Lena A. e la musica pop moderna: Nuove Stanze
Lena A. , nata nel 1996, è una cantautrice, musicista e giornalista laureata in filologia moderna.
Il consueto riassunto che precede la recensione, sulla vita e le esperienze dell’artista emergente, può anche terminare qui.
Assolutamente non perché non ci sia altro da dire.
Si potrebbero, ad esempio, citare il Tour Music Fest del 2017, l’Apogeo Spring Contest del 2018 o il premio per la migliore performance al Festival della Nuova Canzone d’Autore Ugo Calise nel 2019.
Piuttosto, quando bisogna recensire un lavoro come “Nuove Stanze”, di cose da dire ce ne sono già tante, troppe, o forse troppo poche per il consueto problema di chi scrive di dover tradurre in parole le percezioni.
Da qualcosa bisognerà pur partire però.
Il primo aspetto da dover rimarcare è che l’album è una potenziale bomba pop.
Non per la sua immediatezza, anzi.
Piuttosto, per l’illusione che regala di poter percepire con immediatezza cose che immediate non lo sono manco per niente.
Esistono vari strumenti che possono condurre a questo risultato, il primo fra tutti è la preparazione.
Al giorno d’oggi infatti la musica è costretta a trascinare affannosamente il fardello del “tutto e subito”.
Con i talent è stato sdoganato l’american dream del capovolgere la propria vita presentandosi ad una audition.
Purtroppo troppe volte questa possibilità è stata fraintesa e ad oggi la credenza popolare è quella che l’artista per essere tale abbia bisogno di un pubblico.
No.
L’artista per essere un artista deve in primo luogo saper fare l’artista, così come un artigiano per essere tale deve in primo luogo imparare a modellare la materia prima a disposizione.
Da qui viene fuori il primo spunto di riflessione sul disco.
Lena A. è innanzitutto un’artista preparata, che ha studiato musica fin da bambina, che ha modulato il proprio percorso col tempo sperimentando, cambiando, aggiungendo.
Il risultato finale è quello di una raffinatissima cantante, capace di domare note alte e basse con l’attitudine di una veterana ma, soprattutto, capace di essere riconoscibile.
E ora si arriva al secondo spunto di riflessione.
In “Nuove Stanze” è onnipresente una encomiabile fedeltà artistica.
Il lavoro si apre con “Granada” e le sua ritmica cadenzata che si intreccia perfettamente con l’arabeggiante cultura della città spagnola, offrendo la percezione di poterne ripercorrere i vicoli.
In “Giugno” è presente un interessantissimo crescendo nella strofa, caratterizzata da un’elettronica dai suoni bassi estremamente funzionali allo sviluppo del brano e che sfociano poi in una bellissima parte sinfonica.
Nella successiva “Pineta” si rimarca ulteriormente l’enorme potenziale pop del disco.
I testi di ogni brano sono caratterizzati da uno stile di scrittura estremamente riconoscibile, caratteristica assai rara e molto difficile da poter riscontrare in una artista giovane.
Eppure, nonostante le tematiche varino e gli scenari si sovrappongano, resta una costante che è come se marchiasse indelebilmente ogni brano, prescindendo dalla timbrica vocale.
La costante di cui sopra è assolutamente la densa, misteriosa, ricercata scrittura che caratterizza i brani.
In “Pineta” oltre questo però risulta inevitabile far presente anche la straordinaria tecnica vocale di Lena A. che in più punti del disco tocca vette straordinarie riuscendo a domare con spregiudicatezza qualsiasi nota, dalla più alta alla più bassa.
Insomma, per farla breve, Lena A. canta da Dio.
“Non Sono a Roma” mette in evidenza il lato cantautorale dell’artista, che più volte durante il disco si intreccia con una matrice fortemente elettro-pop.
Nel corpo centrale del brano il testo riporta a galla scenari nostalgici, riproposti attraverso immagini forti ed evocative.
Siamo soli nel panico
Vestiti di pochi ricordi
Neppure una musica
Neppure una domenica
Mi insegnarono a non mangiare il cuore a morsi
E farlo scivolare giù, alla bocca dello stomaco
Volevo le farfalle,
E invece solo senso di vomito.
Succede a chi compra la felicità al mercato nero,
Si è vero, costa meno, ma somiglia ad un composto chimico.
L’aspetto cantautorale emerge nuovamente nelle note del piano suonate in “Ecco la Tua Femmina” dove si dipinge una claustrofobica prigione sociale dal quale si vuole uscire.
“Adesso Cera” è invece un brano dalla classica struttura pop che ha avuto da subito un grandissimo riscontro e che ha fatto da apripista, mediante l’uscita del singolo e del video ufficiale, al disco.
Ancora una volta stupisce la coerenza artistica dei testi. In questo caso vi è un continuo intreccio tra la sfera sensoriale e quella materiale descritta attraverso la successione di acqua, legno, fuoco, pietra, sabbia ed, infine, la cera che dà il titolo al brano.
Il disco termina con “Occhi verdi (outro)”.
Si tratta di un lento al piano di grandissimo impatto, che lascia quasi una sensazione di incompiuto al termine del disco.
La sensazione che ci sia ancora tanto da dire.
E probabilmente così sarà.
Fonte immagine: Ufficio Stampa.