Lettere di guerra, un lavoro che riporta alla luce preziose testimonianze.
Numerosi sono stati, nel tempo, i documenti che attestano l’atrocità e i disagi della Seconda Guerra Mondiale. Parte di essi, conservati in Archivi di Stato, non hanno mai visto la luce, sono diventati carta ingiallita, testimonianza muta.
Tra i documenti più spesso dimenticati e ignorati, c’è la numerosa e ricca corrispondenza dei soldati italiani al fronte.
Il lavoro di Marina di Napoli, dal titolo Lettere di guerra, ha lo scopo di non lasciare nell’oblio questi preziosi documenti. Parole dal sapore di quotidianità, semplicità, speranza. È un lavoro di ricerca e catalogazione che, come lei stessa scrive nell’introduzione, ha un duplice ruolo: informare ed emozionare.
Sottotitolo: granelli di sabbia della seconda guerra mondiale.
Sì, perché questi documenti non sono che granelli in un’immensa distesa di terra – e macerie – che il secondo conflitto mondiale ha sparso attorno a noi.
Prima di presentare la corrispondenza raccolta, l’autrice ha delineato un dettagliato profilo storico dell’Italia di quel periodo, soffermandosi in particolare sugli effetti del conflitto nella città di Napoli.
È dunque la nostra terra a fare da sfondo ai sentimenti di guerra dei soldati, la Campania.
In appendice al lavoro c’è un indice di tutte le località citate, da Acerra a Valle di Maddaloni, passando per Napoli e provincia, fino a S. Agata sui due Golfi, e in seguito un indice di tutte le persone nominate nell’elaborato .
Raccogliere in un volume quelli che sono i documenti di guerra più autentici – le corrispondenze dei soldati al fronte, dei prigionieri di guerra, delle mogli, madri, sorelle in attesa – ricrea quel filo conduttore tra passato e presente. E quale modo migliore per raccontare la guerra che far parlare chi l’ha vissuta in prima persona?
E chissà che, sfogliando le numerose lettere che l’autrice ha selezionato dai documenti presenti negli Archivi di Stato di Napoli e la sezione dell’ANMIG di Caserta, molti non riconoscano il proprio cognome tra le firme o il proprio indirizzo, ritrovando in quelle parole scritte l’eredità dei propri avi.
Se in un primo momento l’autrice aveva pensato di romanzare nei documenti raccolti, la scelta è poi ricaduta su una più semplice ma efficace catalogazione delle missive. Perché, spiega Marina, sarebbe stato inutile caricare di sentimenti personali e individuali, frutto dell’autore, un documento che in poche righe – e senza filtri – riesce a far emergere di gran lunga gli stati d’animo dei soldati e dei loro cari.
Lettere di guerra: dall’entusiasmo all’amarezza
Il lavoro è strutturato seguendo un profilo ben preciso: dalle prime lettere catalogate dal fronte – dal sottotitolo “patriottismo dei soldati italiani” – si legge l’entusiasmo per quella che, almeno inizialmente, è pensata come una grande avventura, come la possibilità di un avvenire migliore. È forte il sentimento patriottico, la fiducia incondizionata nel “Duce” condottiero, il sogno di un riscatto sociale, morale, economico, promesso dalla propaganda fascista, novecento
Subito dopo però, viene messa in luce una realtà molto diversa dalle aspettative iniziali. Si viene a conoscenza della “quotidianità difficile di una guerra lunga”, cambia il registro delle lettere di guerra, il tono è amaro: dalla speranza si passa alle incertezze, alla precarietà. Per quello che consente la censura di guerra, emergono sentimenti di disperazione. Si vive di stenti, di miseria. Il fronte non è più il luogo della rivalsa, ma un territorio angusto che semina il terrore di una sconfitta.
Una sezione del libro è dedicata alla scrittura al femminile, che si presenta più accorata, più emotiva. Non c’è l’illusione di una vittoria, bensì spesso è l’invocazione a Dio il tema delle missive, accompagnate da preghiere di pace.
Ed è per questo che, come sottolinea Marina Di Napoli, la scrittura diventa, in quegli anni, uno strumento di sopravvivenza: per i soldati e per chi sopravvive a casa.
La storia della Seconda Guerra Mondiale è il racconto di un tempo che diventa sempre più lontano, soprattutto se si pensa ai lettori giovanissimi, i nati del nuovo millennio, alle generazioni di futuri adulti. A tutti quei ragazzi che non sono cresciuti con i nonni nati tra gli anni venti e trenta, e protagonisti del più grande conflitto mondiale.
Se si pensa a loro, ai ragazzi di oggi, molti non sanno nemmeno chi è “il Duce”, che cosa ha compreso per l’Italia del Novecento e l’influenza che ha avuto sugli italiani, eccetto un ritrovamento sui libri di scuola. E, comunque, non ne conoscono il volto, le movenze, i discorsi e l’appeal che riusciva a eseguire sulle masse.
È una storia, quella della Seconda Guerra Mondiale, che non viene più appresa dai bambini, ascoltando gli aneddoti che i reduci di guerra amavano raccontare: storie di bombardamenti, di religione, di stenti, di paura e angosce, storie di Fascismo e Resistenza.
Ed è anche alla luce di questa osservazione che il lavoro di Marina Di Napoli diventa ancora più prezioso.
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