La consistenza sonora dei Parco Lambro, dal 2014 a oggi
Risonanze jazz per i Parco Lambro, gruppo musicale nato nel 2014 da menti già attive nel panorama musicale italiano. Come affermano i suoi membri, nella scelta del nome risuona il senso di appartenenza alla vivacità di un mondo in fermento, sotto l’aspetto musicale e non.
L’esperienza caotica degli anni ’70 presso il Parco Lambro, favorita dal fervore della redazione del Re Nudo, è il ricordo indelebile del delirio scoppiato nel parco milanese, la cui eco non poteva restare inascoltata nel territorio nazionale. Re Nudo, fondata da Andrea Valcarenghi, è il cuore di quegli anni, animata da intellettuali ed artisti della controcultura. Scegliere di creare nel nome del Parco Lambro ancora oggi vuol dire rivivere la cultura underground, contro la pedanteria di un moralismo ipocrita. Un Festival musicale, quello del 1974, che ha visto sul palco artisti come Francesco De Gregori, Antonello Venditti, Lucio Dalla, Giorgio Gaber. E ancora, l’esplosione dello scandalo del Festival del 1976, le urla dei giovani. Sulla copertina dell’Espresso per l’occasione si legge: «Com’è difficile essere giovani».
Se la musica possa davvero incarnare tutto questo, i Parco Lambro lo dimostrano dal 2014, chiedendo all’ascoltatore di ritrovare (per mai dimenticare) le proprie radici nella forza pulsionale della controtendenza. Radicarsi, però, per fiorire, in una posa elativa che proietta il gruppo italiano in una dimensione internazionale.
Nel 2017 esce il loro lavoro di debutto per l’etichetta Music Force, Parco Lambro. Su una superficie solida elettronica per vibrazioni sonore di euforia e smodatezza, trionfa l’eccitazione del movimento allucinato, un concertato sfrenato di energia e fermezza. Tra jazz e rock, psichedelica e progressive, punk e metal, cercare di individuare un unico genere musicale, etichettare cosa si ascolta quando ci si approccia ai Parco Lambro non permetterebbe di restituire la complessità reale delle loro vibrazioni. Sette pezzi poliedrici, densi, di una notevole consistenza sonora.
La band, nata in uno scantinato di Bologna dall’idea di cinque menti udinesi, comprende Giuseppe Calagno (chitarra elettrica, basso elettrico, microbrute); Mirko Cisilino (farfisa, nordlead, synth, moog, tromba, trombone); Clarissa Durizzotto (sax contralto, clarinetto, effetti, voce); Andrea Faidutti (chitarra elettrica, basso elettrico); Alessandro Mansutti (batteria). Una formazione che passo tutt’altro che inosservata e che conferma la poliedricità e versatilità dei Parco Lambro. Lo spirito jazz dell’improvvisazione, alla base delle prime esperienze del gruppo, sopravvive, innervandosi degli impulsi accolti negli anni. Le prove nello scantinato approdano così alle registrazioni nel 2016, rendendo possibile nell’attimo della contingenza sonora di un album un’energia maturata nel tempo.
Intervista ai Parco Lambro
Quando e come è nato il vostro ardore per le vicende del Parco Lambro?
Dare questo nome al gruppo è stata un’idea di Clarissa, la sassofonista. Ovviamente la musica e l’avanguardia rock italiana che fu protagonista di quell’evento è nel nostro DNA, in particolare gli Area, ma ci piaceva molto anche rievocare nella nostra musica il caos e l’anarchia che hanno caratterizzato i festival del Parco Lambro, quindi immaginare il rumore che fanno organizzazione e ideali quando scontrandosi con la realtà saltano in aria, come esplosi.
Com’è stata accolta la vostra sonorità provocatoria sul territorio nazionale?
Molto bene! I concerti sono sempre piaciuti molto al pubblico, anche se la nostra natura di ricercatori e perfezionisti non ci lascia mai essere troppo soddisfatti dei traguardi raggiunti.
Continuate a mantenere lo spirito di improvvisazione dei tempi delle prove nello scantinato?
L’improvvisazione, anche rumoristica, è uno degli elementi principali della nostra musica, ma ancor più è per noi un metodo compositivo, quel magma primordiale in cui nascono le idee. Grazie a Music Force e Toks, nel primo album omonimo siamo riusciti a pubblicare esattamente la musica che volevamo. I nuovi brani del Parco Lambro saranno più sintetici, non tanto nel senso del minutaggio ma proprio come concetto, una sintesi ben articolata di una più vasta suggestione sonora. Questa almeno è la nostra intenzione.
Quali sono i vostri progetti per il futuro?
Stiamo appunto scrivendo nuova musica – ne abbiamo un fiume – quindi il progetto è lavorare su queste idee, che ci portano anche in direzioni molto diverse dal passato, fino a trovare una buona sintesi di tutto e registrare. Il primo disco è sostanzialmente un live, dove proprio nulla è sovrainciso. Abbiamo lavorato diversamente per il singolo KLPTMNK (Klaptomanik), uno stoner rock che parla di cleptomania, e vorremmo continuare così per il prossimo album.
Immagine: http://mat2020.blogspot.com/2019/03/parco-lambro-parco-lambro-di-antonio.html