Esplorando Anacapri, affascinante borgo dell’isola di Capri
Il mare è una creatura strana, a volte unisce, a volte separa. Lo sanno bene gli abitanti delle isole, spesso costretti a immaginare soltanto cosa ci sia oltre l’orizzonte, avvolti nel blu di un abbraccio. Abbraccio talvolta stretto, ma pensiero costante quando manca.
Sono tre le isole che abitano le acque campane: la selvaggia Procida, la vulcanica Ischia, l’elegante Capri, ognuna con una sua precisa identità.
L’isola di Capri, la cui bellezza sedusse a tal punto l’imperatore Tiberio che decise di ritirarvisi a vita privata, è troppo spesso oscurata dalle luci dei suoi hotel di lusso e dei sofisticati ristoranti. In realtà, spingendosi oltre le boutique e gli aperitivi in piazzetta, si può ancora scorgere il suo fascino originario. Salendo dal porto, ogni curva regala scorci pittoreschi e, tra stradine strette e case imbiancate a calce, si scopre, sotto la copertina patinata dell’isola, un borgo immerso nella campagna e forse la sua parte più autentica: Anacapri.
Anacapri, così la chiamarono i Greci, letteralmente la Capri di sopra, è collegata alla Marina grande dalla scala fenicia, una scalinata scalpellata nella roccia. Ovunque sono presenti resti di epoca romana, come Villa Damecuta; la stessa Villa San Michele, residenza del medico svedese Axel Munthe, che domina la costa, sorge sui resti di una villa romana. Tracce del passaggio dei Romani sono state rinvenute anche nella Grotta Azzurra, icona dell’isola, che con le sue particolari luci e rifrazioni incanta da sempre gli occhi di tutto il mondo.
Per conoscere realmente un posto, bisogna camminarci coi piedi di chi ci vive, guardarlo con i suoi occhi, leggerlo attraverso le sue parole. E così, se hai la fortuna di avere un punto di riferimento speciale, puoi addentrarti nei segreti di un luogo, conoscerne la parte più intima e tutto ciò che raramente trova spazio nel cartaceo delle guide.
Percorrendo Via Orlandi, tra le caretteristiche case bianche, si impone allo sguardo una singolare costruzione dalle pareti rosso pompeiano: la Casa Rossa, appartenuta al colonnello americano John Clay Mackowen. Sorprendente la commistione di più stili architettonici: le finestre bifore e le merlature le conferiscono un fascino orientaleggiante. Al suo interno sono presenti anche statue romane ritrovate nella Grotta Azzurra.
La ricchezza di Anacapri non lascia deluso neppure chi è animato dalla passione per i luoghi di culto. Proseguendo per via Orlandi, infatti, si arriva a Piazza San Nicola, che ospita la Chiesa di San Michele, una chiesa a pianta ottagonale, di epoca barocca, preziosa per il pavimento maiolicato in cui sono raffigurati Adamo ed Eva nel Paradiso Terrestre. Ancora, a pochi passi, si affaccia su Piazza Armando Diaz la Chiesa di Santa Sofia, eretta nel 1510.
Conosciuto anche con il nome di Acchiappanuvole è il Monte Solaro, la cima più alta dell’isola di Capri, raggiungibile attraverso percorsi di trekking o una seggiovia d’epoca, che con la sua imponenza apre il film Capri-Revolution, in cui il grande Mario Martone racconta una Capri diversa, un’isola in cui la natura predomina ancora incontaminata e spontanea. Sconosciuta, purtroppo o per fortuna, al turismo di massa è la punta occidentale dell’isola: La Migliera, che tra campi colorati e vigneti conserva intatta l’anima contadina dell’isola.
Capri è verticale – è tutto un salire con lo sguardo e con lo sguardo scendere. E trovare sempre l’azzurro, pur se non è lo stesso azzurro, mai. E trovare sempre trasparenze, che non sono però le stesse trasparenze, mai. Cielo e mare si riflettono, sopra uno sempre l’altro sta, il colore se lo rubano a vicenda, ma i loro riflessi non si somigliano. Mai.
Leggendo le parole di Raffaele La Capria sembra di vederlo quell’azzurro del mare di Capri in cui sarà bello tornare a immergersi, non appena possibile e, se non lo avete mai fatto, segnatelo in agenda, alla voce cose da fare almeno una volta nella vita, ma anche più di una.
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