«La montagna non è tutta uguale»
Scaturisce da questa affermazione la riflessione dell’architetto Andrea De Lotto, impegnato nell’osservazione delle realtà d’alta quota delle Dolomiti, mostrate al lettore della sua nuova opera, dedicata al figlio Francesco, per la casa editrice NarrativAracne: Voci. Un’altra gravità.
È alla metà di giugno che Stella decide di percorrere quei sentieri tortuosi delle Dolomiti a lei care dall’infanzia. Il suo corpo si muove sinuoso tra le alture, si immerge nella natura, tra lo «straverde» dell’erba e le pennellate di bianco nevischio dei “Monti pallidi”. Il suo occhio da acuta osservatrice la porta a scrutare tutto, a rivedere in quel preludio l’ispirazione dei quadri di Edward Compton, e dal contatto con la sua terra trova la pace. Andrea De Lotto descrive i suoi 170 centimetri alle prese con le alture del complesso dolomitico, intenta nelle scalate, ma anche in momenti di riposo stesa sull’erba, sguardo rivolto al cielo.
Stella e le Voci di Andrea De Lotto
Le sue «acrobazie fisiche e sensoriali» la portano a continue riflessioni, che arrivano a trascendere da una osservazione fine a se stessa. Tutto quello che ha intorno, nel quale si immerge in estasi, deve essere preservato. Ad aiutarla nella climax ascendente di pensieri ci sono delle Voci, personaggi che incontra e che l’aiuteranno a comprendere che non basta più solo elogiare quel «mondo appuntito», non basta solo restare a bocca aperta nella contemplazione. I nuovi tempi, la nascita dei cosiddetti “non luoghi” (riprendendo la definizione di Marc Augè) costringono l’osservatore a una sensibilità nuova, alla conservazione consapevole di quel mondo in pericolo: «custodire la memoria del passato e costruire il futuro». Così il discorso narrativo si articola in una lunga domanda, in continui botta e risposta euforici tra Storia, Memoria, Scienza e Immaginazione.
Il Lettore è immerso in questa rapsodia e, come Stella, comprenderà l’arduo compito di cui è investito, anche lui sommerso da quei pensieri, pensieri che sono «come una slavina». Entrare in questo mondo incredibile aiuta ad affinare la sensibilità che Andre De Lotto stimola con soluzioni tutte creative, senza escludere le nuove tecnologie e le scienze, supporto adeguato, non necessariamente avverse alla Natura. L’obiettivo è complesso, «modificare senza alterare», aiutare questi paesaggi a ergersi ancora sulle «generiche maglie della città artificiale», senza però cancellarne il passato.
La missione suggerita dalle Voci
Al solo osservare le fotografie di questa montagna incantata non si può far a meno di entrare in sintonia con l’urgente missione di De Lotto, impegnato negli ultimi anni nello studio dei territori d’altra quota di San Vito di Cadore. La sua scelta di far parlare Voci in dialetto (per la cui spiegazione si rimanda a Menegus Tamburin) è dunque modo ulteriore di vivificare quel mondo. In questo palcoscenico di Voci l’augurio dell’Autore è quello prima di tutto di formare una «cultura dello sguardo», perché tutto parte dall’osservazione. Osservare si evolve in conoscere tramite gli adeguati supporti, e conoscere un tale mondo esclude quasi totalmente la possibilità di non amarlo
e atto d’amore è stato quello di rendere questa realtà protagonista della sua nuova opera.
Gli occhi di Stella sono gli occhi di Andrea De Lotto e come lui la protagonista non può che dire: «Sono azzerata, sfiancata. Certe scene hanno un potere enorme».