Una storia lunga più di 30 anni fatta di sperimentazioni musicali, festival e libri. Di chi parliamo? Parliamo di Gabriele Finotti e della sua rock band Misfatto con la quale, lo scorso 19 Gennaio, ha pubblicato il suo ultimo album, L’uomo dalle 12 dita edito dall’etichetta discografica Orzorock Music. Per l’occasione abbiamo fatto quattro chiacchiere con lui ripercorrendo, tra le tante cose, la storia della sua band.
Ecco a voi.
L’intervista al leader della band hard rock i Misfatto
Come nascono i Misfatto? Potresti raccontarci qualcosa di ogni vostro album ?
I Misfatto sono nati nell’87, io trent’ anni fa avevo 15 anni. In una cantina dei sobborghi della provincia di Piacenza, a Gragnano Trebbiense, vicino al fiume Trebbia, il fiume caro a Hemingway. Io sono l’ultimo dei fondatori rimasto, gli altri non suonano più. L’ultimo è stato Alessandro Chiesa che ha smesso nel 2011. Tra il ‘90 e il ‘93 abbiamo fatto uscire tre demotape che erano a tutti gli effetti degli album, però, non sono inclusi nella discografia ufficiale perché, fondamentalmente, a quel tempo, fare l’album ufficiale significava far uscire o un CD, che era un miraggio, o un vinile. La spesa era veramente esagerata, serviva proprio un produttore: erano altri tempi. Arriviamo al ’97 con il primo disco ufficiale La fine del giorno (Audiar), un disco rock/hard rock in italiano. Sono presenti canzoni che tutt’ora eseguiamo dal vivo come Prima che ritorni il sole e Lentamente. Nell’originale fisico- non c’è sul web- era presente anche una prima bozza di Ossessione che è diventata ora Ossessione Baudelaire.
Nel 2000 Misfatto che abbiamo registrato in un mese in un agriturismo di Arezzo. È un album che ha avuto una realizzazione di master non felicissima però ne andiamo comunque fieri. Nel 2005 abbiamo pubblicato Invisible e nel 2008 è uscito il libro cd Caos Duemila a mio nome. È stato il mio primo libro. Nel 2011 Undici Eroi Morti, un disco al quale tengo molto perché ha avuto la direzione artistica di Lorenzo Poli che, dal 2010 all’anno scorso, è stato il bassista ufficiale dell’orchestra di Sanremo e adesso è il bassista del trio Renga, Nek e Pezzali. Poi nel 2012 è uscito il nostro unico vinile in discografia ed è infatti un oggetto di culto tra i nostri non numerosi fan: Eleven Dead Heroes, la trasposizione in inglese del disco precedente. Nel 2014 esce Heleonor Rosencrutz e l’anno successivo Rosencrutz is dead. Sono due album che prendono spunto dal mio secondo libro La chiesa senza tetto- 35 sogni a Lisbona. Sono dei concept-album dove si delinea già quello che poi è lo stile al quale siamo arrivati con L’uomo dalle 12 dita. Ovvero un crossover di generi dal pop al rock, dal prog al grunge che però poi sfociano in quello che è il nostro stile: rock a due voci con delle chitarre pungenti e dell’elettronica che si avvicina all’era moderna.
L’uomo dalle 12 dita è uscito quest’anno e ci ha occupato tutto il 2017. Ha avuto il mix finale di Marco Barusso, uno dei più importanti “uomini tecnologici” della musica italiana. Per noi è stato un onore e così l’album ha avuto un suono abbastanza moderno. Sono 12 brani costruiti nel tempo, ci sono anche degli inediti composti da me tra fine anni ’90 e inizio 2000 ma anche brani molto più nuovi come L’uomo dalle 12 dita o Il cinquantunesimo stato d’America. Quindi un’unione di vari anni di ricerca e di studio.
Cosa puoi raccontarmi invece della tua esperienze da scrittore ? Hai scritto ben tre libri.
I tre libri sono Caos Duemila, La chiesa senza tetto-35 sogni a Lisbona e Orzorock XX che è la narrazione storica di vent’anni del nostro festival sulle rive del fiume Trebbia, una piccola Woodstock. Al di là di quest’ultimo libro, il mio stile è uno stile poetico libero. Caos Duemila è un libro di poesie infatti mentre il secondo è un romanzo noir che all’interno che però contiene sempre delle poesie. Queste poesie che sono un po’ come dei sogni all’interno di questa narrazione. Uscirà poi il libro L’uomo dalle 12 dita tra il 2019 e il 2020, si chiuderà così il discorso di questo disco. Il lavoro è praticamente pronto. In generale, da dieci anni a questa parte, i lavori musicali traggono spunto dal mio lavoro letterario. Il mio stile non è molto diretto, è uno stile fatto di immagini e suoni dunque l’elemento musicale è molto importante perché amplifica la parola.
Quindi tu parti dal lavoro letterario e solo successivamente sviluppi quello musicale.
Negli ultimi dieci anni ho seguito questo iter. Caos Duemila è nato come libro più cd assieme ma era già un altro periodo, c’era un po’ più di fiducia nel supporto fisico. Fondamentalmente era proprio un libro con dentro un cd poi nel 2013 con la chiesa senza tetto, libro e basta. Dopo il libro sono usciti due album invece per l’uomo dalle 12 dita è uscito prima l’album. Mi sono sempre rivisto e rivalutato in quella che è proprio la forma di uscita di un lavoro ma, fondamentalmente, la parte musicale trae spunto da quella letteraria
Cosa puoi dirci invece dell’Orzorock? Tu sei uno dei fondatori, giusto?
Esatto, sono uno dei fondatori. L’antesignano del festival è stato il Trebbia Live nel ’94 ma non avevamo tutti i permessi. È diventato ufficiale nel 1996 quando appunto è stato chiamato Orzorock. Abbiamo avuto diversi ospiti e diverse situazioni… Nel ’99 suonarono i Chiara e gli scuri, gruppo in cui cantava Nina Zilli. Siamo stati anche abbastanza fortunati ad avere I Ministri nel 2009, quando non erano ancora conosciuti come adesso. Nel 2012 abbiamo avuto Zibba ma poi anche tanti altri artisti dell’etichetta discografica La Tempesta come i Bachi da pietra, Giovanni Succi e gli Universal Sex Arena. È un festival che comunque ha portato avanti un suo modo di riflettere e di pensare. L’anno scorso, con un coro gospel importante che si esibisce normalmente a San Siro, abbiamo fatto un tributo a Chris Cornell per la sua morte. Chris Cornell è stato un po’ un simbolo dell’evoluzione del festival quanto rappresentante della musica grunge che è stato uno degli ultimi stili rock un po’ diversi.
Adesso è tutto inevitabilmente crossover, gli stessi Misfatto fanno crossover. Tutti i gruppi, eccetto quelli metal e stoner, tendono a unire i generi. L’Orzorock raccoglie in sé tanti anni di storie. Ci sono tanti aneddoti nel libro. È molto curioso vedere l’evoluzione della musica in una piccola terra di provincia che però rappresenta tante terre di provincia italiane.
Ringraziamo di cuore Gabriele Finotti e Giulia Caci della Smc Italia per la disponibilità e la gentilezza concesse.
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