamento: ognuno ripiegato su sé stesso, senza lasciare alcun margine di apertura verso l’altro. Ognuno sembra insofferente alla presenza dell’altro e non sembra desiderare altro che fuggire, scappare lontano, perché “le famiglie si stringono fra di loro in una morsa di ferro che definisce. In qualche modo, bisogna rompere la morsa.”
Lontano da Laura, che li tiene legati ed avvinti con la sua forza, lontani da un’assenza fin troppo presente, quella di Alma, lontano probabilmente da sé stessi, il “luogo” da cui più di tutto questi personaggi desiderano fuggire, ricreando illusorie identità da dare in pasto ai familiari, per riempire chiacchiere e silenzi sempre più vuoti.
Paula Fox delinea un quadretto familiare tutt’altro che idilliaco, popolato da personalità distrutte, svuotate nell’intimo, senza una vera identità eppure così disperatamente attaccate alle apparenze, incapaci di sottrarsi ai propri doveri sociali ma totalmente sorde al richiamo della coscienza.