Antonio Scafuri, classe 1991, ispirato da artisti come Pino Daniele, Bob Marley, Fabrizio De André, inizia a suonare la chitarra all’età di 9 anni. Probabilmente conoscerete già due delle sue ballad di spicco: Te vengo a cercà e Lassame sta’. Già noto per unire la tradizione musicale partenopea a sonorità più contemporanee, torna con un singolo: “l’ammore è femmena”. Il singolo è un vero e proprio manifesto, di ciò che ci aspetta nel suo primo album “Scusate il ritardo”. Ci regala un gioello musicale, che va oltre l’essere una semplice canzone d’amore. Il cantautore ci invita a vivere un viaggio nell’animo umano, attraverso la sua voce intensa e le sue melodie evocative, confermando il suo talento e la sua versatilità. Con questo nuovo brano Scafuri, sembra consolidare il suo percorso artistico, caratterizzato da un interesse verso i temi della vita e dell’amore. L’ammore è femmena, infatti, è un inno all’amore in tutte le sue forme, un amore universale, che esorta a riflettere sulla complessità dei sentimenti. Si presenta quasi come un’antica poesia popolare con un linguaggio semplice e diretto. Ciò che stupisce dell’artista, sembra essere il suo segno distintivo: il fatto che riesca a creare un ponte tra passato e presente, raggiungendo un pubblico eterogeneo. Nella sua musica fonde la tradizione napoletana con i ritmi africani e la sperimentazione elettronica.
Il titolo “l’ammore è femmena” è molto evocativo. Qual è il motivo della scelta di questa metafora? In che modo il femminile rappresenta l’amore nella sua visione?
Il “femminile” rappresenta nel mio immaginario il modo di amare, a mio parere l’unico possibile. La componente femminile dell’animo umano di ogni singolo individuo è strettamente correlata a quello che io credo sia L’Amore, una rinuncia totale.
La frase: “L’ammore è femmena e te guarda senza parlà” fa emergere che lei ha una concezione universale dell’amore. Potrebbe approfondire questo concetto?
L’amore credo prescinda da cultura, lingua, razza o qualsiasi altra differenza, quindi assolutamente è un sentimento universale. Il fatto che non occorrano parole, ma bastino molto spesso semplici sguardi ne è la testimonianza. L’ammore è femmena e te guarda senza parla e allo stesso modo te parla senza guarda’.
Il ritornello è potente ed incisivo. Perché questa scelta? Cosa vorrebbe suscitare nell’ascoltatore con questa insistenza?
Vorrei semplicemente che arrivasse il messaggio, un messaggio urlato e ripetuto quasi allo “sfinimento”.
“L’ammore è femmena” anticipa l’album “Scusate il ritardo”. Perché ha scelto un titolo così ironico? Può anticipare i temi che affronterà in questo nuovo progetto?
Il titolo indubbiamente mi riporta ad un forte legame con Massimo Troisi, con il quale credo di condividere le pause lunghe della vita, ma soprattutto il suo pensiero Amoroso. La scelta è anche dovuta ad un’opera prima in cantiere da molto tempo, sempre sul punto di uscire e mai uscita…I temi principali sono sicuramente il rispetto e la necessità di cullare determinati sentimenti, da quelli che leniscono le ferite a quelli che ti fanno battere tutti i giorni per ottenere ciò che più desideri.
Nella sua produzione è evidente l’impronta partenopea. Come descriverebbe la sua Napoli? In che modo la città influenza la sua musica?
Napoli non è mia, e credo che nessuno possa attribuirsene la “titolarità”. Sicuramente Napoli è per me la città più bella e contraddittoria del mondo, il mio porto sicuro anche nei momenti più burrascosi. L’influenza credo sia inevitabile per chiunque ascolti almeno una volta nella vita “le voci” di Napoli.
Si dice che gli artisti traggono la loro musica da esperienze di vita, luoghi o persone. Quale è la sua maggior fonte di ispirazione? C’è un momento della giornata o un luogo in cui si sente più ispirato a scrivere?
È fonte di ispirazione tutto ciò che mi circonda, dalla strada più deserta del mio paese al mercato di Resina, dal campo di bocce del circolo degli anziani al club musicale storico della città. I luoghi del cuore sono tanti e tutti custoditi gelosamente, l’unica cosa imprescindibile è la presenza di una chitarra… se è la mia “prima”, ancora meglio.
Per le immagini si ringrazia Antonio Scafuri