La rivoluzione napoletana e Napoli 1799
Napoli 1799. Fin dal titolo del suo libro, Ciro Raia definisce le coordinate spaziali e temporali che ne costituiscono la materia. Napoli 1799. Un sogno di libertà (Napoli, Alessandro Polidoro Editore) definisce anche nel sottotitolo la caratterizzazione degli eventi a cui si riferisce. La Rivoluzione partenopea è un ‘sogno’, e come tale va intesa nel suo senso etimologico: di breve durata, effimera, che pone i protagonisti in un mondo “altro”, un mondo ancora ideale che si scontra con la caotica realtà dei fatti.
Napoli 1799: il tempo e la storia della Rivoluzione partenopea del 1799
Le intenzioni di Ciro Raia in Napoli 1799 si evincono alle soglie del saggio, in particolare nella dedica e nell’epigrafe: «Ai giovani cittadini studiosi». A queste parole di Nicola Fiorentino, come ricorda Raia, avvocato e professore di matematica giustiziato nel dicembre del 1799, corrispondono le parole di Vincenzo Cuoco: «La memoria del passato deve essere per ogni uomo, che non odia la patria e se stesso, il più forte stimolo per amare il presente».
Napoli 1799, oltre a essere un saggio storico, è un monito e un memento alle giovani generazioni al fine di preservare la memoria del passato e definire la propria identità politica e morale. Si tratta di un fine pedagogico che tenta di raggiungere il suo obbiettivo attraverso la narrazione di cause ed effetti che hanno generato gli eventi della breve vita della Rivoluzione partenopea del 1799. Attraverso una prima analisi sociale e storica della Napoli degli anni 1792-1799, si pongono le premesse per chiamare in causa i personaggi principali della storia della Rivoluzione Napoletana. Dalle pagine di Raia relative agli anni precedenti alla Repubblica Partenopea emerge il carattere di un evento storico prossimo e inevitabile a causa di continue azioni e reazioni suscitate dalle idee giacobine francesi tradotte a Napoli. Figure come il “Re Lazzaro” Ferdinando IV o la regina Maria Carolina d’Austria e il generale francese Championnet, campione delle idee rivoluzionarie francesi, diventano emblemi di pensiero che nella mente di intellettuali come Renato Serra o Eleonora De Fonseca Pimentel si scontrano, nella speranza di veder sfavillare il lume repubblicano.
Il racconto e la storia in Napoli 1799
In merito alla scrittura, fatti e personaggi prendono forma in una narrazione che a mano a mano costruisce dapprima lo scenario entro il quale si collocano le vicende e il tempo in cui esse avvengono, e in seguito vengono delineati i profili dei personaggi che vi presero parte, come nel caso ad esempio dei capitoli dedicati ai monarchi partenopei o il liberatore Championnet, intrecciando storia e aneddotica al fine di definire delle personalità a tutto tondo. Si delineano tutti i passaggi che determinarono le circostanze politiche, militari e sociali della nascita della Repubblica partenopea. Intessuto nel racconto è inoltre presente un elemento cardinale per comprendere quelli che erano gli umori portati dal vento rivoluzionario: sono infatti di frequente riportati versi che al tempo circolavano tra il vulgus e che aiutano a comprenderne l’orientamento. Si tratta di una vox populi che si mostra sia clemente, sia inclemente verso la rivoluzione in quanto ad esempio, come è infatti accaduto, manipolata dalle idee conservatrici da quella parte chiesa appunto conservatrice simboleggiata dal cardinale Ruffo a cui, va detto, si opposero orientamenti religiosi filorepubblicani incarnati ad esempio dal cardinale Zurlo, da sacerdoti e vescovi meridionali.
In questo senso Raia pone l’attenzione, oltre che sugli aspetti positivi della dichiarazione della repubblica, anche su quelli successivi ad essa che dimostrano come una forma di collaborazione e indipendenza dalla Francia, tanto aspirata dai napoletani, dovette cedere a gravi forme di subordinazione politica. Infatti, nonostante gli editti promulgati da Championnet a favore della neonata Repubblica, il suo allontanamento e le imposizioni economiche sono l’elemento tangibile delle impossibilità del progetto repubblicano.
Il successivo scontento del popolo, per questo facilmente manovrabile dalle truppe sanfediste, sono indizio di quella “rivoluzione passiva”, di cui parlò Vincenzo Cuoco, che per essere portata a termine necessitava del continuo appoggio del popolo, che invece venne a mancare nonostante, tra l’altro, la Dichiarazione dei diritti e dei doveri dell’uomo, del cittadino, del popolo e de’ suoi rappresentanti.
A nulla valsero i numerosi giornali propugnatori di idee repubblicane, come ad esempio il Monitore napolitano diretto da Eleonora De Fonseca Pimentel, o l’Albero della Libertà eretto a Castel Sant’Elmo nel gennaio del 1799.
Il fervore dei lazzari che ritornavano a capo chino sotto l’ala “protettrice” dei sanfedisti di Ruffo determinarono così il risveglio da un sogno, quello repubblicano, forse allora troppo prematuro. E dunque, in Napoli 1799, in cui emerge a più riprese la filigrana costituita dal Saggio storico sulla Rivoluzione di Napoli di Vincenzo Cuoco, Ciro Raia con intento pedagogico racconta la storia di un’epoca napoletana durata solo pochi mesi, di un tempo che non è soltanto Storia, ma soprattutto vita quotidiana.