Il vicario di Wakefield di Oliver Goldsmith tradotto da Barbara Bartoletti

Il vicario di Wakefield di Oliver Goldsmith tradotto da Barbara Bartoletti per la Fazi Editore

Il vicario di Wakefield di Oliver Goldsmith è tra le pubblicazioni di novembre della Fazi Editore. La traduzione è di Barbara Bartoletti. Ecco la nostra recensione.

Il vicario di Wakefield fu pubblicato per la prima volta nel 1766. Ci troviamo a Londra  quando Oliver Goldsmith, ormai ubriaco e al verde, ha terminato di scriverlo  da qualche anno ( Il romanzo fu scritto tra il 1761 e il 1762). Con l’aiuto del suo affezionato amico Samuel Johnson (dopo il loro incontro avvenuto nel 1761 circa, Goldsmith entrò a far arte del circolo letterario di Johnson al quale dedicò il romanzo stesso), Il Vicario di Wakefield fu venduto per 16 sterline a Francis Newbery  che lo pubblicò dopo due anni. Quest’ultimo non solo permise a Goldsmith di pagarsi l’affitto, ma anche di fare de Il Vicario di Wakefield uno dei romanzi più apprezzati e diffusi del Settecento e oltre.

Il Vicario di Wakefield è stato sceneggiato, oltre che da registi stranieri durante il primo novecento, dal regista italiano Guglielmo Morandi (1959).

Il Vicario di Wakefield: come le avversità servono a rafforzare l’amor proprio del meritevole

La famiglia Primrose è una famiglia distinta per gentilezza e bontà d’animo in cui predomina una naturale affinità di mentalità e di persone.

Il reverendo Primrose, vicario di Wakefield, la moglie Deborah e i loro sei figli vivono di una ricca eredità in una parrocchia di campagna. Cullati in uno stato di intensa felicità, la loro serenità è presto turbata quando, durante il matrimonio del primogenito George, a causa di un furto, vengono privati di  tutto il loro patrimonio e con esso di ogni felicità. Le vicende crudeli e le disgrazie che si scagliano sulla famiglia Primrose da quel momento in poi si susseguono con grande velocità. Un destino tragico e irrimediabile colpisce i Primrose in un vortice senza pace: la Provvidenza pare non avere scrupoli nei confronti di una famigli tanto meritevole.

In un’era di raffinatezze e opulenza quale quella dell’Inghilterra del ‘700, la famiglia del vicario di Wakefield, senza più viveri, è costretta ad intraprendere una vita fatta di ristrettezze e rinunce: risulterà impresa difficilissima per Olivia e Sophia, le due figliole di casa, trovare validi sposi nel tentativo di elevare la loro posizione e mantenere intatto il loro onore. Entrambe vengono infatti rapite da un mascalzone aristocratico ingannatore e, il dottor Primrose, dopo aver creduto di perdere per sempre il figlio maggiore George, subirà il duro colpo inferto da un incendio che riduce in cenere la sua casa. Ma il vicario è un uomo dalla fede serrata, un uomo pronto a procurare conforto e speranza ai suoi cari attraverso la parola di Dio. Chi disprezza la religione,  troverà in lui un uomo che trae conforto principalmente dal futuro; egli sa che «la Provvidenza è più generosa con il povero che con il ricco perché rendendo la vita dopo la morte più desiderabile, allieta il passaggio sulla terra. In questo modo la Provvidenza ha dato due vantaggi agli infelici rispetto ai fortunati, in questa vita: una maggiore felicità nella morte e in Paradiso l’immensa soddisfazione che deriva dai piaceri negati.»

Proprio la Provvidenza però, riserva alla storia terrena dei Primrose, un valoroso eroe, il signor William Thornhill: egli con il suo aiuto contribuirà al lieto fine di tutta la funesta vicenda che ha ferito amaramente ogni componente della famiglia. Ma la disgrazia familiare, così come le avversità, servono a rafforzare l’amor proprio del meritevole.

Il vicario stesso lo afferma durante il romanzo: «Non posso andare avanti nel racconto senza fare una riflessione sulle circostanze accidentali che, pur verificandosi quotidianamente raramente suscitano la nostra sorpresa se non in occasioni straordinarie. A quali fortuite coincidenze dobbiamo le gioie e i vantaggi della nostra vita! Quante circostanze apparentemente accidentali debbono concorrere perché possiamo vestirci e nutrirci! Il contadino deve essere disposto a lavorare, la pioggia deve cadere, il vento deve gonfiare la vela del mercante o a molte persone verranno a mancare le provviste.»

Oliver Goldsmith, di origini irlandesi, nacque probabilmente nel 1730. Figlio di un pastore anglicano, studiò al Trinity College di Dublino e presso le università di Edimburgo e Leida. Trasferitosi a Londra nel 1756, dopo una irrequieta giovinezza, visse della sua scrittura. Redasse il periodico “The Bee” sul quale troviamo tra i suoi più apprezzati scritti come “Storia d’Inghilterra” (History of England, 1764). Tra le altre opere, oltre al romanzo Il Vicario di Wakefield, per cui Goldsmith è più noto e apprezzato, troviamo: Il cittadino del mondo (The citizen of the world, 1762),  le commedie Lei si sottomette per conquistare (She Stoops to Conquer, 1773) e L’uomo di buon carattere (The good natured man, 1768).

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Fonte immagine di copertina: FaziEditore.

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