«La mia forza è avere bene chiaro in mente che l’eternità non esiste, l’amore non esiste, la felicità non esiste. E io, pur avendo una famiglia, non avevo niente. Quindi meglio adesso. Meglio avere un po’ meno di niente.» In queste frasi viene racchiuso il nucleo dell’opera di Vanni Sbragia, pseudonimo dell’autore, che da oltre dieci anni pubblica diversi romanzi di genere Crime e che presta il nome anche al protagonista di Un po’ meno di niente, edito da Fernandel. Da poche settimane lo pseudonimo che celava la vera identità dell’autore noirista è stato messo da parte per fare spazio a Romano De Marco, il quale ha riconosciuto la paternità dell’opera, sorprendendo gli affezionati lettori.
Tornando al protagonista, Vanni Sbragia è un bancario di successo, con una famiglia apparentemente solida, ha una forte passione per la scrittura che mette a frutto con romanzi noir di discreto successo (cita ossessivamente il numero di copie vendute, collocandosi tra gli autori che “stanno nel mezzo”) ed è l’emblema dell’uomo borghese che asseconda, senza porre un freno, i propri vezzi e vizi. Vanni è un abile doppiogiochista, cinico e nichilista che ha una consapevole e malsana dipendenza dal sesso, con tendenze violente e sadiche nei confronti delle innumerevoli amanti, accalappiate tra le colleghe bancarie e le giornaliste o lettrici che conosce frequentando il mondo dell’editoria, aspramente criticato con fare irriverente e considerato deprecabile sotto tutti i punti di vista.
La moglie Claudia, donna fragile e bisognosa di comprensione, seppur tradita e ferita, gode di un trattamento privilegiato, nell’inconscio del protagonista, in quanto egli si sente legato a lei e alla facciata sociale che il matrimonio rappresenta, con un cordone ombelicale e manifesta tale attaccamento durante i momenti di intimità, desiderando di avere accanto a sé il suo corpo caldo che gli infonde serenità e sicurezza. Vanni descrive accuratamente, come nei suoi stessi romanzi, le sadiche e bizzarre pratiche sessuali, ammettendo di provare soddisfazione nel vedere le donne soffrire, e molto spesso si lascia andare a considerazioni al limite della misoginia e a descrizioni relative alla fisicità e all’abbigliamento delle sue accompagnatrici, che svelano ancora una volta quanto Vanni subisca il fascino della mondanità.
Vanni Sbragia vede crollare la propria facciata, tenuta su con estrema fatica e giochi di equilibrio, dalla morte di una delle sue amanti, Vittoria Ravaglia, uccisa con innumerevoli coltellate nel suo appartamento di Torino. Vanni si trova costretto a giocare a carte scoperte, e dopo aver lasciato la moglie, si lancia sulle tracce dell’assassino: la bagarre mediatica successiva alle dichiarazioni che gli vengono estorte dalla giornalista Langiano, in merito alle tresche tra autori, lettrici, case editrici, mettono il protagonista in cattiva luce anche nell’ambito nel quale già fatica ad emergere, ma grazie ad un’astuta mossa della sua editor viene pubblicato il suo noir Notti di Luna, che lo porta in vetta alle classifiche. Sbragia, ormai solo e in preda a quella che potremmo definire a tutti gli effetti una crisi di mezza età, strappa il velo di ipocrisia che caratterizza l’editoria italiana e svela come vengano alimentate false speranze riguardo alla pubblicazione di opere inedite in cambio di favori sessuali: il protagonista non fa sconti a nessuno, mettendo a soqquadro un mondo patinato e sopravvalutato, senza aver paura delle conseguenze. Intraprendendo tale percorso, finisce per indagare sul suicidio di una giovane autrice di soli 21 anni, misteriosamente collegata all’omicidio della Ravaglia e chissà che questa possa rivelarsi la pista giusta per incastrare l’assassino.
Immagine: Fernandel