La donna di Teheran, il nuovo libro di Donia Bijan
La donna di Teheran, il lavoro letterario di Donia Bijan, è un’affascinante avventura narrativa ambientata in terra d’Iran ai giorni nostri. Il testo, edito da Newton Compton, è stato positivamente accolto dalla critica che lo ha definito, nelle parole di Bookreporter, “un romanzo avvincente, dalle atmosfere ricche di fascino”.
Trama
Dopo trent’anni Noor torna nel suo paese natale, l’Iran, insieme alla figlia Lily, irriverente, ribelle e adolescente. Il suo viaggio di ritorno è a tutti gli effetti “un viaggio di ritorno nel passato” attraverso il quale rivive le sensazioni e le suggestioni della vita che è scorsa tra la sua casa e il Caffè Leila, unico monumentale tempio del ricordo e degli anni vissuti da Noor a Teheran. L’Iran, di fatto, suggestionato dalla lontananza di Noor, si è trasformato e ha modificato le sue fattezze mantenendo e allungando una radice- la più feroce- nel passato.
La donna di Teheran: il contesto
All’interno del testo sono presenti riferimenti importanti all’11 settembre 2001, collegandosi al fatto che “questa gente fa di tutta l’erba un fascio quando si parla di mediorientali”. Di fatto dopo i terrificanti e terribili fatti dell’11 settembre, si registra una grande frattura tra il mondo occidentale e quello mediorientale, in quanto il primo e il secondo tendono a guardarsi con diffidenza e sospetto. E questa diffidenza e questo sospetto alimentano in molti l’idea che i crimini dell’umanità abbiano etnia, religione e sesso, quanto in verità bisognerebbe tenere sempre a mente che gli atti criminali, di qualunque natura, si rifanno a un’unica categoria: la disumana criminalità. Si citano, in diversi momenti e senza eccessiva crudeltà e violenza, i veti cui le donne iraniane sono costrette. A tal proposito è necessario ricordare le proteste e le rivolte che proprio oggi in Iran animano la speranza della libera volontà. Oggi le donne iraniane devono essere nei pensieri di qualsiasi persona il simbolo della metafora-analogica del Quasimodo che, in Specchi, dice “ed ecco sul tronco si rompono gemme: / un verde più nuovo dell’erba / che il cuore riposa: / il tronco pareva già morto, / piegato sul botro”. Gemme sul tronco della dura legge sono le donne iraniane e peluria verde di fresca primavera sui neri degli hijab. E sono soli caldi tra le superfici di vetro delle bottiglie in cui sono incastrate e sono le voci delle odi innalzate alla libertà e alla vita scritte in occidente per tutta l’umanità e che non dissetano più coloro che credono che la libertà non sia stata inventata quel giorno che uno che si credeva servo, si riconobbe degno di possedere se stesso.
Fonte immagine: Newton Compton Editori