Recensione del romanzo La rinnegata di Valeria Usala
Esce ad aprile per Garzanti lo splendido romanzo d’esordio di Valeria Usala, La rinnegata, che ha conosciuto un meritato successo fin dai primissimi giorni della pubblicazione, scalando le classifiche grazie ad una storia potentissima, tutta al femminile, e ad una prosa degna dei migliori romanzi della nostra letteratura.
Tra Canne al vento e I malavoglia, nel romanzo di Valeria usai si riscontrano la narrazione corale del capolavoro verghiano, la sensazione che sia il paese intero a narrare una storia dimenticata, e le atmosfere sarde care alla Deledda. La Sardegna è la vera protagonista del romanzo, con i suoi miti, le sue leggende, i suoi costumi lontanissimi da quelli di ogni altra terra, il suo essere una terra remota, quasi magica, come di magia e credenze è popolato questo romanzo.
La rinnegata è un romanzo coraggioso, al femminile e femminista: la protagonista del racconto è Teresa, una donna tanto bella quanto assennata, un’orfana la cui fama, alimentata da pregiudizio e maldicenze, precede il nome. La bella locandiera dagli occhi color del miele gestisce le finanze della famiglia, ha un marito lontano e tre figli cui badare, tiene in pugno le redini della famiglia e ne ha determinato la fortuna con la propria abilità negli affari. Nata sola al mondo, senza padre né madre, rinnegata dai suoi genitori e dalla sua terra natia, la donna ha da sempre combattuto contro il pregiudizio: troppo bella e troppo intelligente, inadeguata rispetto al ruolo che il microcosmo di Lolai le ha cucito addosso, rispetto alle aspettative che venivano riposte in una donna di umile estrazione sociale, una donna che, partendo dal nulla, ha ottenuto la ricchezza ma non il rispetto degli abitanti del paese.
Nemmeno il matrimonio con un uomo che ama riesce a mettere Teresa al riparo delle maldicenze, perché il marito è troppo spesso lontano e “una donna senza marito non è nulla“, come sente spesso ripetere. Teresa appare come un cavallo senza padrone, un cavallo da domare a forza perché troppo testardo. Ossessione di un paese intero, l’ombra del pregiudizio e delle maldicenze, l’ossessione della sua ricchezza e l’incapacità di accettare che la fonte di tale ricchezza sia il lavoro, come se Teresa fosse un uomo, si estende a macchia d’olio dalla donna alla sua famiglia come un’onta dalla quale non si può fuggire se non abbandonando il proprio paese, il proprio nome e la propria storia per essere, finalmente, liberi.
Altro personaggio femminile potentissimo è Maria, un’anziana senza storia e senza meta: come Teresa, la donna è oggetto e protagonista di mille miti e leggende, che la vedono ora una vecchia strega, ora una mendicante. Una storia in realtà ce l’ha, ma la custodisce ermeticamente dentro di sé: come Teresa, Maria combatte a testa alta il pregiudizio, ha scontato la sua condanna scendendo a patti col suo passato. Teresa e Maria sono due ribelli, due donne che camminano sole in un mondo declinato al maschile, vittime, per questo, della commiserazione nel migliore dei casi, del biasimo e della condanna nel peggiore.
Il romanzo di Valeria Usala, ambientato in un passato non ben definito e in un’isola che è per sua stessa natura lontana, remota, distante, è di enorme attualità: Teresa e Maria sono le donne dissidenti di ogni tempo e di ogni luogo che rifiutano la storia scritta da altri per loro, che hanno il coraggio di guardare il mondo a testa alta e di darsi valore a prescindere dalla presenza di un uomo, quelle stesse donne che, come nel romanzo, dove le parole di condanna più crudeli hanno voce femminile, anche nella vita reale spesso incontrano l’opposizione più dura nelle parole, nel giudizio e nell’atteggiamento delle altre donne, quelle integrate, che non provano o hanno rinunciato ad immaginare un futuro a misura dei propri ideali, vittime di maschilismo interiorizzato che si trasformano in aguzzini e carnefici.
Un esordio splendido ed indimenticabile, un romanzo crudele e necessario, che non può lasciare indifferenti.
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