Sonia Aggio, l’autrice del romanzo Nella stanza dell’imperatore è arrivata al Palazzo del Governatore di Cento per incontrare i lettori
Sonia Aggio, bibliotecaria e scrittrice di Rovigo, è arrivata al Palazzo del Governatore di Cento (in provincia di Ferrara) per parlare del suo ultimo romanzo pubblicato dalla casa editrice Fazi Editore: Nella stanza dell’imperatore. L’evento si è svolto venerdì 25 ottobre ed è stato organizzato dalla libreria indipendente locale Albatros di Cristiana Facchini. La titolare del negozio ha partecipato assieme al bibliotecario Stefano Barcolini e Mara Vulnerati, i quali sono stati invitati (rispettivamente) in qualità di moderatore e di lettrice di alcuni passi del libro.
Nella stanza dell’imperatore di Sonia Aggio, il romanzo storico ambientato nella Bisanzio altomedievale
Nella stanza dell’imperatore di Sonia Aggio è un romanzo storico che nasce dalla passione dell’autrice per la storia bizantina; ovvero, delle vicende socio-politiche di quella parte orientale dell’Impero romano sopravvissuta alle invasioni barbariche, un’area del Mediterraneo divisa fra l’Europa cristiana e il neoarrivato califfato islamico, i resti di un impero scomparso i cui attuali abitanti avevano abbandonato la sua originale cultura latina e abbracciando quella greco-orientale. La vicenda raccontata è quella di Giovanni Zimisce (924-976), un condottiero e imperatore che combatté contro gli arabi e i bulgari per difendere Costantinopoli e il suo impero. Si tratta di un personaggio molto interessante, il quale salì al trono sfruttando la morte del predecessore Niceforo Foca II.
Giovanni Zimisce e Niceforo Foca, l’autrice ha presentato ai lettori l’identità dei personaggi coinvolti nella trama
In primis, dopo l’introduzione del moderatore Barcolini, Sonia Aggio ha illustrato al pubblico presente in sale l’identità dei personaggi di Niceforo Foca e Giovanni Zimisce portandoci nella Bisanzio altomedioevale:
Niceforo Foca è un personaggio […] molto importante e molto affascinante, perché, lui […] (a differenza di Giovanni Zimisce) è considerato come un grande imperatore, tutti ne conosco il nome per la sua grande abilità militare che è indubbia; in quanto, secondo me, non è accompagnata da lungimiranza politica. […] lui è (così come ce lo raccontano) un uomo ascetico, un uomo severissimo, si suppone che sia vero (e non una leggenda costruita a posteriori) che lui non volesse fare il soldato […] ma […] voleva farsi monaco, monaco eremita tra l’altro, proprio abbandonare il mondo secolare ma non l’ha potuto farlo, perché […] i primogeniti sono i più vincolati, essendo il figlio più vecchio di […] [un] generale importante non poteva scegliere la propria vita e la propria carriera […] e questo lo rende un grandissimo imperatore. A me quello che affascinava […] è che lui avesse questo nipote [riferendosi a Giovanni Zimisce] che lo segue e che copia un po’ tutta la sua vita, perché hanno la stessa formazione e raggiungono gli stessi traguardi ma con risultati diversi: […] Giovanni è carismatico, è molto più diplomatico anche nel parlare, è un uomo molto più amato e apprezzato anche da quelli che sono i nemici del suo schieramento politico. Come doveva sentirsi un uomo così brillante e così apprezzato, però messo sempre in ombra da questa figura abbastanza sgradevole. I soldati lo adoravano perché vincevano sempre le battaglie e avevano poche perdite, c’era anche una certa gratitudine, ma il resto dell’impero lo trovava antipatico. A me affascinava molto l’idea di raccontare la sua storia non tracciandolo come un nemico (nel romanzo è un rivale di Giovanni Zimisce ma non un antagonista), […] raccontare la sua storia dal punto di vista di chi aveva vissuto nella sua ombra […].
Infatti, l’intento dell’autrice è quello di presentare al lettore i personaggi non come eroi invincibili, piuttosto sottolineare la loro umanità evitando una narrazione di tipo propagandistico.
Quando la storia incontra la finzione: Giovanni Zimisce incontra tre streghe proprio come Macbeth.
Dopo aver preso parte ad una battaglia, il protagonista Giovanni incontra tre streghe che profetizzano la sua ascesa al trono. Sonia Aggio ha affermato che questa parte della trama, assieme a quella dell’infanzia dello stesso Zimisce (con i relativi ricordi dell’amico Michele e quel talismano di legno a forma di cavallino), le ha permesso di “abbandonare il suo ruolo di storica e di tramutarsi una scrittrice vera e propria”, nonostante preferisca narrare solo vicende documentate dalle fonti. D’altronde, non essendo notizie sulla vita del generale prima dei suoi trent’anni, l’autrice ha ritenuto necessario costruire il suo personaggio fornendogli un’infanzia e un’adolescenza per giustificare la sua formazione e il suo carattere.
L’incontro tra l’eroe e le tre fattucchiere ci ricorda un’altra vicenda raccontata a teatro: quella di Macbeth, personaggio dell’omonima tragedia di William Shakespeare. Sonia Aggio ha raccontato di essersi accorta di queste due somiglianze durante la stesura del suo libro:
[…] mentre io pensavo di trasformare una storia che io conoscevo in un romanzo (in termini fattuali dargli un intreccio e una veste narrativa), mi sono resa conto che le due storie (una che mi affascinava e una cercavo di scrivere) avevano gli stessi punti di snodo della trama che si possono riassumere così: un uomo, un soldato, un generale vittorioso, che è all’apice della carriera, colto dalla sua ambizione, uccide il suo predecessore, […] ne prende il posto […] . Il fatto che siano due storie similari mi ha fatto pensare che se Shakespeare avesse conosciuto la storia di Zimisce e di Niceforo […] l’avrebbe raccontata. Mi è piaciuta l’idea di spostare le streghe della tragedia […], che prima di andare in Scozia, si trovano a Bisanzio; anche perché, all’inizio della tragedia, fanno intendere di essere delle streghe che hanno una vasta area di potere perché parlano di Aleppo [città siriana], di vaste zone del Mediterraneo e sono fedeli alla dea Ecate, che è una dea del pantheon greco-romano. Quindi, c’era questa possibilità sottointesa che queste streghe non fossero scozzesi […]. E se queste streghe fossero vecchie come il mondo che conosciamo […] e loro percorrono le epoche e i mondi per fare la stessa cosa.
Quali sono i punti di contatto e di divergenza fra il romanzo di Aggio e la tragedia di Shakespeare?
La crudeltà e la magnificenza dell’opera di Shakespeare, secondo il parere di Sonia Aggio, sono dovute al fatto che le tre streghe non aiutano il protagonista con pozioni o incantesimi, piuttosto si limitano a preannunciargli la sua gloria come monarca. Proprio queste parole diventano un «tarlo nella testa del protagonista» che lo spingerà a compiere azioni empie; invece, nel caso del personaggio principale dell’opera di Sonia Aggio, la sorte sarà favorevole al protagonista, dal momento che ci troviamo in una fase molto delicata dell’Impero bizantino, il quale rischiò di scomparire molto prima della conquista ottomana del 1453.
Queste tre veggenti, che rappresentano le tre età della donna perché c’è una ragazzina molto giovane, c’è una donna nel fiore degli anni e c’è anche una donna molto anziana, hanno questo compito: da un parte spingere Zimisce (quello che noi, a mille anni di distanza, sappiamo essere il suo destino), ovviamente lui non lo sa non può saperlo; ma, dall’altra parte giustificare che lui non finisca malissimo e che la sua storia non sia tragica ma abbia un finale di speranza […].
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Fonte immagine di copertina: foto di Salvatore Iaconis