In occasione dell’uscita dell’album Sciarra Chitarra Musica Battaglia abbiamo intervistato Marina e Adriano della band Franco e la Repubblica dei Mostri (Adriano Aricò, Marina Mussapi, Paolo Perego, Francesco Provenzano).
Come nasce il gruppo Franco e la Repubblica dei Mostri? Quali i background dei musicisti?
Il gruppo è nato nel 2014, alcuni di noi avevano all’attivo esperienze condivise in precedenti formazioni o collaborazioni, anche se abbiamo tutti background musicali piuttosto eterogenei.
Il nome del gruppo, Franco e la Repubblica dei Mostri, da dove nasce?
Il primo album era nato come concept album in cui volevamo raccontare l’Italia attraverso la vita quotidiana e un rapporto di amore e di odio rispetto al nostro paese, per cui la “repubblica dei mostri” è evidentemente per noi evocativa della nostra repubblica sempre con questa componente un po’ buia. Franco ci piaceva come nome perché è un nome molto semplice, un nome tipico italiano e ha anche un bel significato perché vuol dire sincero. L’avevamo quasi personificato il gruppo in un certo senso, negli anni è diventata quasi una quinta entità per cui ci siamo noi quattro che suoniamo e c’è Franco che è il nostro progetto.
Come mai la scelta della filastrocca Sciarra Chitarra Musica Battaglia per dare il titolo all’album?
«Sciarra Chitarra Musica Battaglia» è l’inizio di una filastrocca palermitana che i bambini usano quando vogliono segnare la fine di un’amicizia. Le origini diciamo siciliane vengono dalle radici di Adriano e anche di Francesco, sono entrambi di Palermo. Al di là di questo riferimento più geografico, Sciarra Chitarra Musica Battaglia l’abbiamo scelto perché dava un po’ il filo rosso narrativo a tutti quelli che erano i brani raccolti in questo album in un modo o nell’altro raccontano di rotture, della fine di relazioni, che possono essere relazioni sia diciamo più legate alla sfera intima, sentimentale, ma anche relazioni con il mondo che ci circonda fuori di noi.
Qual è il filo conduttore di quest’album, e quali sono le ispirazioni del suo sound?
Il filo conduttore è un po’ quello che ti raccontavo prima, rispetto a quello di rottura e di cambiamento. Dal punto di vista delle sonorità abbiamo lavorato molto sul trovare un sound che fosse sempre più nostro e fosse in qualche modo sempre più “asciutto”: quando siamo partiti eravamo con una persona in più e avevamo anche molti più strumenti all’interno degli arrangiamenti musicali. Abbiamo lavorato per andare sempre più in profondità e in qualche modo eliminare tutto quello che era di troppo.
In Sciarra Chitarra Musica Battaglia ci sono anche riferimenti a politica e attualità, come in Livido Blu: «Boia chi molla, brucia la bandiera, c’è un Italia che stira una camicia nera». Qual è il vostro pensiero sulla situazione e come mai la scelta di inserire anche questi temi?
Sono scelte che ogni artista o autore decide di fare o non fare, non direi che i nostri pezzi sono particolarmente politicizzati, anzi sicuramente non lo sono. Però ci sono delle cose che succedono e hanno anche una grossa influenza in quella che è la dimensione della relazione tra le persone che abitano il nostro paese. Sono cose che permeano la nostra cultura in maniera molto profonda, non è soltanto un accenno a fatti di politica o di cronaca ma sono tutte delle dimensioni che poi hanno delle ripercussioni forti anche sulle generazioni future. Penso che sia inevitabile fare riferimenti a una dimensione culturale, politica di un paese, che poi definisce anche quella che è la relazione tra le persone in senso civico e la disgregazione anche di alcuni rapporti personali. Chiaramente sono delle cose che non ci lasciano indifferenti rispetto all’emergere di sentimenti razzisti e di una cultura sempre legata più ad un sentimento di odio che di collettività.
Una costante delle canzoni sono le rotture, ad esempio rotture sentimentali in Come eravamo e Polvere, come mai questa scelta?
È una scelta venuta fuori dai brani in realtà, non c’è stata una scelta a tavolino per cui poi si è deciso che i brani avrebbero raccontato di quello. È stato più il contrario, noi ci siamo accorti a mano a mano che selezionavamo i testi che questo era il leitmotiv di tutti i brani, non credo sia stata una scelta studiata.
Come nel ‘93: si parla anche di assemblee e rivolte («Bruceremo la scuola e brucerete pure voi»), come mai questo richiamo anche alle lotte studentesche?
È proprio l’anno del liceo, una canzone molto personale ma che parla un po’ in generale dell’adolescenza e quindi degli anni di rivolta dove metti in discussione tutto: dove ti stacchi, sei troppo adulto per sentirti un bambino ma troppo piccolo per essere veramente un adulto, non hai un’indipendenza economica. Quindi racconto un po’ quella generazione lì e in particolare gli anni del liceo classico a Palermo.
Francesco Di Nucci
Fonte fotografia: Ufficio stampa