Paolo Valerio è uno psicologo clinico, ha insegnato a lungo all’università, dedicando la sua ricerca a questioni legate all’identità di genere. Presidente Onorario del Centro SinAPSI della Federico II, si occupa da sempre di salute mentale, ed è impegnato attivamente nella lotta per l’affermazione dei diritti LGBTQ+.
La sua passione per l’arte nasce da una curiosità innata per l’accumulo, la scoperta, la collezione. Da compratore d’arte, collezionista di oggetti e opere, Paolo Valerio, a un certo punto della sua vita, sente il bisogno di esprimere la sua creatività attraverso una produzione propria, strettamente artistica. Se, fino a quel momento, la comunicazione dei suoi valori e delle sue idee – rigorosamente legati a principi saldi di libertà e umanità – trovavano una propria traduzione in opere scritte (perlopiù articoli, pubblicazioni e libri), le domande che ora l’artista dall’ingegno versatile si pone sono: Come contattare la bellezza in maniera viscerale? Come arrivare a poterla toccare?
Ecco che Paolo Valerio, psicologo creativo e maturo, maestro saggio e faro, punto di riferimento umano e intellettuale per molti, nutre il bisogno di scavare una buca, di sporcarsi le dita di sabbia e salsedine. Le sue opere vengono, infatti, fuori da un lavoro di assemblaggio di scarti, munnezza recuperata sulle spiagge in cui l’artista passeggia. Si tratta di sculture eco-sostenibili, assolutamente originali e provocatorie, pezzi di plastica o legno riorganizzati in maniera queer, espressione bizzarra e seria, leggera e profonda di libertà d’amore.
La mostra, dal titolo Paolo Valerio in mostra, a cura di Francesco Coppola e Mariateresa Perna, con la collaborazione di Emanuele De Marino, Bruno Ferazzoli e Ugo Lafranceschina, è stata inaugurata il 12 ottobre alle ore 18.00 presso Lo Scoglio S.r.l. in Via Miliscola 193, a Pozzuoli, e rimarrà aperta fino al 20 novembre.
Paolo Valerio dà del tu agli ultimi, si immerge tra gli scarti, recupera e rianima gli oggetti, già intrinsecamente e misteriosamente belli, così plasmati da Madre Natura.
Paolo Valerio, professore onorario, si fa beffa di ogni etichetta, tradisce ogni ruolo e investitura, trascorre i suoi fine settimana passeggiando sulla spiaggia delle Monachelle. Con la sua stessa esperienza di vita ci dimostra che si può essere tutto: professori ed esploratori, artisti militanti e accademici, che ogni essere umano è, in realtà, un universo composito e molteplice, che la mente è androgina e, per questo, infinitamente creativa.
Brancolando sulla riva del mare, raccoglie gli oggetti che la corrente ha depositato sul bagnasciuga. La natura, per mezzo degli agenti atmosferici (pioggia, vento, sole), ha riplasmato questi residui, restituendogli una nuova forma. Paolo Valerio, con i semplici gesti di tendere la mano e raccogliere, li salva, li sottrae al loro destino di diventare munnezza.
La natura è «come lo scultore sulle cave dell’Amiata», estrae, ri-genera, foggia e modella. Paolo Valerio compie il suo atto creativo afferrando questi frutti della terra, pescandoli e mettendoli in salvo, ma anche ripensandoli, riproponendoli in nuovi e insoliti formati e dimensioni. Così, in base al momento e all’ispirazione, li assembla in una serie di reti dai colori vividi e sgargianti, reti simili a sinapsi, o a gabbie che imprigionano chi subisce discriminazioni, e ancora viene considerato diverso.
Duplice è, dunque, l’accezione che può assumere la rete, come duplice è la declinazione del suo fare artistico: da un lato una scelta eco-sostenibile, un grido d’allarme, che Paolo Valerio intende lanciare con la realizzazione di eco-sculture dalle dimensioni enormi, ingombranti e mostruose, contenenti in sé, nella loro forma, il messaggio implicito di una minaccia imminente, dell’arrivo di una catastrofe: un giorno tutta questa munnezza ci sommergerà, o forse, lo sta già facendo.
L’altro aspetto, che suscita l’attenzione degli osservatori, è la capacità rara, quasi un dono, che si nasconde nello sguardo azzurro e sognante del maestro, di restituire dignità a ciò che ormai sembra solo da buttare via. L’attenzione di Paolo Valerio per i reietti, per gli esclusi, per le persone vittime di discriminazione di genere e non solo, è indissolubilmente legata alla sua opera artistica.
Così la professione scientifica, che per tutta la vita lo ha impegnato, non cozza con la sua arte, anzi lo psicologo diventa un tutt’uno con lo scultore, creando un maestro doppio, di arte e di vita, che in fondo sono la stessa cosa. Questo incontro-scontro produce una crepa, dalla quale è possibile intravedere la luce, respirare una folata di magia.
La lotta che Paolo Valerio porta avanti ha a che fare con la paura e la dignità. Se da un lato, lui sente di appartenere al mondo degli ultimi, vive con solidarietà, e rivendica con passione ardente la posizione di chi nella società non riesce a trovare una propria espressione, dall’altro, Paolo Valerio è Quella Voce. Può farsi rappresentante di quelle tante parole mute e frasi spezzate, perché ha gli strumenti pratici e il capitale intellettuale per poterlo fare.
All’inizio – dichiara lui stesso – non si considerava un artista, vagava per le spiagge per il solo piacere di contemplare il mare e raccogliere cose, poi ha cominciato a metterle insieme, a tirarne fuori qualcosa, che potesse trasformarsi in comunicazione di sé. La forza motrice è stata l’amore, quello che comunemente chiamiamo colpo di fulmine.
Paolo Valerio sentiva di avere dentro qualcosa che stava per esplodere, una sorta di ostruzione interna, potenzialmente bella, pregna di meraviglia, ma sofferente, perché ancora oppressa, in gabbia.
L’esigenza di esprimere i propri sentimenti lo ha messo alle strette, lo ha costretto a fare i conti con sé stesso, a superare i propri limiti e le proprie paure.
La persona di cui era innamorato gli dedicava poesie, lui non sapeva scrivere in versi, allora doveva trovare una forma che gli permettesse di rivelare la sua passione in maniera autentica, e così ha iniziato a realizzare sculture.
Paolo Valerio racconta della sua esperienza amorosa come «un accadimento che irruppe nella sua vita con la forza deflagrante di un fulmine».
Sentire parlare il maestro, significa comprendere la poetica sottesa alla sua operazione artistica, ma anche entrare in contatto con l’anima lirica di un artista militante, rivoluzionario e incredibilmente moderno.
Le sue eco-sculture rappresentano Cuori di pietra, Gabbie d’amore. Le tematiche affrontate sono legate alla questione di genere, con l’intenzione di coniugare la realizzazione dell’opera scultorea con la lotta politica per i diritti umani. Le persone non binarie sono i suoi soggetti prediletti, forme falliche e vagine, l’origine del mondo e la genesi delle creature.
Senza alcun pregiudizio, né autocensura, Paolo Valerio è estremamente audace nell’esporre ciò che di solito si tende a nascondere: gli apparati genitali, i propri timori e le proprie fragilità, i desideri repressi, gli amori non corrisposti.
In una società, in cui ostracismo e politically correct creano barriere, che ostacolano l’organizzazione di una comunità, nella quale si possa sentire un reale senso di appartenenza e sostegno collettivo, chiusa nel suo feroce individualismo, in cui la libertà di espressione viene condannata con l’estradizione, Paolo Valerio è davvero un sognatore non utopico, che, attraverso la costruzione manuale, passa all’azione pratica, e non si perde in sterili forme di proselitismo.
Fonte immagine in evidenza: gentilmente concessa dal maestro Paolo Valerio