Recensione di Quello che non sai, lo strabiliante ed emozionante romanzo della scrittrice Susy Galluzzo edito da Fazi Editore
Michela, detta Ella, ha passato gli ultimi anni a crescere la figlia Ilaria, dedicandosi a lei in ogni momento anche a scapito del suo lavoro di medico e del rapporto con il marito Aurelio. Ella conosce tutte le manie e le ansie di Ilaria, sa quanto è brava a tennis ma anche quanto le è difficile concentrarsi a scuola.
Dopo un allenamento, Ilaria si distrae guardando il cellulare, ferma in mezzo alla strada, mentre una macchina avanza veloce verso di lei. Ella non fa niente per avvisarla: rimane immobile a osservare la figlia che, salva per un soffio, se ne accorge. In quell’istante, inevitabilmente, tra loro si rompe qualcosa.
Quello che non sai, recensione
Quello che non sai è un romanzo sulla maternità e sul timore di non essere mai all’altezza. Attraverso la storia di un distacco necessario, narrata in un crescendo di sentimenti contrastanti, l’autrice inscena il fallimento personale della protagonista cambiando continuamente prospettiva in un gioco psicologico complesso e molto appassionante.
Fin da subito, il romanzo mette alla luce l’argomento principale: un passaggio di frasi, emozioni e vicende che si alternano in tre punti, Ella, Aurelio e Ilaria.
Il nucleo familiare di cui si parla non brilla di una luce perfetta e, fin dall’inizio, nel profondo delle dinamiche, si evincono problemi irrisolti e forti tensioni.
Michela, detta Ella, è uno dei personaggi cardini della storia. Il libro, di fatto, si compone essenzialmente dal suo punto di vista, lato della storia che troverà la sua massima esposizione nelle continue lettere dedicate a sua madre. Ella è una ex cardiochirurgo che, in seguito ad un dramma, decide di cambiare rotta lavorativa. È una donna decisa e forte che, trovatasi in balia di numerosi eventi, cambia faccia, tradendo sé stessa e quelli che la amano. La trasformazione della donna è repentina e veloce, in ogni parte del libro, non è mai la stessa. Michela passa da status e ruoli assolutamente agli antipodi, è mamma chioccia, eccellente lavoratrice, instancabile donna del focolaio, è la moglie della Roma bene, è persino autonoma, indipendente e distaccata dai bisogni di sua figlia Ilaria.
Saranno molte le vicende che la riguarderanno in prima persona, soprattutto per ciò che concerne il rapporto figliare. Michela, infatti, testimonierà più volte di come sia stato facile e bello essere figlia, piuttosto che diventare madre, scelta che dapprima rifiutava categoricamente. Il romanzo indaga da vicino il tabù che ancora oggi contraddistingue la realtà odierna. Nella sostanza, si avverte in più punti, di come il diventare madre non sia la scelta felice e spontanea delle giovani di oggi, quanto piuttosto una decisione obbligata, pregna di morale, costrizione, e intesa con la naturalità delle cose. Michela diviene prima l’angelo bianco, incarnando poi la figura di una donna che ha voglia di pensare a sé stessa, talvolta quasi in preda al pentimento di aver messo al mondo una vita difficile da controllare.
La figura di Aurelio, invece, certamente più stereotipata, incarna in maniera perfetta, la figura dell’uomo stakanovista e distaccato dai bisogni emotivi altrui. Aurelio più volte, all’interno della narrazione, è abile inquisitore, la parte buona dell’equilibrio genitoriale, nonché abile bugiardo. Aurelio passa dall’essere parte attiva della storia e delle scelte altrui all’essere un personaggio marginale, le cui scelte non aggiungono né sottraggono pathos. È la figura incasellata bene in una professionalità perfetta, in mezzo al desiderio di essere un buon padre, e l’intenzione maldestra di essere anche un buon marito, intenzione che viene disillusa di continuo.
Il personaggio “collante” è senz’altro quello di Ilaria. La figlia della coppia, sembra essere quasi un miracolo mandato dal cielo. La gravidanza mai sognata, infatti, mescola del tutto le carte, cambiando in maniera radicale decisioni, aspirazioni e scelte. Grazie al suo personaggio il libro della Galluzzo potrà indagare da vicino la difficoltà di avere “un disturbo ossessivo compulsivo”. Tale condizione psicologica è spiegata in maniera evocativa, trasformando quasi la ritualità del disturbo, in un espediente letterario senza pari. Sarà il numero tre, quello intorno al quale, ruoteranno tutte le sue scelte. Ilaria passerà dall’essere un’atleta devota, al rincorrere il desiderio adolescenziale che muta e cambia in maniera totale ogni scelta di vita. Il rapporto madre-figlia, giocherà un ruolo fondamentale nella narrazione. Saranno molti i momenti dove sembrerà essere essenziale mamma Ella per Ilaria e viceversa. Altri momenti invece, saranno pregni di odio, commiserazione e punizioni quasi alla stregua della normalità, dove una scapperà all’altra, per mettersi al riparo dalla furia reciproca.
L’entrata in scena della psicoterapia, grazie alla dottoressa Becca, sarà sia evento salvifico, la molla in grado di far scattare ogni equilibrio.
Nella seconda parte del romanzo ci si imbatterà in un cambiamento drastico. La vita di Michela e di tutti gli altri personaggi della storia, si mescoleranno a quella di altri. Nuovi ingressi in famiglia, di fatto, renderanno gli equilibri ancora più in bilico, dando per sempre scacco matto a ciò che si conosceva prima di allora.
Nella terza ed ultima parte, si assisterà ad un salto in avanti di tre anni. I personaggi ormai cambiati dal tempo e dalle scelte, sembreranno avere una maturità e una luce nuova. I nuovi scenari di vita, la freschezza di nuovi oggetti e colori, l’esposizione a nuove piazze e vecchie chiacchiere, permetterà l’arrivo di importanti novità. La vita di Michela, si mescolerà definitivamente a quella di Michele, il ragazzo della porta accanto, che insieme al suo sorriso e alla sua giovinezza, sarà germe e fiore di qualcosa di inaspettato. Tale novità riporterà indietro Ella di tanti anni, nella risoluzione massiccia dei suoi demoni.
Tutto il libro, costituito sull’espediente epistolare, è ricco di emozioni. Michela, per tutto il tempo, sarà la parte attiva di un colloquio su carta e tulipani dove confessare a sua madre, ormai dipartita, ogni paura, segreto, desiderio e mancanza. Attraverso le righe della Galluzzo, ci si imbatterà in maniera decisa ed intima in un rapporto madre-figlia che non si è estinto neppure dinanzi alla morte.
Solo nelle pagine finali, si potrà leggere una confessione determinante, che spiegherà molte cose di tutto il romanzo. Le righe cariche di angoscia e paure trasportano il lettore in ambienti angusti dove la cosa giusta, seguita dall’esplosione improvvisa dell’istinto, diviene la cosa più sbagliata allo scatto del decimo secondo. In un turbinio di emozioni in salita, dove le carte, mescolandosi di continuo, a volte perdono il senso e la direzione.
Quello che non sai è un romanzo vero. È emozionante e veloce, è scritto con sapiente minuzia e con lo slancio di chi intende raccontare a voce alta ciò che si è amato, ciò che si è odiato, e ciò che si è omesso, tutto insieme, per voltare finalmente pagina ad un nuovo inizio.
È il romanzo adatto a chi ha paura di essere madre ma intende diventarlo, a chi lo è già e a volte è assediata dai dubbi, e a chi intende rinunciarvi senza sentirsi un alieno. È un romanzo adatto a tutti, specie a chi ha voglia di sentirsi un essere umano. Un romanzo cucito e pensato in un giardino di tulipano, dove chi segue il cuore, alla fine, vince sempre.
Immagine in evidenza: Fazi Editore