Il genere Shoegaze: storia e origini

Il genere Shoegaze: storia e origini

Il genere shoegaze è un genere musicale nato nel Regno Unito alla fine degli anni ’80 e si è sempre contraddistinto per la sua particolare sonorità dovuta all’utilizzo di numerosi effetti. Il termine shoegaze è legato proprio all’uso di questi effetti: i musicisti shoegaze tendono sempre a guardare i pedali a cui sono collegati i propri strumenti dando l’impressione di avere costantemente lo sguardo rivolto alle proprie scarpe. Il genere è diventato particolarmente popolare solo all’inizio degli anni ‘90, soprattutto grazie a band come My Bloody Valentine, Slowdive, Ride e Lush, che hanno avuto influenze anche sugli artisti successivi. 

Negli anni ’80 nel Regno Unito si iniziò a diffondere un movimento noto con il nome di C86, formato da band che avevano un interesse per generi come il punk, l’indie. Quindi stiamo parlando di band che volevano riprodurre questo sound ma allo stesso tempo sperimentare e rendere questi generi più personali. Tra queste band identifichiamo ad esempio i Cocteau Twins, che vengono universalmente riconosciuti come precursori di quello che poi sarebbe diventato l’effettivo shoegaze. Tuttavia, lo shoegaze non prospererà a lungo perché già nella metà degli anni ’90 il fervore e l’interesse per questa nuova wave inizieranno ad andare in declino. Alcune delle band più influenti si scioglieranno, mentre chi proverà ad andare avanti in questo campo non avrà più lo stesso successo. Nonostante ciò, l’influenza che il genere shoegaze ha avuto e le sue ripercussioni sulla musica successiva hanno avuto un forte impatto. È un genere che è riuscito a plasmare anche band di un certo spessore, come ad esempio i Radiohead.

Recentemente pare che il genere shoegaze abbia trovato nuovo successo e che l’interesse nei suoi confronti sia molto aumentato, anche se sembra che in quest’ultimo periodo il termine shoegaze si sia evoluto, iniziando a indicare un po’ tutti quegli artisti che producono musica dove c’è un forte utilizzo di effetti e distorsioni.  Tra le band contemporanee che vale la pena ascoltare ci sono  Xòjira, Soul Blind e Worry Club.

Ripercorriamo la storia del genere shoegaze attraverso gli album più fondamentali

Il primo album della storia ad essere considerato appartenente al genere shoegaze a tutti gli effetti è stato Isn’t Anything dei My Bloody Valentine, uscito nel 1988. Già dal primo ascolto si può capire il motivo di tale scelta: chitarre distorte, voci camuffate dalla parte strumentale è un’atmosfera fortemente psichedelica. Si tratta di un disco davvero rivoluzionario. Isn’t Anything è seguito nel 1991 da un altro grande successo sempre della stessa band, un album che prende il nome di Loveless che si aggiudica in breve tempo la nomea di capolavoro del genere shoegaze.

Il 1992 è invece l’anno degli Slowdive, band che ancora oggi riscuote un enorme successo. L’album di cui si parla è Souvlaki che si distacca dal sound dei My Bloody Valentine per riff più delicati e voci meno mascherate. Questa combinazione di elementi lo rende uno degli album più dolci ma anche più romantici del genere. Due anni più tardi nel 1994 viene prodotto Split dei Lush. Uno dei punti di forza di questo disco sono le voci femminili che lo rendono unico e lo distaccano dagli album precedentemente menzionati. Tuttavia, Split non riceve lo stesso apprezzamento degli altri album in quanto viene considerato come una forma meno pura del genere.

Il genere shoegaze è particolare, dalle mille sfaccettature e sfumature ed è indubbiamente un genere che non può piacere a tutti, ma c’è da dire che l’atmosfera un po’ sognante e la peculiarità che riguarda la scelta degli accostamenti strumentali hanno reso unici gli artisti che si sono cimentati nella sua produzione. Provare ad ascoltare qualcosa ne vale indubbiamente la pena: si consigliano in particolar modo le canzoni Slowdive, dei 40 days, Serpentskirt dei Cocteau Twins, When you sleep dei My Bloody Valentine e Vapour trail dei Ride.

Fonte immagine in evidenza: Wikipedia

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