Bao, dumpling, noodles, ramen e… cocktails! Staj Noodle Bar è il locale perfetto per chiunque cerchi asian food d’autore e aperitivi di qualità. A due passi da Piazza Vanvitelli, Staj Noodle Bar è la seconda e più ambiziosa sfida di Rosario del Priore e Lucio Paciello (pastry chef con un trascorso in importanti cucine stellate), giovani imprenditori che hanno deciso di puntare per i loro locali (l’altro Staj si trova a Chiaia) su di una cucina orientale di qualità. Niente all you can eat, quindi, niente sushi con riso scotto, ma kimchi, pad thai, yakitori e takoyaki. E non solo. La ricca proposta gastronomica viene, infatti, ulteriormente arricchita dai cocktail del bar tender Giuseppe Cioffi, pronto a stupire con grandi classici e rivisitazioni con un occhio al Sol Levante.
Abbiamo parlato del progetto Staj Noodle con i suoi creatori Rosario del Priore e Lucio Paciello.
Staj Noodle Bar, l’intervista
Come nasce l’idea di aprire un locale di noodle a Napoli?
Lucio Paciello: In realtà era un po’ di tempo che io e Rosario volevamo fare qualcosa insieme, proprio perché ci eravamo conosciuti, c’era stima reciproca su una serie di temi e quindi stavamo cercando un format. Caso volle che io stavo tornando all’Australia e diciamo che a parte le esperienze pregresse soprattutto in Giappone perché io lavoravo per Palazzo Petrucci gli ultimi anni che sono rimasto in Italia, poi sono partito nel 2016 per l’Australia e sono rimasto per due anni. Quando poi siamo tornato ho notato come mancasse questo genere di cucina fusion che non fosse il solito suoi, la zuppa di miso, il riso alla cantonese dei ristoranti cinesi. Ne avevo quindi parlato a Rosario e lui avendo una mente imprenditoriale gradando alle mode future c’ha creduto in questo progetto e ha voluto approfondire e abbiamo deciso di fare questa cosa anche perché ci sembrava una bella sfida soprattutto riguardo l’artigianalità dei noodle, gli spaghetti a Napoli, la città della pasta. Anche per dare l’idea che tutti i piatti, le preparazioni in giro per il mondo si assomigliano in qualche modo: abbiamo i ravioli, degli spiedini di pollo che possono sembrare degli arrosticini, cambiano gli ingredienti, i condimenti però poi l’umanità è legato dal cibo.
Rosario: C’è poi un aneddoto particolare. In realtà io ci pensavo a collaborare con te, già quando lavoravi presso Palazzo Petrucci però ovviamente pensando che poi lui lavorasse lì non è che avesse un ruolo secondario. Non è che se ne va e si mette a fare altro. io poi venivo da un altro mondo lontano dalla ristorazione, quindi pensavo come una collaborazione fosse lontana. ritornando poi a Palazzo Petrucci e vedendo che non c’eri più, seppi che eri andato in Australia quindi sta là giù, chissà quando torna più. Poi sempre tornando da Palazzo Petrucci, tramite Gennaro, seppi che eri ritornato e quindi pensai di approfittare e gli proposi questa idea e di coinvolgerlo. Inizialmente poi non volevamo fare questo: poi piano piano ci siamo resi contro che probabilmente poteva essere come partenza quella più commerciale e fattibile e che potesse mantenere il bisogno dell’utenza. Perciò siamo partiti da questa idea. Poi vedremo come si svilupperà tutto. Lui era anche pastry chef, quindi la mia idea era quella di portare una pasticceria dei ristornati stellati, dei dolci al piatto così come li trovi lì, trovarla anche in una location diversa del ristorante, più informale. Però poi ci siamo resi conto della difficoltà del progetto.
Quindi la scelta dell’Asian Food nasce dall’esperienza pregressa?
Lucio: È un concept già presente e radicato nelle varie culture, anche anglosassoni e Stati Uniti, in Australia. Ci sono comunità asiatiche enormi che hanno dovuto trasformare il loro cibo per essere più vicini ai palati occidentali e quindi poi è nato questo cibo “bastardo”. Noi serviamo questo bao con il pollo fritto: il bar è tipicamente cinese, mentre il pollo fatto è proprio come quello americano, il fried chicken con la pastella fatta di latticello, e la salsa tartara più vicino all’orientamento occidentale, quindi con dei prodotti asiatici. Poi c’è qualche piatto in cui cerchiamo di rispettare maggiormente la tradizione, come ad esempio, crediamo di poterci fregiare di fare un pad thai di tutto rispetto a cui ci abbiamo lavorato molto sia sulla ricetta sia sulla scelta degli ingredienti. Facciamo arrivare la pasta di tamarindo, il frutto principale con cui è fatta la salsa del pad thai, ed è abbastanza fedele alla versione originale. La versione originale ha comunque del piccante, un gusto complicato da gestire. Il ramen lo serviamo abbastanza fedele alla versione originale. Con altri piatti ci siamo divertiti, per renderli più fruibile da parte di tutti, anche perché poi non volevamo stare in quella nicchia di mercato del piatto tradizionale. Non volevamo che si creasse unicamente un paragone con quello originale, ma ci piaceva l’idea di sperimentare in cucina. Poi ci piaceva anche l’idea di avvicinare l’idea del cocktail e del buon bere, anche se il lavoro era già avviato a Chiaia ma qui con una proposta ben diversa. Volevamo fare qualcosa che non fosse il solito, con una proposta giovanile.
Rosario: anche se da noi vengono anche clienti di tutte le età. Qui è possibile mangiare tante cose, dagli starter, dai piatti principali, si può bere un cocktail, quindi si può vivere in modo molto trasversale una serata qui da noi. Non deve essere per forza troppo formale. Anche se questo locale è già più elegante, più accogliente come un salotto di casa, rispetto a quello di Chiaia che si vive di più con l’essenza di più con l’ottica di street food, una cosa più veloce. Poi è nata questa collaborazione con questo studio di architettura che ha realizzato il progetto di Staj Noodle Bar Chiaia e loro sono 3 ragazzi molto giovani che hanno percepito subito la nostra idea e i risultati si sono visti.
Quindi c’è qualche differenza tra la clientela tra lo Staj Noodle Bar di Chiaia e di questo del Vomero?
Rosario: in realtà non direi fondamentalmente. Anzi ci siamo resi conto che i nostri clienti del Vomero già venivano a Chiaia. Tante persone ci hanno raccontato che già venivano a Chiaia ed erano già clienti. Qui ovviamente lo spazio è diverso. Poi il discorso della clientela: da noi vengono i ragazzi ventenni alla persona di 60/65 anni: è molto trasversale come lo era già prima. Qui ovviamente possiamo sviluppare numeri diversi perché il locale è più capiente, con spazio esterno.
Lucio: il progetto voleva essere inclusivo, non volevamo uscire con un prezzo troppo alto (ovviamente non siamo ad un prezzo troppo basso, ma dobbiamo rispondere della qualità). Ma se lo può permettere chiunque di passare da noi più di una serata. Poi è un ambiente informale, sereno, conviviale.
Quali sono quindi i piatti e i cocktail forti che consigliate allo Staj Noodle Bar?
Lucio: abbiamo degli starter interessanti. Io nella mia storia, il passeggiare con il cocktail era entrato a far parte della mia persona. L’ho acquisita e già dal 2008 dove ero a Miami e c’erano i più grandi ristoranti che avevano l’America bar, in cui arrivando un’ira me mezza prima si poteva aspettare che intavolo si liberasse gustando il proprio cocktail. Quindi abbiamo deciso di portare questa idea di accompagnare i piatti con un cocktail. Consigliamo gli antipasti, anche se non abbiamo una distinzione reale come nel menù all’italiana: ci sono gli starter/ aptezier e poi i mean dishes, ovvero i piatti principali, che possono essere mangiati anche come piatti unici. Per mio gusto: i ravioli, il pollo fritto, le patate dolci servita con lime, pepe e una salsa leggermente piccante, o il ramen che ci riconoscono tutti come il nostro cavallo di battaglia, detto anche da dei nostri clienti giapponesi.
Il Covid che impatto ha avuto nella ristorazione?
Rosario: nel nostro caso è stato bello forte perché avevamo solo il locale di Chiaia e considera che solitamente nei periodi estivi muore e con il covid ci aprivano e ci davano la possibilità di lavorare proprio nel periodo in cui la zona normalmente calava. Avevamo l’idea di aprire un secondo ristorante anche se inizialmente volevamo aprire un take-away al vomero. Poi ci è arrivato questo locale e abbiamo deciso di lanciarci e sfruttare gli spazi, nonostante il fermo del covid. I numeri di Chiaia però erano comunque alti e abbiamo deciso di crederci e abbiamo capito che il prodotto era piaciuto e quindi venendo al vomero, in un locale più grande avremmo replicato i numeri. Fin da subito abbiamo avuto un riscontro immediato. Non eravamo ancora presenti con il menu su Google ma ricevevamo richieste di prenotazioni, questo vuol dire che erano tutti clienti che ci seguivano sui social e che avendo visto l’apertura sui social ci seguivano, grazie anche al fatto che avevamo seminato bene prima del covid.
Lucio: La fortuna minestra era che eravamo già preparati per il delivery e il take-away con un packaging ben strutturato, con i maggiori vettori già su Chiaia e siamo riusciti a tenere aperto e fronteggiare la situazione. Sono stati mesi complicati, economicamente parlando, ma ci ha salvato mentalmente perché ci ha tenuti impegnati e tenuti focalizzati sul nuovo progetto. È stato un periodo complicato rispetto alla visione del futuro, di cosa sarebbe successo. inoltre tutto era diventato nulla non interazione mentre invece il nostro pane quotidiano era proprio l’inclusione, l’interazione, il divertimento, la vicinanza mentre ci si chiedeva il contrario.
Rosario: Però se vogliamo è proprio grazie al covid che abbiamo questo locale perché l’idea di un secondo ristorante c’era già prima del covid, era solo un’idea però: “più avanti vediamo, troviamo un locale che ci soddisfa”. però non era progettata. Durante il covid invece c’è stato una voglia di reagire: dobbiamo fare qualcosa, anche solo progettare e mettere le basi del nuovo locale e ci ha mantenuti attivi mentalmente. il covid ha dato un’accellerata. Non mi piace subire senza reagire, quindi quando è capitata questa occasione l’abbiamo colta. È stato un catalizzatore. poi lavorando di meno paradossalmente c’ha permesso di concentrarci maggiormente su questo progetto.
Progetti per il futuro?
Rosario: questo è già un bel progetto, un bel futuro che fa parte del futuro-presente. Quindi consolidare questo locale e vedere cosa succede nei prossimi mesi. Sicuramente l’idea è di non fermarci a questo. Anche se non abbiamo mai soddisfatto l’idea del take-away! Ci sono un sacco di piatti da portare avanti, uno proprio prossimo è l’okonomiyaki: noi saremo i primi a farlo nel sud Italia. Infatti al vomero volevamo fare un locale che si occupasse proprio di okonomiyaki. Qui abbiamo poi un macchina per il gelato quindi l’idea è di ampliare la pasticceria però legata alla gelateria e quindi da prodotti lanciati in questi legati qui potrebbero essere un’apripista per qualche locale dedicato, magari mono-prodotto.