Amleto di Franco Nappi al Castello Lancellotti di Lauro
Il Castello Lancellotti di Lauro riapre le sue porte per lo Shakespeare Summer Dream: Il 22 e il 23 Agosto Il Demiurgo e l’associazione culturale Pro Lauro ripropongono un’opera di William Shakespere, dopo il Riccardo III del mese scorso.
Il cortile del castello diventa questa volta il palcoscenico della tragedia più celebre dello scrittore inglese; la corte è quella di Danimarca, dove il re e la regina devono fare i conti con un principe singolare; Amleto. La regia è ancora quella di Franco Nappi, gli interpreti: Andrea Cioffi nei panni di un ironico quanto inquieto Amleto, Chiara Vitiello interpreta una magistrale Ofelia, Alessandro Balletta è Orazio, il fedele compagno del principe Amleto, Franco Nappi il meschino re Claudio, Roberta Astuti è l’austera e ambigua madre di Amleto nonché regina Gertude, Nello Provenzano è invece il ciambellano Polonio, padre di Ofelia e di Laerte, Antonio Torino.
Amleto di Franco Nappi è senza dubbio la tragedia del lutto e del dubbio, oltre che del pensiero smodato che arriva a inaridire e a ritardare l’azione, della pazzia che si confonde con la realtà, della messa in discussione di ciò che è giusto e morale e di ciò che non lo è. Il dubbio -“amletico” per definizione- però rimane, fino al tragico finale, che infondo non risolve, ma forse esorcizza.
La storia di Amleto
Ad Elsinore, in Danimarca, una cerimonia apre la scena; re Claudio e la sua regina, Gertrude, hanno coronato il loro sogno d’amore. Il sogno però si rivela ben presto un incubo per il figlio della regina, Amleto; il padre è morto da un mese e la madre lo ha già sostituito col fratello. Amleto non si dà pace e non riesce a condividere la gioia delle nozze; è l’unico infatti a portare ancora i segni del lutto, non solo nei vestiti, bensì sul volto, nell’animo, nel suo agire, o non agire.
L’apparizione del defunto re e padre, che svela al figlio la reale causa della sua morte, enfatizza il dolore e l’inquietudine di Amleto; è stato suo fratello Claudio ad avvelenarlo per usurparne il trono. Amleto è distrutto; sta vaneggiano o è realmente suo padre a rendere concreti i suoi dubbi e la sua amarezza? Il defunto re chiede inoltre ad Amleto di essere vendicato; lo spinge dunque all’azione. Eppure il principe non può fare a meno di ponderare, di riconsiderare e rimodulare le parole nei suoi monologhi a voce alta. L’azione è sempre ritardata, procrastinata; la realtà che lo circonda gli sembra tutta una pantomima, ma agli occhi degli altri è lui il folle.
Prima di agire Amleto ha bisogno di una prova; decide così di utilizzare quella messa in scena, quella falsità di cui si sente circondato attraverso il mezzo per eccellenza, quello capace di concretizzare tutte le passioni umane e farle sfilare davanti agli occhi degli uomini; approfitta quindi dell’arrivo di alcuni commedianti per inscenare la morte di un re. L’assassino è suo fratello, che diventa re e ne sposa la moglie. La reazione di re Claudio alla messa in scena è eloquente: fugge, turbato. Questa è la prova per Amleto della sua colpevolezza, ma ciò non basta al principe per agire, ciò non scioglie tutti i suoi dubbi, né gli concede un movente valido per compiere la sua vendetta; codardia o moralità?
“Essere o non essere, essere-re o non essere-re?
È forse più nobile soffrire, nell’intimo del proprio spirito, le pietre e i dardi scagliati dall’oltraggiosa fortuna, o imbracciar l’armi, invece, contro il mare delle afflizioni, e combattendo contro di esse metter loro una fine? Morire per dormire. Nient’altro. E con quel sonno poter calmare i dolorosi battiti del cuore, e le mille offese naturali di cui è erede la carne! Quest’è una conclusione da desiderarsi devotamente. Morire per dormire. Dormire, forse sognare. ”
Frattanto, il figlio del ciambellano Polonio, Laerte parte per combattere in Francia, non prima di aver salutato Ofelia, sua sorella, e averla messa in guardia dalle false promesse d’amore, soprattutto se provenienti da un principe turbolento come Amleto. Ofelia è infatti innamorata del principe col quale ha intrapreso una relazione, che si interrompe a causa del veto impostole da suo padre. La potenziale pazzia di Amleto viene dunque interpretata come follia d’amore per Ofelia; ma quando quest’ultima torna dal principe per rimembrare le dolci promesse, viene brutalmente rifiutata da un Amleto preda dei suoi fantasmi e delle sue potenziali azioni ancora incompiute. Il suo onore è ormai macchiato, nessuno la vorrà: “Vai in convento”, l’amaro ammonimento finale. Ofelia è distrutta. Al dolore del rifiuto si aggiungerà poi quello della morte del padre Polonio, ucciso per errore da Amleto al posto dello zio.
Venuto a sapere della morte del padre, sepolto senza onore, Laerte torna in Danimarca assetato di vendetta. Ofelia si toglie la vita annegandosi disperata, e Laerte si scaglia incollerito contro Amleto. Il re li invita a battersi da veri uomini in un duello all’ultimo sangue; quale miglior occasione per liberarsi del folle nipote che ha scoperto i suoi inganni? Istiga inoltre Laerte a intingere la sua spada in un veleno che darà morte sicura al nipote. Avvelena inoltre la coppa destinata ad Amleto, ma che durante il duello darà la morte alla moglie Gertrude. Le scuse nonché il riconoscimento della stima reciproca tra i duellanti non è sufficiente a porre fine allo scontro; Laerte viene colpito da Amleto che è a sua volta ferito dalla spada avvelenata; il re è però smascherato da Laerte, e viene infine costretto a bere dalla sua stessa coppa avvelenata. In punto di morte dunque Amleto riesce a vendicare il padre, cadendo a sua volta. Orazio, il suo prode amico che rimane al suo fianco nonostante tutto viene incaricato di raccontare ciò che è avvenuto, affinché nulla vada perduto.
“Il resto è silenzio“.
Amleto di Franco Nappi: le passioni in scena
A farla da padrone nelle opere reinterpretate dalla regia di Franco Nappi sono sempre le passioni che guidano i personaggi: il lutto irrisolto e il conseguente dolore, l’amore non corrisposto, la sete di potere che conduce l’uomo al di là della propria moralità: in scena a prevalere sono i moventi, ciò che spinge letteralmente i personaggi all’azione. Amleto, l’emblema del dubbio e del pensiero sragionato, è qui un personaggio lucido nelle sue elucubrazioni; i suoi dubbi non sono claudicanti ma vividi, terribilmente nitidi. Andrea Cioffi evidenzia nel suo Amleto le due metà esatte tra le quali si dibatte l’animo del personaggio; il confine tra la pazzia e la presa di coscienza di una realtà illusoria è estremamente labile, eppure questo Amleto è lucido anche nei momenti di maggiore incertezza, e evidenti sono tutte le sfumature del suo dolore reso ancora più stridente da un’interpretazione ironica e mordace che non perde l’occasione per attualizzare il personaggio con battute sottili e sarcastiche.
La tendenza attualizzante della regia di Franco Nappi -spesso interprete di sovrani senza scrupoli come nel caso di Riccardo III e dello zio di Amleto, re Claudio- è qui presente nel ragionamento sul teatro come migliore messa in scena della vita. Eppure l’interpretazione dei personaggi resta fedele e classicheggiante. Un’impeccabile Ofelia interpretata da Chiara Vitiello destabilizza una scena a maggioranza maschile; la sua purezza è vivida e, con la sua veste bianca, è un raggio di luce nelle tenebre del dubbio e della superbia dei personaggi maschili. Una purezza violata e macchiata dal dirigismo del padre prima e dal rifiuto e dall’infamia del principe poi; Ofelia si annega nel culmine della disperazione, eppure nell’opera, il nome della fragilità non sembra essere incarnato dalle donne; Amleto, il re Claudio e Laerte declinano insieme tutte le sfaccettature della labilità propria dell’essere umano, in un’interpretazione che non smette di mettere in luce e in scena tutte le passioni proprie del cuore umano.
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