Un locale accogliente, uno staff giovanissimo nonché preparato e, ultimo ma non per importanza, tanto cibo di qualità. Così potrebbe sintetizzarsi l’esperienza da Rostì, “non una normale rosticceria “, come ci tiene a sottolineare il fondatore Matteo Del Cuoco, classe ’99, che nel 2020 ha deciso di aprire a Pomigliano d’Arco (NA) un piccolo locale da asporto salvo poi spostarsi due anni dopo per avere a disposizione anche una sala dove accogliere i clienti. Del Cuoco guida una brigata di 7 giovani under 24 che hanno deciso di raccogliere l’eredità napoletana della rosticceria, rispettarla e soprattutto innovarla. Da Rostì non vengono venduti piatti già pronti in vetrina; al contrario, il cliente, attraverso la cucina a vista, può seguire tutte le fasi di preparazione del piatto che ha scelto. L’attesa che ne deriva alimenta l’appetito, il quale viene ampiamente soddisfatto a tavola.
La degustazione si apre con il cavallo di battaglia del locale: il fritto. Se della parmigiana si ricorda anche a distanza di ore il crunch, grazie all’impanatura a base di cereali e riso soffiato, delle frittatine (una carbonara e l’altra pasta e piselli) resta indelebile la cremosità. La scelta di innovare la frittatina “classica” sostituendo il guanciale al prosciutto e la crema di piselli al legume intero si rivela vincente: Rostì vede il piatto della tradizione e rilancia la posta in palio. La qualità dei prodotti è alta, a partire dalla pasta che viene attualmente prodotta nel laboratorio presente nel locale. Nelle prossime settimane Matteo Del Cuoco, insieme al fratello, aprirà Labbottega, con l’obiettivo di creare a Pomigliano una sorta di museo di uno dei piatti italiani più iconici. È qui infatti che Rostì sposterà la sua preparazione di pasta e sughi che, oltre all’utilizzo diretto nella rosticceria atipica, potranno così essere venduti e spediti in tutta Italia.
La pasta è anche la protagonista della seconda fase della degustazione, prima con un maccheroncello all’uovo con crema di patate, spuma di parmigiano 30 mesi e pancetta e poi con tonnarelli all’uovo con crema di zucca, patè di pomodori semidry alla ‘nduja e fonduta di pecorino toscano. Entrambi rigorosamente al dente: manca giusto la scarpetta finale.
Prima della pasta viene servito il tris di polpette: al ragù; cacio, pepe e lime; crema di zucca, lardo di cinta senese e cacioricotta. Lo chef ci rivela come le polpette abbiano surclassato nel tempo tutti gli altri secondi presenti (allora) nel menù. Vista la forte disparità nella richiesta, la giovane brigata ha dunque deciso di puntare tutto sul classico napoletano servendolo in più gusti.
Chiude la degustazione l’erede della rosetta in casa Rostì: le ciabatte. La prima viene proposta con crema di friarielli, carpaccio di manzo, pecorino toscano e mayo al lime, mentre la seconda con crema di pomodori semidry alla ‘nduja, pulled pork e fonduta di cacio e pepe. Quest’ultima vince ai punti per la sua incredibile morbidezza e leggerezza. Ad accompagnare l’intera serata è una doppia selezione di birra: la tedesca Krombacher Pils (alla spina) e la casertana Sta Belga, prodotta dal birrificio artigianale di Stimalti a Francolise.
Rostì, da ormai tre anni presente a Pomigliano, si conferma una piacevole certezza. Una rosticceria atipica e di qualità, nonché luogo di riscatto per i giovani che nel settore della ristorazione finiscono troppo spesso nella rete dello sfruttamento e della frustrazione.
Foto copertina: comunicato stampa
Galleria: Salvatore Toscano