Poesie di Juan Ramón Jiménez: 4 per capire le sue fasi

Poesie di Juan Ramon Jimenez: 4 per capire le sue fasi

Juan Ramón Jiménez è considerato uno dei principali esponenti del movimento artistico e letterario spagnolo del Novecentismo, che si sviluppa tra il 1910 e il 1930. La parola fu usata per la prima volta dallo scrittore catalano Eugenio d’Ors, che utilizzò il termine Noucentisme per riferirsi al nuovo gusto di un gruppo di scrittori che intensificarono in questi anni la loro attività. Le poesie di Juan Ramón Jiménez si evolvono insieme all’autore e vedono varie fasi, e in quella iniziale si accostano maggiormente allo stile tipicamente modernista, con l’influenza di poeti come Antonio Machado.

Il Novecentismo si allontana da ogni forma di estetismo e sentimentalismo. Al suo posto, subentra invece un certo intellettualismo, anche per l’influenza delle teorie freudiane. Soprattutto nella seconda fase delle poesie di Juan Ramón Jiménez, si può notare una continua riflessione sulla parola, sullo studio della poesia, il ruolo del poeta e sul concetto di identità, con uno stile che diventa sempre più essenziale e più vicino alla lingua della prosa, ma non per questo meno poetico.

Vediamo quali sono le fasi che attraversano le poesie di Juan Ramón Jiménez e la loro evoluzione attraverso alcuni dei suoi componimenti più belli:

1. Da La Soledad sonora, I

Questa è una delle poesie di Juan Ramón Jiménez che appartiene alla prima fase, in cui c’è ancora il richiamo al modernismo. Con certo intimismo, infatti, l’autore si proietta nell’uccello, al quale pone domande, ma in realtà le sta ponendo a se stesso. Quindi, nonostante si senta l’estetica modernista, nei simboli e negli elementi naturali, sono innovative le domande che pone al suo io, per conoscersi.

«Uccello errante e lirico, che in questa fiorente
Solitudine della domenica, vagli per i miei giardini,
Dall’albero all’erba, dall’erba alla fonte
Piene di foglie d’oro e caduti gelsomini
Cosa dice la tua voce debole al sole della sera
che sogna dolcemente dalle vetrate?
Sei, come me, triste, solitario, codardo,
Fratello del silenzio e della malinconia?
Hai un’illusione da cantare all’oblio?
Una nostalgia eterna da mandare al tramonto?
Un cuore senza nessuno, tremolante, vestito
Di foglie secche, di oro, di gelsomini e di raso?»

2. Da Poemas agrestes, El viaje definitivo

Anche questa è una delle poesie di Juan Ramón Jiménez della prima tappa. Da un lato, emerge il confronto tra mondo interiore ed esteriore, ma non è più così simbolista. Continua l’indagine su se stesso, nel tentativo di comprendere cosa ne sarà del mondo quando lui non ci sarà più.

«…E me ne andrò.
E resteranno gli uccelli a cantare:
e resterà l’orto,
col suo albero verde
e col suo pozzo bianco.

Ogni sera
il cielo sarà azzurro e placido:
e suoneranno, come questa sera,
le campane del campanile.

Moriranno quelli che m’amarono,
e la gente si rinnoverà ogni anno:
e in quell’angolo del mio orto
fiorito e incalcinato
il mio spirito errerà, nostalgico.

E me ne andrò: e sarò solo, senza focolare,
senza albero verde, senza pozzo bianco,
senza cielo azzurro e placido…

E resteranno gli uccelli a cantare.»

3. Da Diario de un poeta recién casado, Soledad

Le poesie di Juan Ramón Jiménez del suo Diario, segnano un’importante tappa, perché da qui in poi nella poesia si aggiungono elementi più prosaici. Seppur il poeta si identifichi nelle onde del mare, l’elemento principale è quello dell’indagine sull’identità, sulla possibilità di conoscere e la dimensione del pensiero. Vediamo in questo modo una poesia con maggiore intellettualismo.

«In te sei tutto, mare, e tuttavia
come sei senza te,
solo, e lontano, sempre, da te stesso!
Aperto in mille ferite, ogni istante,
come la fronte mia,
van le tue onde, come i miei pensieri,
vengono, vanno e vengono,
baciandosi, lasciandosi,
in un eterno conoscersi,
mare, e dimenticarsi.
Sei tu, ma non lo sai,
batte il tuo cuore in te ma non lo sente…
Che colmo di solitudine, mare solo!»

4. Da Eternidades, Intelijencia

Infine, questa è una delle poesie di Juan Ramón Jiménez della seconda (e ultima) tappa. In essa, parla direttamente con l’intelligenza. È l’arrivo ad una poesia nuda, essenziale, senza troppi adorni. Emerge qui il modo in cui l’autore concepisce la poesia, il pensiero, ma anche il ruolo del poeta, che si identifica con la poesia stessa. La parola poetica deve corrispondere alla cosa reale a cui fa riferimento, deve spogliarsi così di ogni forma di sentimentalismo.

«Intelligenza, dammi
il nome esatto delle cose!
….La mia parola sia
la cosa stessa,
creata dalla mia anima di nuovo.
Per mezzo di me vadano tutti
quelli che non le conoscono, alle cose;
per mezzo di me vadano tutti
quelli che le dimenticano alle cose;
per mezzo di me vadano tutti
quelli che le amano, alle cose…
Intelligenza, dammi
il nome esatto, e tuo,
e suo, e mio, delle cose!»

Fonte immagine in evidenza: Wikimedia commons

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