L’infermiera di Auschwitz di Anna Stuart | Recensione

L'infermiera di Auschwitz di Anna Stuart | Recensione

Anna Stuart è una scrittrice statunitense, nota soprattutto come autrice di una trilogia che esplora i soggetti trattati da Shakespeare come: Ophelia e Cordelia. Con il libro “L’infermiera di Auschwitz” riscosse un enorme successo. Si tratta di un racconto su un evento tragico, la Shoa, di cui viene messo in evidenza, soprattutto, il tema della disumanizzazione. Inoltre, nel romanzo vengono presentati due personaggi realmente esistiti: l’ostetrica Stanislawa Leszczynska e la staffetta Mala Zimetbaum.

In quest’articolo si presenterà la trama e si proporrà una recensione del libro “L’ infermiera di Auschwitz” di Anna Stuart. 

Trama

Nel libro l’infermiera di Auschwitz tutta l’attenzione è focalizzata soprattutto sulle vicende dei personaggi, sui rapporti interpersonali, sui bambini nati nel campo. Il focus del romanzo è la forza della vita, che irrompe con prepotenza nonostante la morte. Questo libro racconta la storia di Ana Kaminski, una ragazza che è stata deportata, insieme alla sua amica Ester Pasternak, ad Auschwitz. Il campo di concentramento di Auschwitz fu un complesso di ben 40 campi di sterminio, nella città di Oświęcim, dove trovarono la morte 1,1 milioni di persone. I primi deportati iniziarono ad arrivare già nel 1940. Giunti a destinazione, sotto gli occhi del “personale medico” delle SS, avveniva la prima tragica selezione: mediamente solo il 25% dei deportati era dichiarato abile al lavoro, il restante 75% (donne, bambini, anziani, madri con figli) era automaticamente condannato a morire. 

Protagoniste

Il libro l’infermiera di Auschwitz ha come protagoniste Ana, che dice di essere un’ostetrica, ed  Ester presentata come sua assistente. Una volta tatuate con il numero di riconoscimento dei prigionieri del campo, sono assegnate al capannone dove le donne incinte vengono fatte partorire. Mentre tiene in braccio un neonato venuto al mondo in quell’inferno, Ana si rende conto che il destino di tantissimi bambini potrebbe essere nelle sue mani e giura a sé stessa che farà il possibile per salvarli. Pochi giorni dopo, le SS portano via un neonato dalla madre, Ana è distrutta dal dolore, ma mentre consola la donna sconvolta, le viene in mente che forse potrebbe esserci un modo per preservare quel legame. Ana, con un coraggio che non sapeva di possedere, prende una decisione che cambierà la vita di centinaia di persone: lei ed Ester cominciano a tatuare di nascosto ogni neonato con lo stesso codice identificativo della madre, così che possano, un giorno, ritrovarsi.

Recensione

Il libro l’infermiera di Auschwitz di Anna Stuart mi ha insegnato tante cose. L’uomo sa essere crudele ma è anche capace di gesti stupendi. Libro ben costruito, a volte molto duro ma necessario per addentrarsi nella realtà di un campo di sterminio dove poche persone mantengono dignità, speranza e umanità. La forza delle donne traspare in tutto il libro: nel combattere per dare alla luce i loro figli in un luogo dove tutto è morte, nella dignità di una madre che si avvia alla camera a gas con il figlio al seno, nella disperazione di chi, come Ana e Ester, ha fatto il giuramento di curare per poi ritrovarsi impotenti ad assistere ogni giorno ad atti di crudeltà ed efferatezza. È una forza che ritrovi negli occhi di chi è sopravvissuto, di coloro che quasi provano vergogna nell’essere tornati quando milioni di altri non sono riusciti a farlo. La memoria è qualcosa che, forse, impedirà che nel futuro la storia possa ripetersi.

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