“Mongiana” è il nuovo singolo di Eugenio Bennato, dedicato a un piccolo paesino delle Serre calabre la cui storia, segnata dalla chiusura del suo polo siderurgico, uno dei più grandi d’Italia, ha colpito così tanto il cantautore napoletano da indurlo a ridargli voce attraverso una canzone da lui scritta e composta.
Eugenio Bennato, cantautore e polistrumentista napoletano, che insieme ai fratelli Edoardo e all’ormai compianto Giorgio, fa parte della scuola dei cantautori napoletana, è un artista che si è da sempre distinto per il suo interesse rivolto a temi riguardanti l’identità culturale del Sud, la sua gloriosa storia e il suo incerto presente. Stavolta ha deciso di omaggiare questo paesino montano in provincia di Vibo Valentia, con una ballata dai toni malinconici plasmata sulla base della musica popolare calabrese e abbellita dagli archi dell’orchestra Sinfonica Brutia di Cosenza. Il brano, pubblicato il 22 novembre, fa parte di un album di inediti che sarà rilasciato a febbraio del 2025.
La storia di Mongiana
Oggi Mongiana conta poco più di 600 abitanti ma sul finire del 1700 era un fervente centro industriale popolato da un gran numero di operai che pian piano vi si trasferirono per lavorare presso le Reali Ferriere Borboniche e la Fabbrica d’armi, il fiore all’occhiello dell’industria del regno delle due Sicilie.
Colpito dall’assenza del nome di Mongiana nei libri di storia, Bennato ha così deciso di dar voce a questa storia attraverso le sue parole e la sua musica: «Che fine ha fatto quel grande sogno che era il grande sogno di metà ‘800? Che fine ha fatto il nome di Mongiana che era la più grande fabbrica d’Italia?» sono le parole con cui inizia il suo brano e da cui emerge subito l’idea di una storia senza lieto fine, evocando un passato glorioso che ora non c’è più.
Mongiana, infatti, è stata la sede di un imponente polo siderurgico progettato dai Borbone a partire dal 1765 e poi di nuovo dal 1783, dopo che il terremoto distrusse tutto. L’opificio era caratterizzato da una fonderia, di cui oggi è possibile osservare soltanto i ruderi, e un’armeria, che oggi è divenuta un museo; in realtà è proprio grazie alla creazione di questo progetto che nacque il paese, poiché gli operai, i tecnici e gli altri addetti ai lavori con le loro famiglie vi si insediarono dando forma a un piccolo centro abitato, dapprima costruendo delle baracche che poi vennero sostituite da abitazioni in muratura.
Mongiana, il fiore all’occhiello dell’industria del Sud Italia
«Che fine ha fatto quella produzione che era il grande primato del meridione? Che produceva acciaio, produceva ghisa quando ancora l’Italia era l’Italia divisa». E sì, perché l’accuratezza dei tecnici e degli operai che lavoravano nello stabilimento metallurgico di Mongiana, oltre che l’ottima qualità del minerale, gli conferirono una grande considerazione a livello europeo. Inoltre, Mongiana rappresentava il luogo ideale in cui dare vita a un tale stabilimento perché naturalmente dotata di diverse risorse di cui il polo necessitava: miniere, boschi, pietra steatite e abbondanti quantità d’acqua.
Tra le sue realizzazioni ricordiamo in particolare la creazione dei componenti per i primi ponti sospesi italiani in ferro, la costruzione del ponte sul fiume Garigliano e delle rotaie per la prima ferrovia italiana, la Napoli-Portici, e anche delle rotaie che «vanno fino a Bologna», oggi ormai sostituite.
Inoltre la fabbrica di Mongiana fu insignita di vari premi innanzitutto per la qualità della ghisa, che fu premiata nel 1861 in occasione dell’Esposizione italiana a Firenze, e poi per le lame damascate delle sciabole e per le armi di lusso premiate nel 1862 durante l’esposizione internazionale di Londra.
La chiusura del polo siderurgico
Tuttavia «nel ‘60, senza neanche una scusa, Mongiana diventa una fabbrica chiusa» con l’unità d’Italia, infatti, molti centri metallurgici d’Italia furono chiusi e tra questi anche quello di Mongiana, parallelamente alla nascita di un nuovo stabilimento più moderno a Terni e all’affermazione di altri poli metallurgici più evoluti collocati in altre parti d’Europa. Quindi un triste destino colpì Mongiana: gli operai dovettero cambiare vita e reinventarsi, i più fortunati divennero braccianti agricoli ma molti altri furono costretti a emigrare nella speranza di fare fortuna altrove, «così da Mongiana nascerà l’Italia per Svizzera, America e Germania», mentre il centro siderurgico mongianese divenne in poco tempo «archeologia industriale calabrese».
Mongiana oggi
Oggi Mongiana è un piccolo borgo suggestivo, immerso nel verde di una natura incontaminata. Il suo fascino è alimentato anche dalla presenza del Parco “Villa Vittoria”, un’oasi dedicata alla biodiversità in cui la flora e la fauna autoctone convivono armoniosamente e in cui ha sede il Reparto Carabinieri per la Biodiversità.
Laghetto di Mongiana – Fotografia di Pasquale Rullo https://www.facebook.com/FotoArte.1979
Il museo delle Reali Ferriere Borboniche, il “MuFar”, collocato al centro del paese, testimonia ancora oggi il glorioso passato di Mongiana contribuendo a preservare la sua storia.
MuFar – Fotografia di Pasquale Rullo https://www.facebook.com/FotoArte.1979
Ruderi della Fonderia- Fotografia di Pasquale Rullo https://www.facebook.com/FotoArte.1979
Lo sfondo politico
A pochi giorni dalla pubblicazione di questo singolo si è riacceso un aspro dibattito di natura politica sulla questione riguardante la dismissione della fabbrica di Mongiana. Tale dibattito vede contrapposti da un lato coloro i quali sostengono che il testo della canzone alimenti una leggenda neoborbonica che idealizza un passato controverso, inoltre ritengono che la chiusura della fabbrica mongianese non è dipesa da una manovra antimeridionale; dall’altro lato vi sono invece coloro che, pur riconoscendo i demeriti della gestione dei Borbone e i limiti del polo industriale mongianese, sostengono che una vera unità avrebbe dovuto attuare un piano di riconversione atto a offrire nuove opportunità a tutti i lavoratori licenziati in seguito alla chiusura.
Negli ultimi versi del suo brano Bennato canta: «ma almeno qualcuno ricordi Mongiana, qualcuno che pensi qualcuno che scriva». E quel “qualcuno” oggi è proprio lui che, grazie a questo suo brano, ha contribuito a non far dimenticare il nome di Mongiana. Sebbene «questa storia è una storia lontana» la speranza è che questo piccolo ma meraviglioso paesino, così come tutto il Sud, possa sperare in un futuro migliore.
Fonte immagine in evidenza: copertina dell’album “Musica del Mondo” di Eugenio Bennato