La Niña del Sud: il nuovo singolo Guapparìa
A distanza di due anni dalla sua ultima pubblicazione discografica, La Niña del Sud ritorna sulle piattaforme streaming preannunciando il suo nuovo album FURESTA – in uscita il 21 Febbraio – con il video del nuovo singolo intitolato Guapparìa – termine napoletano utilizzato per indicare una metodologia di approccio che si basa sulla prepotenza e sull’intimidazione.
All’anagrafe Carola Moccia classe ‘91, l’artista, nata e cresciuta a Napoli (precisamente nel comune di San Giorgio a Cremano), non si smentisce neanche questa volta. Attraverso la sua voce calda e profonda pone l’attenzione su una delle molteplici sfaccettature della sua città natale e lo fa adoperando lo strumento da lei predefinito sin dagli albori della sua carriera. Di qui, l’utilizzo della lingua napoletana gioca un ruolo chiave: rivendicare le proprie radici per narrare le virtù e i vizi (come in questo caso) partenopei. Mai scelta fu più urgente in un momento storico come quello che Napoli vive oggigiorno, divisa cioè tra la performance del consumo e il degrado sociale ed educativo abbandonato a sé stesso.
Il testo di Guapparìa
Servendosi di un racconto che contrappone la sacralità religiosa napoletana ad una criminalità giovanile sempre più decantata e centralizzata (Tiene ‘e sante, cride a Ddio /Ma nun chiagne pe chi more /Guapparìa ‘e signuria/ Brutta ‘a into e bella ‘a fore/ Tieni i santi e credi in Dio/ Ma non piangi per chi muore/ Guapparìa di signoria /Brutta dentro e bella fuori), La Niña ci espone un affresco tinteggiato di critica sociale nuda e cruda che (finalmente) rifiuta lo stereotipo della «pizza, mozzarella e mandolino», denunciando le violente e sanguinose realtà che esistono e resistono al di là dell’idealizzazione mediatica per la città de o’ mare e’ o’ sole. (Guapparìa che mania/ Tutto ‘o munno vò guardà / Ma si moreno a Scampia / Aggirate ‘a capa ‘a llà/ Guapparìa che mania/ Tutto il mondo vuole guardare/ Ma se muoiono a Scampia/ Girate la testa dall’altra parte). La cantautrice spoglia Napoli dell’incanto lezioso acquisito negli ultimi anni, e calibra la riflessione sugli effetti collaterali dell’overtourism di cui la città si ritrova inevitabilmente vittima e carnefice (Tarantelle e guapparìa/ Chesto vonno ‘a ‘sta città/ Na puttana ‘e cumpagnìa/ Ca nisciuno vò spusà/ Tarantelle e guapparìa/ Questo vogliono da questa città/ Una puttana di compagnia/ Che nessuno vuole sposare).
Quello della Niña è un vero e proprio grido di orrore e superficialità volto a celebrare uno spettacolo della miseria d’animo accompagnato da un ritmo caotico e coinvolgente tipico dell’antica tradizione musicale napoletana. Il testo, puntuale e sagace, sembra quasi essere la simulazione di una preghiera antica (merito del vernacolo) e disperata, la cui richiesta è il ritorno ai valori morali e sacri di una città sfregiata da una narrazione svilente e oggettivante. Il primo tra questi valori è l’amore – inteso nel suo senso più ampio – unico sentimento in grado di contrastare la violenza e la brutalità che talvolta abitano il buio del grande cuore di Napoli, metropoli tanto affascinante quanto complessa e peculiare. (Senz’ammore nun se canta/Senz’ammore nun se sona/Senz’ammore, senz’ammore/Guapparìa nun tiene core/Senza l’amore non si canta/ Senza l’amore non si suona/ Senza l’amore/ Guapparìa non hai cuore).
Fonte immagine: immagine di copertina e nell’articolo, dall’account Facebook di La Niña del Sud (La NIÑA musica).