La voglia di Elfriede Jelinek | Recensione

La voglia di Elfriede Jelinek | Recensione

La voglia di Elfriede Jelinek è un romanzo\racconto che lacera chiunque gli si approcci. Pubblicato nel 1989, la scrittrice austriaca, premio Nobel per la Letteratura nel 2004 per il suo romanzo La Pianista (1983), si butta in quest’altra storia di forte critica alla società odierna, austriaca. Seguendo una sorta di fil rouge nella rappresentazione di una protagonista forte e tormentata, il più delle volte ispirata a sé medesima, la Jelinek traccia una linea di non-ritorno nella scrittura, nello stile, e nei personaggi raccontati attraverso la sua complessità più vivace.

La voglia, la trama

Lust (in lingua originale) è il racconto della vita infelice della protagonista, Gerti. Immersi nelle alpi austriache, in un paese di montagna in cui Hermann, il marito di Gerti, possiede una cartiera di successo, la protagonista è sopraffatta dalla noia, dalla tipica mestizia della vita borghese. Ad ogni modo, suo marito non le dà mai tregua: oltre al suo comportamento ossessivo e misogino con i suoi operai, il suo essere maniaco del controllo e insaziabile nel lato libidico è maggiormente indirizzato a Gerti, la quale non vorrebbe far altro che scappare e andare il più lontano possibile, dal paese e da Hermann che la opprime così tanto.

A volte Gerti riesce anche a farlo, sparisce per un po’ e prova a divertirsi come vuole: fugge via, si ubriaca, ha brevi ma intense storie d’amore. In una delle sue fortuite sparizioni da casa, convinta che la sua vita coniugale e la sua maternità siano inconciliabili con l’esistenza che conduce fuori dal suo ambiente familiare, e che vorrebbe in realtà le appartenesse in ogni momento, incontra un giovane seduttore, tremendamente affascinante, di nome Michael. Da questo incontro, la scrittrice premio Nobel mostra tutta la discesa a picco di Gerti verso un tragico epilogo.

La voglia, la descrizione di una società ancora patriarcale

L’intero racconto de La voglia di Elfriede Jelinek è incentrato sulla figura di Gerti e quanto ella possa incarnare il concetto della cosiddetta “imprendibilità” femminile. Dal mito di Medea, Cassandra, a vittime del contemporaneo, la protagonista della Jelinek erra alla ricerca della felicità, corre lontano da quel paesino e da quell’uomo che la fanno sentire in ostaggio, come un oggetto pronto all’uso. Gerti è troppo forte per non vivere a pieno le sue passioni, il suo amore per la vita; allo stesso tempo, però, è angosciata dalle restrizioni che si autoimpone ed imposte dalla società nel suo ruolo di madre: la maternità non è conciliabile con i suoi desideri più nascosti e libidici. Allora la fuga, il rifugio in altre braccia extraconiugali diventano la soluzione, la quale invece risiede nel diradicamento del motivo patriarcale originario alla base di ogni società umana. Lo stile, difatti, la sintassi di Elfriede Jelinek in questo racconto permette la configurazione con Gerti stessa, in quanto diventa “imprendibile” proprio come lei, non avendo confini, o suddivisioni specifiche. Improvvisi cambi di prospettiva, figure retoriche complicatissime, rendono a pieno l’immagine della tormentata protagonista, del mondo patriarcale in cui è immersa, di tutte le donne costrette nel meccanismo di un potere patriarcale, ad oggi, ancora.

Fonte immagine: Amazon

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