Lisa Ginzburg: la Pura invenzione che ci salva

Lisa Ginzburg: la Pura invenzione che ci salva

In occasione della Giornata mondiale del libro, la casa editrice Marsilio ha scelto come regalo di fine aprile i titoli della collana PassaParola. Fra questi, “Pura invenzione” di Lisa Ginzburg.

PassaParola è un progetto editoriale che si fonda sul legame affettivo che lettori e scrittori della nostra contemporaneità stringono da sempre con i classici della letteratura mondiale. A partire dalla rinomata massima di Italo Calvino sull’atto d’amore che è la lettura, Marsilio apre uno spazio che dal momento fondamentale della fruizione si estende al racconto di vita. Ogni scrittore si lascia attraversare dalle parole di un maestro spirituale, individuato tra gli scaffali della propria esperienza.

Lisa Ginzburg, scrittrice e saggista, ripercorre il suo vissuto tra i punti dell’acrostico di un nome che è diventato leggenda, per le suggestioni che non smetterà mai di evocare: Frankenstein. Ad ogni capitolo una lettera, in un percorso che parallelamente rivela i retroscena salienti dell’opera di Mary Shelley e quelli della vita della Ginzburg. La ricostruzione del percorso artistico e della nascita del mito diventa atto di composizione dell’io.

Entrambe figlie d’arte, Mary Shelley e Lisa Ginzburg: la prima, figlia della filosofa femminista Mary Wollstonecraft e del filosofo politico William Godwin; la seconda, della storica del femminismo Anna Rossi-Doria e dello storico Carlo Ginzburg. Entrambe trovano nella pura invenzione la forza dell’espressione e un mezzo per affrancarsi. «Essere me stessa. Inventando: non in altro modo avrei potuto». La citazione della Ginzburg sembra dar voce anche al pensiero della sua ispiratrice, nel processo di rispecchiamento alla base di questo ideale dialogo. Creare diventa sinonimo di rigenerarsi, «ripartorirsi» come si legge in Pura invenzione. Inventare vuol dire anche esorcizzare il troppo pensare, astrarsi per divenire in una dimensione di completa libertà.

Se già la nonna Natalia aveva rinnovato il modo di raccontarsi quando in Lessico famigliare aveva preferito riportare gli eventi in base alla memoria emotiva, oggi Lisa Ginzburg realizza un racconto di sé che non può prescindere dal peso del ricordo. Un percorso di vita dall’infanzia all’età adulta, lungo il titolo memorabile del romanzo di Mary Shelley. Frankenstein: la storia di un figlio deluso dalla violenza paterna, culminata nella morte che risolve un duplice tormento. «Per uno, il tormento di aver creato; per l’altro, la terribile pena di essere stato creato».

L’attenta analisi di Lisa Ginzburg si districa dalla prima all’ultima lettera del nome di questa creatura disamata, formando un acrostico: la felicità di ritrovarsi nell’invenzione, provata da chi crea e a da chi riceve; la rabbia come espressione di un malessere sotteso e in agguato; le asimmetrie dei rapporti sentimentali; la notte dalla cui oscurità si viene salvati grazie all’attività creativa; il caos della deformità, ragione di un «disordine emotivo» che è principio di tutte le cose, da accettare e da accogliere; l’eros scaturito dalla rilettura comica del romanzo, Frankenstein Junior; il nessuno che è un bambino senza nome, o anche quello che siamo noi, nel tentativo di liberarci dal nostro; il sogno, potente come quello del romanzo di Arthur Schnitzler, in contrapposizione con il reale; la terra, che rende forte la prosa, poiché tutti desiderano una casa; l’errore, connesso all’errare; l’invenzione, per sfuggire alla realtà; la nascita, infine, poiché «nasci a te stesso quando trovi la tua voce, nel momento in cui avverti come la realtà prenda forma in funzione del tuo potere di nominarla».

Il romanzo di Mary Shelley nasce dal gran trambusto che era la sua vita. La letteratura risulta essere una storia universale, e chiunque legga vi può prendere parte, rispecchiandosi in essa e nei suoi personaggi. Ritroviamo, come Lisa Ginzburg, anche i nostri tratti in Frankenstein, una storia di desideri inappagati e delusioni. Si può però anche scovare nella finzione uno sfogo e una piena realizzazione, «in questa epifania che coniuga la nascita di un romanzo alla rinascita di sé».

Immagine: Huffington Post

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Carolina Borrelli (1996) è iscritta al corso di dottorato in Filologia romanza presso l'Università di Siena. Il suo motto, «Χαλεπὰ τὰ καλά» (le cose belle sono difficili), la incoraggia ogni giorno a dare il meglio di sé, per quanto sappia di essere solo all’inizio di una grande avventura.

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