Filippo Rizzonelli con la sua mostra personale “Custode Silenzioso”, fino al 10 marzo, presso Gallerie Riunite in via Cavallerizza a Chiaia, 57, a Napoli.
L’artista trentino, Filippo Rizzonelli nella mostra personale “Custode silenzioso”, con sedici opere inedite, ci svela tutto il suo originale e meraviglioso universo poetico.
All’inizio del percorso espositivo, il visitatore viene da subito catapultato in un luogo “altro” dall’atmosfera magica, a tratti onirica, che evoca Macondo, il mitico villaggio del celebre romanzo di Gabriel García Márquez “Cent’anni di solitudine” (che è anche il titolo di una delle sedici opere esposte).
La natura di Rizzonelli si manifesta in tutta la sua variopinta bellezza, nelle sue molteplici e mutevoli forme, facendoci immaginare luoghi altri, luoghi simbolici dei nostri stati d’animo, ma che con i suoi elementi primordiali (acqua, terra, aria, fuoco) e il cambiamento delle stagioni, ci vuole ricordare anche il carattere ciclico del tempo.
Un mondo, dunque quello di Filippo Rizzonelli, in continua evoluzione e rigenerazione, pieno di vegetazione, di boschi, di montagne, un mondo che appartiene allo stesso mondo dell’infanzia dell’artista; un mondo che ci porta lontano in un tempo e in uno spazio tanto reale quanto fantastico, ma che, appartenendo in qualche modo alla storia e alla memoria di ciascun individuo, è in grado di suscitare nello spettatore un mare di emozioni.
Ecco un estratto del raffinato testo che Mohini Pettinato, poetessa e antropologa dei sensi, ha scritto nell’accompagnare la mostra “Custode silenzioso”
“Non possiamo più rimandare, è ora di entrare nel bosco. La natura ci sfugge, non si lascia rappresentare, gli alberi alludono e il sottobosco si riempie di occhi.
Un pellegrino attraversa simbolicamente una foresta, una donna si dondola nel proprio santuario naturale trovando riposo, ciascuno si apre al mondo e certi paesaggi – proprio come le immagini, ci accompagnano per anni. Ricorriamo a loro, senza riuscire a capire come e perché, bisognosi di costruirci la nostra geografia, il nostro atlante sentimentale.
Non importa dove siamo, anche quando cambiamo città o paese, quando ci troviamo in un altro tempo, possiamo ugualmente ricostruire soggettivamente il senso e il valore dell’ambiente desiderato. Possiamo comunque continuare ad amare i boschi e le montagne, anche quando non ci troviamo con loro, possiamo continuare a sentire la loro presenza, perché il sentimento al contrario delle emozioni è autosufficiente e torna, torna continuamente”.
Alla mostra abbiamo incontrato personalmente l’artista a cui abbiamo rivolto delle domande chiarificatrici sulla mostra.
L’intervista a Filippo Rizzonelli
Filippo, innanzitutto, ti ringrazio per la disponibilità, ti vorrei chiedere in primis, da dove nasce il titolo della tua mostra “Custode silenzioso”?
Il titolo è stato scelto in accordo con la poetessa Mohini Pettinato. “Custode silenzioso“ sarebbe un’altra maniera per nominare il bosco, la selva, il selvatico. Quello spazio non addomesticato, sacro e impuro in cui – a volte – riusciamo a fare esperienza del mondo decentrandoci, considerandoci parte di un qualcosa che travalica il proprio sé, individuale e di specie.
Nell’allestimento le opere si susseguono in un preciso ordine, perché?
Sì, esattamente. Si susseguono l’un l’altra, proponendo una narrazione spazialmente espansa. Un sentiero, dove alcuni elementi emblematici segnano svolte, bivi, pause e false piste.
Un sentiero immerso nei boschi che sono anche i luoghi della tua infanzia, quindi per te la natura è anche un rifugio, credo.
Sì, anche se la natura in realtà è composta da cose concrete: macchie, radure, sentieri, declivi, scarpate, creste, intrichi di rovi, orizzonti. Il bosco è un luogo di rifugio metaforico, ma anche – per fortuna – ancora assolutamente reale.
Noto che la natura con la sua ricchezza di sfumature tonali, variazioni di colori è il fil rouge di tutte queste opere.
L’elemento arboreo, vegetale è un po’ un espediente, un segno simbolico di una bellezza che viene annichilita dalle brutture umane o anche da una storia personale che non è sempre felice. L’elemento vegetale riassume queste storie, individuali o collettive, le condensa e le sostanzia. Inoltre mi interessa cogliere la giusta posizione tonale, capace di suscitare dei sentimenti che accompagnano l’osservatore in uno spazio altro, che non sia per forza uno spazio geografico reale, ma anche immaginifico.
Il percorso espositivo inizia e termina con due opere “Passaporta” e “La ricerca”, ci puoi spiegare questa scelta?
Passaporta interroga il potere delle cose. L‘agency delle immagini, che possono trasportare l’immaginazione in un altrove (temporale, spaziale, relazionale). Nell‘opera sono presenti citazioni colte (dettagli di Giotto) e popolari (il titolo viene da Harry Potter), che si mescolano tra loro. La silhouette della città invisibile (in cui siamo invitati a entrare) è in realtà la proiezione dell‘ombra di una scacchiera. Nell’ultima opera c’è l’idea di ricerca: la ricerca di un’idea di meta finale da raggiungere, ma in realtà esiste solo un’energia che ci spinge a muoverci, ad errare senza mai raggiungere un luogo finale.
Noi di Eroica Fenice consigliamo vivamente di visitare la mostra di Filippo Rizzonelli, un artista dall’animo poetico e raffinato, ,a affrettatevi perché è aperta al pubblico ancora per qualche altro giorno (fino al 10 marzo) presso le Gallerie Riunite, nel cuore dell’elegante quartiere Chiaia.
Per informazioni contattate il n. +39 081 18703970 o cliccate qui
Fonte immagine in evidenza: Ufficio Stampa Gallerie Riunite (opera di Filippo Rizzonelli, Passaporta, 2021)