Non poteva che essere lui, Beppe Fiorello, il testimonial d’eccezione di Imbavagliati, il festival di giornalismo civile in corso al Pan fino al 26 settembre.
Ospite a “Mai più soli!”, convegno dedicato all’analisi dei cambiamenti nella narrazione dei fenomeni criminali in tv e al cinema, l’attore siciliano è noto al grande pubblico per aver interpretato personaggi di grande caratura, spesso portatori di verità un po’ scomode.
Gli uomini raccontati da Beppe Fiorello
Recentemente ha vestito i panni di Domenico Lucano, sindaco di Riace, piccolo borgo calabrese che ha superato il rischio di spopolamento grazie all’inserimento del tessuto sociale di profughi e immigrati regolari. Modello di accoglienza e integrazione, la storia di Riace ha ispirato “Tutto il mondo è paese”, fiction che avrebbe dovuto andare in onda sulla Rai ma che è stata invece sospesa dal palinsesto perché al sindaco Lucano è stato recapitato un avviso di garanzia per alcuni presunti reati collegati alla gestione del sistema di accoglienza.
Ad accendere i riflettori sulla controversa vicenda attraverso l’hashtag #iostoconRiace è stato, nei giorni scorsi, lo stesso Fiorello. Sul suo account Twitter l’attore aveva scritto: “Non è la prima volta che una mia fiction viene bloccata. Anni fa le foibe, il governo di allora non gradì, poi la storia di Graziella Campagna (N.d.R. giovane vittima della mafia), l’allora Min. della Giustizia si indignò, ora Riace, bloccata perché narra una realtà e nessuno/a dei miei colleghi si fa sentire”.
Nell’introdurre il suo ospite, Desirée Klain, ideatrice di Imbavagliati, ha poi ricordato alcuni suoi ruoli legati anche a Napoli, come quello di Giuseppe Moscati, il medico dei poveri, Salvo D’Acquisto, vice brigadiere medaglia d’oro al valor militare aver salvato vite durante la seconda guerra mondiale, o ancora Marco Giordano della miniserie “Io non mi arrendo” (liberamente ispirata alla figura di Roberto Mancini, il poliziotto morto per tumore dopo essere stato il primo ad aver indagato sullo sversamento illegale di rifiuti speciali e tossici in Campania).
Beppe Fiorello all’incontro “Mai più soli”
Al perché continui a scegliere personaggi di questo tipo, Beppe Fiorello sorride e risponde: “Tutti gli uomini che ha raccontato somigliano un po’ a mio padre”. Pone così l’accento sul fatto che per lui più che come eroi, dovrebbero essere visti come uomini normali, uomini che hanno semplicemente svolto il loro lavoro. “Mi interessa – afferma – dire che quelle storie esistono senza avere la pretesa di lanciare un messaggio”.
Del resto, come afferma il vice direttore di Rai Fiction Francesco Nardella, anch’egli presente al convegno: “il racconto travalica la superficialità e permette di raccontare delle storie anche sconosciute”.
Sulla necessità di raccontare normalità e non eroismi insiste Don Tonino Palmese, presidente della Fondazione Polis che, insieme a Imbavagliati, ha organizzato l’incontro. Don Tonino denuncia un’ovvietà del male in territori dove alcune belle realtà (cita come esempio quella dell’associazione Libera) vengono viste come l’eccezione dato che ciò che le mafie, uccidendo vittime innocenti, uccidono la normalità.
“Noi siamo abituati alla normale devianza, dove i normali vengono considerati sovversivi”, concorda il sindaco De Magistris.
Il ricordo di Giancarlo Siani
E in un festival dedicato al giornalismo qual è Imbavagliati, il 23 settembre – giornata in cui ricorre il 33° anniversario del suo assassinio – non poteva non essere ricordato Giancarlo Siani. Alla presenza, tra gli altri, di Paolo Siani, fratello di Giancarlo e già presidente della Fondazione Polis, Beppe Fiorello si è detto onorato di essere a Napoli proprio in questo giorno.
A proposito di normali sovversivi, Giancarlo “da grande voleva fare il giornalista” ed è stato ucciso dalla camorra a soli 26 anni perché ci stava riuscendo – evidentemente – anche troppo bene.