Willie Peyote ci aveva lasciato poco più di un anno fa con quella piccola perla, irriverente e dissacrante, di Educazione Sabauda e ora è ritornato con un nuovo album Sindrome di Tôret ( Etichetta 451 Records, Distribuzione Artist First). Anticipato e pubblicizzato tramite due singoli ( I Cani e Ottima Scusa) e attraverso dei brevi video riguardanti il “making of” del lavoro, l’album nasce sulla scia lasciata dal precedente disco e si pone senza soluzione di continuità con esso, sia dal punto di vista tematico che musicale. Infatti, il titolo era già contenuto nella copertina di Educazione Sabauda, come svelato dallo stesso autore su Facebook.
È un titolo eloquente, Sindrome di Tôret, nato da un gioco di parole tra la parola “Tourette”, sindrome neurologica a causa della quale chi ne è affetto non è in grado di controllare ciò che dice, e “Tôret” nome delle tipiche fontanelle di Torino a forma di toro. Un indizio, di facile intuizione, sulla natura oculatamente critica dei temi toccati ed emblema del legame viscerale tra Willie e la sua città, la conditio sine qua non la sua musica probabilmente neanche esisterebbe.
Quella di Willie è una critica acuta e irriverente nata dall’insofferenza verso ogni forma di pensiero conforme a pregiudizi e stereotipi. Un’insofferenza verso l’esigenza cronica – tipica dei nostri giorni- di dover mettere bocca su tutto e di vomitare ininterrottamente giudizi e sentenze. Il buon Peyote lascia, però, anche spazio a un po’ di sana autocritica e introspezione.
Scopriamolo insieme !
Willie Peyote, il nuovo album
Si parte subito in quarta con la linea di basso arrabbiata e sincopata di Avanvera per poi passare al riff “blueseggiante” e dissacrante de I Cani. Un cazzotto in pieno viso all’ipocrisia e a molte spiacevoli contraddizioni del nostro paese: “L’analfabetismo è funzionale nel senso che serve a chi comanda.Qua hanno tutti una risposta,però qual è la domanda?”. La carica aggressiva viene smorzata dalle atmosfere “smooth” di un’ Ottima Scusa e elettroniche di Metti che domani. Meno aggressive ma non per questo con meno verve ironica e sarcastica. La caccia alla pedanteria, però, non conosce tregua nemmeno tra i due brani, intervallati da un featuring C’hai ragione tu con Dutch Nazari, l’amico di tante collaborazioni.
La sesta traccia Chiavi nella borsa, altro featuring con Dutch, costituisce però un punto di rottura, da questo brano in poi tutto l’album acquisirà un tono maggiormente introspettivo. Disteso, a tratti rassegnato. Una scelta decisamente saggia. Sul tavolo degli imputati non ci sono più gli altri perché altrimenti avrebbe rischiato di incorrere nello stesso errore di chi precedentemente ha criticato. C’è lui e questa, in fondo, insensata aggressività della quale molte volte incappiamo inconsapevolmente. “ […]Lei mi guarda negli occhi come se stesse cercando qualcosa di corsa e sparge tutto sul tavolo come quando non trova le chiavi in borsa. E secondo me cerca qualcosa che neanche c’è”. Ci affanniamo molte volte inseguendo fantasmi, illusioni nocive per la nostra serenità accumulando rabbia e rancori immotivati. Willie ci invita a prendere un respiro profondo e a ricordare di essere umani perché “[…]Per litigare c’è tempo domani”. Si continua su questo filone con il monologo interiore di Giusto la metà di me, l’inarrestabile flusso del tempo di Portapalazzo e l’invito all’unione e all’empatia de Il gioco della parti. Quella che rimane costante nell’album è la ricerca musicale, costantemente variegata: da sonorità jazz ad altre blues, passando anche per il funky. C’è spazio anche per un piccolo monologo di Giorgio Montanini, uno degli stand-up comedian più celebri d’Italia, che forse in poche parole riassume il senso tutto della Sindrome di Tôret : “Togli ‘st’involucro, sai che rimane? ‘Na cosa sola, semplice: l’essere umano”.
Ci si avvia alla conclusione con Donna Bisestile, in collaborazione con Jolly Mare, relativo a un tema, molto spesso, prettamente femminile, ovvero quello di dover fingere sicurezza e serenità per non venire a meno a determinate pressioni sociali. “Non è tutto come sembra da fuori. Non è tutto rose e fiori.”
L’album si chiude con Vilipendio e Vendersi ( in collaborazione con Roy Paci). Un finale con il botto, degno del suo incipit. La libertà d’espressione non è sempre conciliante e fedele ai canoni del politically-correct e Willie lo sa bene. Per questo scioglie nuovamente la sua lingua biforcuta e mette in ridicolo tanti dei suoi “colleghi”, impegnati troppo spesso a crearsi delle maschere piuttosto che a dedicarsi seriamente alla musica; e una grande fetta dell’opinione pubblica che mette alla gogna per misere futilità ma allo stesso tempo si esalta per molto meno. La carica aggressiva di Vilipendio si stempera nel passivo nichilismo di Vendersi che ricorda molto le atmosfere evocate nell’album Manuale del giovane nichilista.
Considerazioni
Se Educazione Sabauda è una perla Sindrome di Tôret è un lavoro altrettanto pregiato e degno seguito del precedente album. Willie Peyote si riconferma e si migliora con un sound musicale che, nonostante la sua eterogeneità, è ormai caratterizzante e ben riconoscibile. Un vero marchio di fabbrica supportato dalla sua penna schietta e irriverente che questa volta, seppur non elegantemente, ha saputo dimostrare profondissima sensibilità.