Il 17 dicembre si è tenuto per la stampa un pranzo allo STAJ, il noodle bar di Napoli in cui è stato presentato il ramen dello chef Lucio Paciello.
Aperto dall’imprenditore Rosario del Priore lo scorso giugno a via Bisignano 27, nel cuore di via Chiaia, STAJ può essere considerato il primo noodle bar di Napoli. Per chi non sapesse di cosa stiamo parlando, si tratta del primo locale nel capoluogo partenopeo specializzato nella preparazione del Ramen, piatto iconico della cucina giapponese (ma di origine cinese) che si è diffuso dapprima in Giappone dopo la Seconda Guerra Mondiale e poi in America e in Europa, giungendo anche da noi in Italia.
Con questa tradizione millenaria proveniente dall’oriente a cui si unisce uno spirito partenopeo, STAJ propone una propria versione di questo piatto ideata dal suo chef Lucio Paciello, classe 1985, il quale può vantare un curriculum sicuramente non di basso grado: formatosi attraverso viaggi che lo hanno portato a lavorare nelle cucine australiane, cinesi e giapponesi, a Napoli ha lavorato come sous chef di Palazzo Petrucci e poi come chef al Classico Ristorante Italiano in Vico Santa Maria a Cappella Vecchia.
STAJ. Un viaggio nella gastronomia orientale (con tocco napoletano)
Abbiamo avuto modo di provare alcune delle specialità dello STAJ martedì 17 dicembre, in una giornata che, a dispetto del clima, si può considerare più primaverile che invernale ma che di certo non ci ha scoraggiato nell’assaggiare il caldo brodo del Ramen.
Dopo un antipasto a base di tofu fritto con Kimici (verdure fermentate con spezie e frutti di mare) e di spiedini di pollo grigliati e glassati in salsa di soia, sesamo ed erba cipollina detti anche Yakitori, si è passati subito alla portata principale. Il Ramen di Lucio Paciello è costituito da brodo di pollo, pancia di maiale brasata, noodles di miso (ovvero, soia fermentata), dashi (brodo di pesce), mayu (olio di aglio bruciato), una rolletta di pesce detta naruto o kamaboko, e menma (germogli di bambù). La particolarità però rispetto alla ricetta tradizionale è caratterizzata dal fatto che lo chef abbia usato un brodo di pollo cotto a fuoco lento per 7 ore ed insaporito con vongole e cozze veraci a cui si vanno ad aggiungere le tradizionali alghe e il tonno essiccato detto katsobushi. Un piatto sicuramente riuscito, dove i sapori si amalgamano assieme senza la prevalenza di uno sull’altro e da gustare, ovviamente con le bacchette tradizionali e con un cucchiaino per assaporare il caldo brodo.
Il pranzo si è poi concluso con un graditissimo dessert. Sono state infatti servite due cheesecake in altrettante due modalità differenti. La prima con una crema al tè matcha (la stessa varietà usata in Giappone per il cerimoniale del tè) e una glassa al caramello, la seconda invece con arancia (varietà yuzu), sesamo nero e aceto balsamico. Due dolci molto belli da vedere (non a caso chef Paciello si è formato dapprima come pasticciere e la mano si vede), ma anche da gustare per merito del sapore gradevole. Infine una piccola sorpresa rappresentata da un sorso di Kombucha, un tè ottenuto dalla fermentazione del batterio dell’acido acetico e lievito che serve per ripulire la bocca. La titolare ci tiene ad affermare inoltre che tale bevanda è prodotta da loro stessi.
Dall’oriente con sapore, nel cuore di Napoli
Insomma, STAJ è una piccola scommessa rappresentata dall’unire i sapori provenienti dall’oriente con quelli mediterranei della cucina campana. Lo si vede dal fatto che nel menù di questo ristorante troviamo, oltre ai noodles fatti rigorosamente a mano, anche i Bao (panini tipici cotti al vapore, ripieni di carne o verdure), i Dumplings (i celebri ravioli cotti al vapore) e l’immancabile pollo fritto. Piatti che possono vantare l’uso di materie prime provenienti dal territorio e che sono una componente fondamentale per questa commistione tra Napoli e l’oriente.
Anche se non siete tipi avvezzi alla cucina etnica, vi consigliamo di fare un salto da STAJ. Magari proprio in questo periodo, mentre ultimate (o, diciamoci la verità, iniziate) la corsa agli acquisti natalizi. Sarà un’esperienza che riuscirà a cambiare l’opinione anche del più stoico napoletano che preferisce il porto sicuro rappresentato da una pizza margherita accompagnata da una birra gelata.
Ciro Gianluigi Barbato
Fonte immagine copertina: Ufficio Stampa