Letteratura caraibica, la straordinaria vitalità di un’area del globo dove l’America, l’Africa e l’Europa si sono incontrate
Il termine Caraibi è usato per indicare l’arcipelago delle Antille nel Golfo del Messico, situato fra il continente nordamericano e quello sudamericano. Le Grandi Antille sono le isole di Cuba, Hispaniola (divisa tra Haiti e Repubblica Dominicana), Portorico e la Giamaica; invece, le Piccole Antille raggruppano nazioni insulari come Saint Kitts and Nevis, Trinidad e Tobago, le Barbados, le Bahamas e Saint Lucia, nonché Martinica e Guadalupa (in territorio francese) o Aruba e Curaçao (in territorio olandese). Da un punto di vista culturale, queste isole sono state luogo di sincretismo fra la cultura dei colonizzatori europei (spagnoli, portoghesi, francesi, inglesi e olandesi), dei nativi amerindi e degli schiavi africani. È interessante occuparsi della questione della letteratura caraibica, la quale ha suscitato l’interesse di molti ricercatori euroamericani nel corso dello scorso secolo.
La letteratura caraibica e il suo ricordo delle radici europee, il caso culturale di Derek Walcott e del suo canzoniere Omeros
La docente di Letteratura inglese dell’Università degli studi di Bologna Maria Antonietta Saracino e il suo collega di Letteratura ispanoamericana Stefano Tedeschi, dell’Università degli studi La Sapienza di Roma, hanno trattato questo tema in uno studio pubblicato sulla rubrica letteraria Griselda online dell’ateneo bolognese, citando come primo caso di esame quello dei Caraibi anglofoni.
Molti di questi scrittori, poeti e romanzieri, magari appartenenti alle seconde generazioni, hanno deciso di rievocare le loro terre natie nelle proprie opere. Il Golfo del Messico e quelle isole diventano un luogo mitologico, favoloso ed eroico, in questo modo vengono recuperate le radici culturali e letterarie europee, quindi il Mar caraibico si tramuta in un nuovo Mediterraneo con le sue storie di eroi e mitiche imprese. Negli anni Novanta, il poeta santaluciano Derek Walcott pubblicò la sua opera Omeros, con la quale vinse il Premio Nobel per la Letteratura nel 1992.
Come affermato dai due professori, in Omeros abbiamo una riscrittura delle opere di James Joyce, Thomas Stearn Eliot, Dante ed Omero in un contesto paradisiaco e tropicale, le poesie in terzina dantesca ci conducono in quei luoghi esotici per noi lettori europei, un vero e proprio viaggio di ritorno a casa come quello compiuto da Ulisse. Il rapporto con le radici europee di questo scrittore, il quale si è definito «[…] un negro rosso che ama il mare, […] , ho in me dell’olandese, del negro e dell’inglese, sono nessuno, o sono una nazione», è il seguente: i Caraibi, l’Africa e l’Europa si incontrano per dar vita a qualcosa di nuovo. Walcott rispetta la cultura europea, eppure preferisce non idolatrarla, in quanto il Vecchio continente è il luogo della tradizione letteraria preesistente e della celebrazione dei grandi del passato, ma anche luogo di vizi e del cinismo che sta approdando nei Caraibi.
L’isola di Cuba e l’orgoglio della propria condizione socio-culturale
Abbandonando i territori colonizzati dagli inglesi, Sarracino e Tedeschi si concentrano sull’isola di Cuba e la sua storia millenaria. Divisa tra la precedente madrepatria spagnola e la presenza (invasiva) degli Stati Uniti nel corso del Novecento, tale paese ha scelto di farsi portavoce della letteratura caraibica e di dare la vita ad una nazionale, pur in continuità con quella spagnola.
Roberto Fernández Retamar è l’autore di Calibano. Saggi sull’identità culturale dell’America Latina (2002), il quale ripropone il personaggio di Calibano dell’opera teatrale La Tempesta di William Shakespeare. Il personaggio, descritto dal drammaturgo di Stratford-upon-Avon come un selvaggio che viveva sull’isola prima dell’arrivo di Prospero e Miranda, diventa il simbolo del meticciato, di quegli abitanti di Cuba figli di culture diverse e spesso accusati di essere dei selvaggi.
Tra i capolavori della letteratura caraibica abbiamo Paradiso di José Lezama Lima, pubblicato nel 1966. Il romanzo racconta la vita di José Cemí Olaya, un aspirante poeta cubano, ma offre anche scene di vita quotidiana della sua famiglia ed episodi della Rivoluzione. Paradiso è il racconto dell’iniziazione all’attività poetica, dove il surrealismo e il barocco europei sono combinati alla volontà di inserire una dimensione magica nella realtà. Si tratta del realismo magico descritto da Alejo Carpentier e usato per riferirsi ad autori latinoamericani come Gabriel García Márquez.
La créolité di Patrick Chamoiseau, come celebrare le proprie radici africane
Infine, l’ultimo caso interessante della letteratura caraibica è quello di Patrick Chamoiseau, affrontato anche dallo studioso Paolo Zanotti nella sua opera Dopo il Primato. La letteratura francese dal 1968 ad oggi.
Originario di Martinica, Chamoiseau rivendica con orgoglio la sua créolité, cioè l’essere un creolo. Tale termine, come riportato dal dizionario Treccani, deriva dallo spagnolo criollo e dal portoghese crioulo con il significato di «meticcio, servo nato in casa» e, in precedenza, di «pollo nato in casa». In passato era usato per indicare gli Europei o i Neri nati nelle colonie; ma, successivamente, è stato designato per tutti i meticci dei Caraibi. Chamoiseau nel suo Éloge de la créolité descrive questa condizione propria e di molti colleghi romanzieri:
Senza visione interiore l’Antillanità non è accessibile. E la visione interiore non è niente senza la completa accettazione della creolità. Ci proclamiamo creoli. Dichiariamo che la creolità è il cemento che tiene unita la nostra cultura e deve reggere le fondamenta dell’Antillanità. La Creolità è l’aggregato in cui interagiscono e transagiscono gli elementi culturali caraibici, europei, africani, asiatici e levantini che la necessità della Storia ha riunito sullo stesso suolo […] La nostra Storia è un intreccio di storie. […] Siamo l’Europa e siamo l’Africa. La Creolità è «il mondo diffratto ma ricomposto», un vortice di significati in un unico significante: una Totalità.
L’opera più interessante della Letteratura caraibica francofona è il suo romanzo Texaco, pubblicato nel 1992 e vincitore del Premio Goncourt. Chamoiseau, così come Lima e Walcott, decide di raccontare una vicenda epica di una comunità. Il narratore-protagonista ascolta il racconto di Marie-Sophie, la quale rievoca la sua vita e quella del padre e del nonno fino ad arrivare ai suoi antenati sbarcati come schiavi nella colonia francese. L’obiettivo del romanziere è quello di raccontare l’epica storia di Texaco e dei suoi abitanti, un quartiere della città martinicana di Fort-de-France, il quale prende il nome da un’azienda petrolifera statunitense ancora oggi esistente. L’autore si avvale del francese creolo e non quello accademico europeo per offrire delle sfumature esotiche ai suoi personaggi e alle sue storie.
Fonte immagine di copertina: World History Encyclopedia
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