Alberto Mattioli (Modena 1969) è giornalista del quotidiano La Stampa. Esperto d’opera, tiene una rubrica su Classic Voice e ha collaborato con molti teatri e riviste italiani e internazionali. Ha scritto i libri Big Luciano. Pavarotti, la vera storia (Mondadori 2007), Anche stasera. Come l’opera ti cambia la vita (Mondadori 2012), Meno grigi più Verdi. Come un genio ha spiegato l’Italia agli italiani (Garzanti 2018), Il gattolico praticante (Garzanti 2019) e due libretti d’opera, La paura e La rivale. Nel Novembre 2021 pubblica nella collana saggi Un italiano a Parigi. Storia di un amore edito Garzanti.
Un Italiano a Parigi. Storia di un amore, la trama
Quello di Alberto Mattioli non è un libro su Parigi, bensì un libro sull’amore per Parigi che l’autore nutre fin da quando era piccolo. La prima volta che vide Parigi aveva otto anni, ci arrivò in automobile, alla fine di un lungo tour europeo attraverso la Germania, l’Olanda, il Belgio e la Normandia per vedere le spiagge dello sbarco. Fu durante questo suo soggiorno che scattò il colpo di fulmine. L’amore per Parigi è rimasto una costante nell’arco della sua vita. Infatti, crescendo, appena ha avuto la possibilità di viaggiare, si è recato numerose volte a Parigi, ci ha comprato persino casa e ci ha vissuto da parigino e non da turista.
Uno dei passatempi preferiti di Alberto Mattioli era quello di andarsene a zonzo senza meta per le strade di Parigi, alla scoperta di ciò che ci è sempre stato, ma che non ha mai visto, un edificio, una prospettiva, un negozio folle, un vecchio ristorante, un sorriso. Il francese ha un verbo specifico per definire quest’arte di girovagare con l’unica destinazione di non averne alcuna: flaner. Il vero flaneur è chi cammina per piacere e non per dovere, chi si perde volendolo fare, chi pensa che il tempo perduto sia in realtà guadagnato, bellezza per gli occhi e medicina per lo spirito, e che l’unica mappa che è ragionevole seguire sia quella capricciosa del suo piacere. Il contrario del turista contemporaneo insomma, che per vedere tutto non vede in realtà niente, vittima di un “horror vacui” che lo costringe a raggiungere un obiettivo dopo l’altro, galeotto del selfie, schiavo di quel che deve visitare invece di quel che di visitare avrebbe voglia.
Un italiano a Parigi non si propone come autobiografia o come uno dei tanti libri scritti su Parigi; nessuna città è stata tanto raccontata, descritta, analizzata, squartata, vivisezionata. La città è un palinsesto, dove ogni epoca ha scritto su quelle precedenti senza mai farne tabula rasa. Una stratificazione di vicende, un mare da dove riemergono frammenti di regimi crollati, mode passate di moda. Troppe Parigi. Descriverle tutte sarebbe impossibile. Qui si parla di una Parigi meno scontata e più autentica, fatta di piccoli dettagli e impregnata di quotidianità. L’amore che l’autore prova per questa città è stato ricambiato dalla stessa che gli si è donata, permettendogli di cogliere tutte le sue sfumature, comprese le più insolite e nascoste. Ogni capitolo attraversa un aspetto caratteristico della città che tende ad andare sempre più nel particolare, alla scoperta delle rarità e delle stranezze che caratterizzano Parigi.
Sempre con una dettagliata mappa alla mano Alberto Mattioli conduce il lettore tra le stazioni metropolitane, i suoi monumenti meno conosciuti, le piazze. Dopo numerose ricerche e sperimentazioni fatte in prima persona, consiglia in quali posti gustare la tipica cucina tradizionale francese, ne illustra la storia dei vari locali e dei proprietari che li gestiscono; nell’ambito letterario si inoltra alla scoperta dei luoghi che hanno fatto da sfondo alle vicende del commissario Maigret, per gli amanti della musica e del teatro trova i teatri più particolari e con delle storie incredibili da raccontare.
Un italiano a Parigi è una delle dichiarazioni d’amore più bella e sentita che una città possa ricevere. Con i suoi peregrinaggi l’autore catapulta il lettore in un viaggio avvincente, con il suo stile coinvolgente fa venir voglia di partire subito alla scoperta di questi posti stupendi. Inoltre esorta ad abbandonare l’atteggiamento superficiale e quasi modaiolo che ormai ha influenzato anche il modo di viaggiare e conoscere posti nuovi, ma spinge il lettore a perdersi nelle bellezze che il nostro mondo offre, con molta curiosità e un pizzico di avventatezza.