Lo scorso 30 agosto è stato pubblicato da Fazi Editore “La pienezza della vita”, il nuovo saggio del filosofo tedesco Wilhelm Schmid. Si tratta di una raccolta di riflessioni sul tema della felicità. Rifacendosi alla tradizione filosofica del frammento cara a Montaigne, Schmid propone una serie di riflessioni sulla complessità della vita e sulla spasmodica ricerca della felicità.
Il filosofo tedesco invita il lettore ad apprezzare la contraddittorietà dell’esistenza umana, fatta di gioie e angosce, speranze e delusioni, e lo esorta ad accettare ogni momento della vita cercando di cogliere i frammenti di felicità possibile e impossibile. Solo in questo modo, secondo il famoso filosofo, è possibile godere della pienezza della vita.
“Pare che la via per giungere alla felicità non sia una sola – dice Schmid nella prefazione del suo nuovo libro – Chi non decide esplicitamente di precludersela viene infiammato dai tanti libri sull’argomento, ciascuno con la sua “formula della felicità, che soddisfa qualcuno e delude qualcun altro”.
La pienezza della vita: frammenti di felicità
“La pienezza della vita” si suddivide in quattro parti; il titolo di ogni capitolo rimanda ad una stagione dell’anno e anche dell’esistenza umana. Ogni nome di stagione è seguito dalla parola “pienezza”, perché la vita, evidenzia l’autore, non è mai vuota. Ecco quindi che Schmid parla della pienezza dei sensi associandola ad un mattino di primavera; della pienezza del sentire accostata ad una giornata estiva; della pienezza del pensare ricollegata ad una sera d’autunno; infine, della pienezza dell’oltre relazionata ad una notte d’inverno.
“Un mattino di primavera, una giornata estiva, la sera d’autunno e la notte d’inverno fanno risuonare la pienezza primaverile dei sensi, quella estiva dei sentimenti, la pensosità autunnale e le riflessioni notturne su che cosa vi sia oltre la vita”.
In sostanza è però “l’isteria” per la felicità, ovvero la sua ricerca continua, il perno attorno al quale ruotano le argomentazioni del più apprezzato filosofo tedesco vivente.
Esiste, dice Schmid, un tipo di felicità dovuta al caso o alla fortuna che, anche quando non è disponibile, ha un suo valore, perché discrimina tra l’apertura e la chiusura dell’essere umano. C’è poi la felicità del benessere, che coincide con il concetto configurato dalla modernità: gli esseri umani possono sapere dove, come e con chi raggiungerla, sebbene resti limitata a pochi momenti piacevoli e non possa essere duratura. Pertanto, prosegue il filosofo, c’è bisogno di introdurre anche un terzo tipo di felicità, quella della pienezza. Si tratta di una felicità più ampia derivante dalla complessiva compiutezza della vita. Questo terzo tipo di felicità coglie la vita in tutti i suoi contrastanti aspetti: gioia e angosce; potenza e impotenza; speranza e delusione; condivisione e solitudine; futuro e passato; finito e infinito; felicità e infelicità.
Schmid sottolinea come la pienezza totale della vita sia prerogativa di Dio e non dell’uomo, il quale dispone solo di “frammenti di felicità”, più o meno grossi, che rinviano al lato felice e a quello infelice della felicità stessa.
Ed è proprio all’arte del frammento, a cui hanno dato vita esponenti del Romanticismo come Novalis e Schlegel, che si lega questo libro di Schmid che pone attenzione alla polarità della vita, di cui si può fare esperienza in ogni suo frammento. Solo intendendo la vita umana come un insieme frammentato è possibile possedere la vita nella sua pienezza.
Mattino di primavera: la pienezza dei sensi
Nel primo capitolo Schmid parla dell’arte di vivere che per lui non consiste solo nell’attivismo, ma anche nell’esercizio della “passività”, ossia nel lasciare aperta una questione, lasciare che qualcosa accada, far crescere, affidarsi a qualcuno e, se possibile, abbandonarsi agli altri. L’autore pone poi l’accento sulla “cultura del corpo” che si apprende attraverso lo sport, ma anche tramite il riposo che impedisce atteggiamenti ansiosi.
Si parla poi anche di lavoro, inteso come tutto ciò che un essere umano realizza nei confronti di se stesso e della sua esistenza allo scopo di condurre una vita degna di approvazione, e della ricerca del denaro che non può esser disprezzato perché dà possibilità di vita più ampia, ma che, tuttavia, può anche rappresentare un pericolo, una minaccia.
Giornata estiva: la pienezza del sentire
Dalla pienezza dei sensi si passa alla “pienezza del sentire” che per Schmid corrisponde alla giornata estiva. L’estate è la stagione del lavoro ma anche del gioco. Esattamente come nel gioco non tutto può filar liscio- sottolinea il filosofo – così anche nel gioco della vita. Molti sono gli errori possibili, ma, dice Wilhelm Schmid, non può mai essere tutto sbagliato. Anche in questo caso lo studioso trova il risvolto positivo, fornendo una visione ottimistica della piena esistenza in cui incontriamo ostacoli. Ci vuole equilibrio, suggerisce l’autore, nella vita come nella danza, nella quale ci si muove in maniera alternata e armonica su entrambe le gambe. E’ questione di equilibrio e di armonia, quindi, ma anche, per riprendere il filosofo tedesco Heine (esponente del Romanticismo), del saper vedere le cose e le persone «con amore».
Sera d’autunno: la pienezza del pensare
Dalla vitalità dell’estate si arriva alla sera d’autunno, che coincide per Wilhelm Schmid con “la pienezza del pensare”. In questo capitolo il pensatore tedesco parla del “diritto alla melanconia” nella stagione dei “pensieri bui”, dovuti alle giornate meno luminose. Ecco anche qui il lato positivo: con gli esempi più disparati, l’autore racconta quanto, nonostante il “buio”, ci sia ancora tanto da vedere e da meravigliarsi.
Col tempo, afferma Schmid, si diventa più maturi e si intuiscono in anticipo i pericoli e le difficoltà, ma si riescono a “fiutare” anche le opportunità. Tutto questo, prosegue il filosofo, fa parte dell’esperienza, risultato di un lungo cammino.
Notte d’inverno: la pienezza dell’oltre
Nell’ultimo capitolo si ridesta il pensiero del futuro e la consapevolezza della caducità della vita. Ma anche in questo caso c’è pienezza, quella “dell’oltre, che corrisponde alla notte d’inverno”, durante la quale, dopo aver tanto lavorato, è possibile dedicarsi all’ozio. Anch’esso, sottolinea Schmid Wilhelm , è necessario, per riposare, sognare. Quando la nostra coscienza si addormenta, prosegue l’autore, il sogno inizia a lavorare, senza sosta e lega tutto con tutto, tirando i fili di un racconto che si sviluppa tra cose passate, che restano impresse frammentariamente nella nostra memoria.
“Il sogno non lavora soltanto dentro di noi, ma anche su noi stessi, ricordandoci il passato e dispiegando connessioni nascoste, che riesce anche a evidenziare”. Wilhelm Schmid ci invita a forzare un po’ il nostro mondo onirico, come facevano i surrealisti, i quali costruivano le loro giornate sui modelli dei loro sogni. “Perché la vita, vissuta come un sogno, ci rende partecipi di una dimensione diversa: apre il mondo infinito delle possibilità, più ampio di quello della concretezza e della finitezza, e ci mette in condizione di farlo anche senza ricorrere alla religione. Per questo nei sogni ci sentiamo liberi, senza limiti, e procediamo oltre i confini della quotidianità. Il sogno è un’esperienza della trascendenza che ci ha generati e alla quale torneremo. Ogni notte, sempre di nuovo”.
Wilhelm Schmid e l’arte di vivere
In cosa consiste in sostanza l’arte di vivere? Nello sforzarsi di condurre una vita consapevole.
Il messaggio che in parole povere vuole far passare Wilhelm Schmid è che la vita va vissuta nella sua pienezza, soprattutto in virtù della sua fugacità e precarietà, lasciando spazio all’imprevisto, al fine di evitare un’esistenza noiosamente mortale. Ecco dunque l’invito ad aprirsi al nuovo fino alla fine. Così facendo si mantengono freschi e intatti i sentimenti provati in gioventù.
Un saggio filosofico singolare, spirituale e terreno. Una lettura preziosa dalla quale si esce più ricchi e consapevoli della pienezza della nostra vita.
Consigliato!
Wilhelm Schmid e altri libri
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