Lucio Battisti cantautore, polistrumentista, produttore e compositore. Le sue canzoni risuonano nella mente e nel cuore di chiunque abbia vissuto nei decenni dal ’60 all’80 e arrivano sino ad oggi; si tratta di canzoni che ognuno ha sentito almeno una volta nella vita. Noti sono il sodalizio con Mogol, i tributi e le cover, la diffusione tra i giovanissimi; nel 2021 è uno degli artisti più ascoltati su Spotify. Pochi però conoscono l’ultimo periodo di Lucio Battisti.
Con l’album “Una giornata uggiosa”, termina la collaborazione con Mogol; infatti, i testi dell’album successivo “E già”, pubblicato nel 1982, sono firmati dalla moglie Grazia Letizia Veronese, sotto lo pseudonimo di Velezia. Questi erano già più complessi ed emblematici, segno di trasformazione. Lucio Battisti inizia la vera e propria sperimentazione attraverso la collaborazione con il poeta dadaista e paroliere Pasquale Panella, noto per aver già scritto i testi di alcune canzoni di Enzo Carella ed il celebre ritornello “magari ti chiamerò / trottolino amoroso / du du da da da”.
Siamo nel 1986 ed esce il primo album del binomio Panella/Battisti, “Don Giovanni”; con questo è ufficialmente inaugurato il periodo bianco, di cui fanno parte altri quattro album: “L’apparenza”, “La sposa occidentale”, “Cosa succederà alla ragazza” e l’ultimo nel 1994, “Hegel“. Questa fase è nota come “discografia bianca” poiché, oltre ai testi, sono sempre più astratte ed emblematiche anche le copertine degli album, completamente bianche con un simbolo centrale, spesso un disegno dello stesso Battisti.
Attraverso questi album di fervida ricerca musicale e sperimentazione, caratterizzati da strumenti elettronici, Lucio voleva dimostrare l’importanza dell’effetto acustico della parola e dei giochi che si possono fare con queste, creando così nuove sonorità la cui bellezza va al di là del senso.
“In nessun luogo andai
Per niente ti pensai
E nulla ti mandai
Per mio ricordo
Sul bordo m’affacciai
D’abissi belli assai
Su un dolce tedio a sdraio
Amore, ti ignorai
E invece costeggiai
I lungomai”
(Testo del singolo: “Le cose che pensano” da “Don Giovanni”)
Le atmosfere ricercate dalle parole hanno un effetto sempre più straniante, eppure l’ascoltatore può coglierne il senso o interpretarle come meglio crede, trasportato dal proprio vissuto e dalla propria sensibilità.
L’ultimo periodo di Lucio Battisti, sebbene pervaso da questa profonda pulsione di rinnovamento che sfida il commerciale, le classifiche ed il gusto del pubblico, fu sempre contraddistinto dal perfezionismo maniacale che dimostrava in sala di registrazione, direttamente proporzionale allo slancio spontaneo e istintivo che caratterizzava la composizione.
Gli ultimi 18 anni della sua produzione artistica sono avvolti da un velo di mistero, così come quelli della sua vita privata, per cui ha sempre avuto un estremo riserbo. La stessa privacy l’hanno mantenuta i famigliari e la moglie, rendendo impossibile la fruizione della sua musica sulle piattaforme di streaming (ad eccezione degli album con Mogol). Battisti era restio alle apparizioni pubbliche, alle pubblicità, alle tournée ed a qualsiasi forma di promozione di sé; per questo motivo, nacque una rubrica nel programma televisivo di Rai1 “Va ora in onda” nota come “abbattistamenti“, in cui si segnalavano i presunti avvistamenti del cantante.
Morì nel 1998 a soli 55 anni, forse a causa di una patologia a carico dei reni o del fegato. Sulle cause specifiche aleggia ancora oggi un alone di mistero, poiché non fu reso pubblico alcun bollettino medico.
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