Italiani Mata Burros e altre storie di migranti in Venezuela, di Michele Castelli

Italiani Mata Burros di Michele Castelli

Italiani Mata Burros e altre storie di migranti in Venezuela, per EtabetaPs, di Michele Castelli, in lingua originale Cuentos de migrantes, tradotto da Salvatore Orlando, è una raccolta del 2004 che racconta storie, vere o verosimili, di italiani emigrati nelle zone del Sudamerica durante il complesso Novecento. Castelli è linguista e scrittore italiano, residente in Venezuela, da tempo impegnato nella diffusione dell’italiano e dell’italianità fuori dai confini nazionali. È nel territorio venezuelano che trovano vita e diffusione le storie raccontate in Italiani Mata Burros, tradotto da Salvatore Orlando, italo-venezuelano nato e cresciuto a Caracas e formatosi presso l’istituto Orientale di Napoli nel campo della linguistica e dell’acquisizione dei linguaggi.

Il titolo della raccolta prende spunto da uno dei racconti, che mostra il principale disagio degli emigrati, ovvero il complesso meccanismo di appropriazione di una nuova lingua in territorio straniero e le conseguenti incomprensioni culturali. Per un italofono Burros evoca automaticamente la parola burro, mentre in spagnolo significa asino: appare dunque chiara l’immagine grottesca di un italiano emigrato in Venezuela che, scimmiottando la lingua autoctona, va alla ricerca del burro, risultando agli occhi dei nativi un mangiatore di asini. Un’incomunicabilità che non è solo linguistica ma profondamente culturale, dalla quale si dipanano stereotipi e leggende del nostro popolo all’estero.

Le storie degli emigrati raccontate da Michele Castelli

Le storie contenute in Italiani Mata Burros non sono semplici aneddoti tramandati dalla bocca di coraggiosi espatriati: sono i racconti di vite sofferte e sradicate in un difficile dopoguerra, un tempo che trova la sua immagine speculare nell’epoca in cui viviamo. Giovani che abbandonano l’Italia per cercare fortuna in terre lontane, nelle quali tutto ciò che si tocca diviene oro, faticosamente ottenuto, ma pur sempre oro. Ma le storie raccontano anche di uomini e donne che ciecamente si affidano agli eventi, con ingenuità ed ottimismo, e che si ritrovano (travolti e) coinvolti in un destino indesiderato e crudele.

Nella raccolta emerge tutto lo spirito italiano, l’ingegno, l’intimo legame familiare: sono storie di uomini che si improvvisano imprenditori, sciamani, truffatori, sarti, individui che combattono contro il pregiudizio di alcuni o che accolgono l’acclamazione di altri. Storie con una morale, un insegnamento, che fluiscono da una voce ancestrale, come se fossero conservate nel diario ingiallito di un avo. Il linguaggio, nella sua traduzione italiana, ci riporta in un tempo lontano, con una scansione, un ritmo, un procedere a cui la modernità ci ha disabituati.

Italiani mata burros e una lingua peculiare

Contro il fluire rapido, frettoloso di scritti brevi che nessuno ha più il tempo di leggere, la traduzione di Orlando sembra prendersi il tempo di farci perdere tempo in una sintassi flemmatica e talvolta spagnoleggiante, che provoca lo spaesamento di un italiano in terra straniera. È la lingua degli emigrati che non si ammoderna, non risente della velocità della rete, degli influssi stranieri e della riduzione della distanza fra scritto e orale: quella di Italiani Mata Burros è una lingua antica e interessante, che si prende tutto il tempo di cui ha bisogno per esprimere concetti del passato ed evocare immagini lontane. È un ibrido che risulta da un testo originariamente in spagnolo scritto da un italiano emigrato in Venezuela, tradotto poi da un italo-venezuelano che la vita ha condotto fra le sponde del Tirreno e quelle di Caracas.

A proposito di Simone Cavallo

Nato e cresciuto a Napoli, si è laureato in Filologia Moderna all'Università degli Studi di Napoli Federico II. Ha due chiodi fissi, la lettura e la Francia, dove ha studiato, in occasione dell'Erasmus, e dove si è pagato le tante serate a bere vino, lavorando come assistente di Italiano nelle scuole.

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