Novecento di Alessandro Baricco nasce come un monologo teatrale pubblicato nel 1994. L’autore lo compose per l’interpretazione magistrale di Eugenio Allegri, guidato dalla regia di Gabriele Vacis. Il testo, dunque, è definito come una via di mezzo tra una messa in scena e un monologo interiore.
La trama de Novecento di Alessandro Baricco
L’opera si apre con la voce in prima persona di Tim Tooney, un trombettista che per sei anni è stato a bordo del transatlantico Virginian come musicista, ed è proprio lì che ha conosciuto Danny Boodmann T.D. Lemon Novecento. Oltre il nome piuttosto insolito, Novecento è riconosciuto in lungo e in largo per essere il più grande pianista al mondo. La sua musica, che sembra provenire da un altro pianeta, non è mai stata ascoltata sulla terraferma, questo perchè il pianista non è mai sceso dalla nave. La sua storia sembrerebbe essere frutto di fantasia per il trombettista, che si avvicina a Novecento per caso, diventando poi uno dei suoi migliori amici. Il piccolo pianista, 27 anni prima dell’incontro con Tim, era stato lasciato in una cassa di limoni proprio sul pianoforte della sala principale del Virginian. Fu il macchinista nero Danny Boodmann a trovarlo e fargli da padre, insegnandogli l’amore per il mare e la passione per il pianoforte sin da bambino. La sua bravura è talmente rinomata che Jelly Roll Morton, indicato come “l’inventore del jazz“, decide di salire a bordo del Virginian per sfidare a duello Novecento. Il monologo di Alessandro Baricco sulla vita di Novecento continua in un turbine infinito di alte e basse maree, sino al suo tragico epilogo alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
La recensione de Novecento di Alessandro Baricco
Novecento di Alessandro Baricco non è un romanzo o una poesia: è musica. Le parole sono note per l’anima che si incastrano creando un’armonia perfetta. È un viaggio ma senza mai lasciare il porto: il racconto di una vita che sembrerebbe contenerne altre mille al suo interno. Questo perchè Novecento vive attraverso i racconti dei passeggeri del Virginian, assaporando le loro storie, guardando attraverso i loro occhi. La morale dell’opera, però, è il vero elemento significativo: la vastità del mondo che ci risucchia non lasciandoci la possibilità di galleggiare. Di fatti la vita del protagonista di Novecento è sospesa tra la musica e l’oceano, da cui non riesce a separarsi mai, neanche davanti alla vista della maestosa New York. Di fronte a tale vertigine, la soluzione spontanea è veramente quella di restarsene sulla propria nave, al sicuro. Ed è quello che fa, fino alla fine, ancorato al timone della sua stessa vita. Ecco la sua libertà: quella di scegliere il proprio destino, il proprio porto.
«La terra, quella è una nave troppo grande per me.»
Fonte immagine in evidenza: Feltrinelli Editore